venerdì 30 dicembre 2011

Aspettando l'apocalisse

Caduta del Governo Berlusconi IV a parte, il 2011 a casa di Orlando sarà ricordato per i seguenti motivi:
1) ilBruco ha esordito in gennaio con un risicato "ma-mma" e conclude con un "non ci posso cledele, si è pelso l'olso glissli", annoverando nel suo vocabolario parole del calibro di picciolo, Chet Baker, orso grizzly e persino un paio di congiuntivi - sulla R ci stiamo lavolando ;)
2) l'Interista ha coronato uno dei suoi sogni di vecchia data, cioè abbonarsi a Sky e vivere ogni singolo istante della sua vita con la pupilla riflettente un campo verde con dei piedi che calciano una palla - salvo sconfitte clamorose della beneamata che lo portano ad impallarsi per ore su canali tipo "travel&living" o "passione pesca".
3) la casa di Orlando ha cambiato casa ma è rimasta la stessa, tranne che i metri quadri di pavimento da pulire sono molti di più

Regali natalizi improbabili a parte, l'ultima settimana dell'anno a casa di Orlando sarà ricordata per i seguenti motivi:
1) un amico degli zii del Bruco, la sera di Natale, è stato rinvenuto nel bagno della casa di famiglia infilato fino ai gomiti nel water mentre cercava di sturarlo dopo averlo intasato con un mix letale di produzione fecale postnatalizia e carta igienica (ndr, il tizio in questione nella vita fa l'idraulico, e vi giuro che è TUTTO VERO)
2) la lavatrice si è rotta allagando la cucina mentre l'Interista la guardava impassibile con un punto di domanda sulla testa, cercando di capire come spostarla col noto senso pratico che contraddistingue certi professionisti della parola
3) la caldaia è andata in corto circuito ("Papi, ho fleddo..." "Dai dai, gli Spartani non avevano l'acqua calda")
4) l'unica auto che possediamo, il nostro Caronte che traghetta ogni giorno l'Interista ad Appiano Gentile, si è rotta dopo soli 2 anni di vita insieme
5) il Bruco ha contratto una malattia del cazzo ma con un nome orrorifico (coxackiosi) e tutti i nostri amici si sono autoeliminati dal cenone di capodanno che neanche in Contagion di Soderbergh.

Quando saremo nel 2012 e tutto ricomincerà a funzionare (vero??!!!) vi aspettiamo per un tè, a casa di Orlando. Buon anno a tutti.

martedì 27 dicembre 2011

Per fare il pane ci vuole un kiwi (Cronache post-natalizie parte prima)

Tra i vari doni che il Babbo più famoso del mondo ci ha recato a domicilio quest'anno fregandosene del contenuto della letterina che gli abbiamo recapitato ci sono:
- un pinguino-salvadanaio a grandezza naturale che mi ha già mangiato più monetine di una slot machine ("Soldino, mamma!" è il mantra delle ultime 48 ore)
- un mini-set per fare il caffè e della frutta di legno che l'Interista ha guardato con sospetto in quanto giochi non sufficientemente virili (considerare che nel suo mondo solo la palla è virile)
- una baby divisa nerazzurra di tre taglie più grande (tanto per controbilanciare)
- dei bulbi di tulipano che il Buon Vecchietto ci ha spedito dall'Olanda nella pausa tra un coffeeshop e l'altro (e che abbiamo piantato all together proprio il giorno di Natale)
- un pezzo di pasta madre

Già, un amico ci ha fatto dono di un pezzo di pasta madre, che poi sarebbe il lievito naturale, quello che usano i fornai per fare il pane e la focaccia e via dicendo (che poi mi dicono che neanche più i fornai lo usano, ormai, perchè la lievitazione naturale è troppo lenta).
Superato l'entusiasmo iniziale, posiziono il "blob" in un contenitore di vetro dentro il frigo e faccio un giro sul web cercando le istruzioni per l'uso.
Improvvisamente vengo colta da ansie stile "ho partorito ieri e non so cosa fare": la temperatura del frigo sarà giusta? Ogni quanto dovrò dargli da mangiare? E' abbastanza asciutta o è troppo umida? Starà crescendo abbastanza?
Fermi tutti: forse ho avuto un secondo figlio e non me ne sono accorta?!?
Già perchè questo "blob" è piuttosto impegnativo: ogni due giorni bisogna rinfrescarlo con una parte di farina e mezza d'acqua, e poi se vuoi impastarci il pane lo devi fare prima di andare a lavoro perchè deve lievitare tutto il giorno.
Insomma una vitaccia di stenti, come quando hai un bambino molto piccolo: pare tuttavia che anche la pasta madre poi crescendo dia grandi soddisfazioni.

Bruco, facciamo il pane oggi?
Sì. Fascio io?
No, amore lo faccio io e tu mi aiuti.
Tu aiuti a me.
Ok.
Allora, mettiamo la farina... l'acqua...
Mettiamo kiwi... (dice, scagliando un kiwi intero nella ciotola col blob allo stato semiliquido)
Nooooooooooo! No, amore ma cosa fai? La mamma sta cercando di impastare il pane, non vedi?!
Anche con kiwi.
No, il kiwi non c'entra. Questo pane è già speciale, è col lievito madre, lo facciamo noi, capito?
No. Senza kiwi non piasce a me. Compriamo in negozio, mamma.

La pasta madre darà grandi soddisfazioni. (dicono). I figli anche. (dicono).
A patto di avere molta, molta pazienza.

venerdì 23 dicembre 2011

Sono solo canzonette

Insomma tra due giorni è Natale, la posta ti s'intasa di cagnolini e gattini col berretto di Babbo Natale, i fantasmi delle tartine col salmone norvegese ti aleggiano intorno e cominci a vedere aspic di gamberetti danzarti sulla scrivania: ebbene sì, hai l'influenza o qualcosa che le somiglia e ti senti tutto tranne che più buona.
Intanto il Bruco si prepara per il primo vero Natale della sua vita (gli anni scorsi era troppo piccolo e il baraccone non l'avevamo allestito): vuole le lucine dell'albero accese fin dalle sette del mattino e soprattutto vuole cantare. A lui lo spirito del Natale gli è preso così.

Quindi si comincia: il primo è "Cebbecher", che sarebbe Chet Baker. Da tutta la pila dei cd (sì, siamo una famiglia un po' vintage) ha scelto quello, ne ha imparato il nome e conosce a memoria le melodie. I miei tentativi di ampliare il suo orizzonte jazzistico finora sono falliti miseramente.
"Aretha Franklin? Amore guarda che questa spacca, vedrai che ti piace, fidati..."
"No. Non piasce a me. Piasce Cebbecher".
Miles Davis? Uno troppo avanti, dai ascoltiamolo!
"No! Non piasce."
"Louis Armstrong? Non puoi rifiutare Satchmo, cioè non puoi."
"Cebbecher"
 E "quasi blu" sia, allora.

Peccato che dopo 90 minuti di Cebbecher, gli parta l'embolo delle canzoncine per bimbiminkia.
Dalle tagliatelle di Nonna Pina (che io se la incontro 'sta vecchia ci imbottisco un pandoro e me la magno viva) alla Mucca Carolina che si sveglia la mattina.
Il fatto è che io queste canzoni non le so. Così di corsa vado su youtube e cerco disperata un video sulla Mucca Carolina & company, e scopro un mondo fatto di orrende basi remixate in stile dance su cui vocine stridule cantano rime assurde.

Chiamo l'Interista in mio soccorso.
"Senti trovagliela tu una canzoncina che gli piaccia, io vado a farmi una doccia che non ce la posso fare"
Li lascio in camera e mi fiondo sotto lo scroscio che nulla ti fa sentire, e mi riconcilio col Natale imminente. Poi riemergo. Prendo l'accappatoio. Sento una melodia strana dalla camera.
Apro la porta con timore.
Il Bruco è lì, con lo sguardo fisso il corpo immobile e l'espressione basita, completamente perduto dentro il "tubo".
"Ma cosa gli stai facendo sentire???"
"E' bene che impari l'inno al più presto" risponde Lui, pacifico.

No, non gli sta facendo sentire l'Inno di Mameli.
Trattasi di "Amala" a un volume improponibile.
Cebbecher dove sei?
E cmq sempre meglio di quell'esaurita di Nonna Pina.

martedì 20 dicembre 2011

Un nome è un nome è un nome

Il Bruco frequenta un ottimo asilo nido comunale, con tutti i requisiti che una madre vorrebbe: muri scrostati, materiali di gioco più vecchi che nuovi, continue lotterie di NatalePasquaHalloweenCarnevale e tutte le feste (comandate e non) per autofinanziarsi.
Un asilo nido in cui però le educatrici sono persone fantastiche che provano a supplire in ogni modo alle carenze di uno stato in cui l'educazione non riveste importanza alcuna, e in cui i bambini imparano nel modo più naturale il concetto di "multietnico".
Già perchè solo il 10% dei bimbi è italiano con genitori italiani, mentre gli altri vengono da ogni dove, da paesi che io quando andavo all'asilo manco me li sognavo.

Ore 9.19, asilo di Orlando
Dai, amore, infilati queste ciabattine che tra un minuto mi buttano fuori!
Mamma, guarda, arrivata Zizi!
Amore quante volte ti ho detto che devi pronunciare bene le parole? Nessuno può chiamarsi Zizi.
...
"Dai, Zizi, infilati queste ciabattine che l'asilo sta per chiudere" dice una voce alle mie spalle.
Ok, qualcuno può chiamarsi Zizi.

Per curiosità leggo gli altri nomi sugli armadietti: Shakira, Aaron Smith, Khalid, Abdul, Luca, Darleen, Kristel, Chiara, Maria Lu.
E un pensiero mi assale: ho passato vent'anni tra asilo, elementari, medie e liceo ad esser presa per il culo per come mi chiamo accumulando complessi di ogni sorta.
Fossi nata adesso, non se ne sarebbe accorto nessuno.

Fortuna che il mondo qualche volta cambia. In meglio.

venerdì 16 dicembre 2011

Il giorno di Odino

Ci sono cose della vita che noi grandi diamo per scontate (no, non la partita delle domenica, caro Interista), tipo il fatto che il pollice si chiami pollice, che al numero 2 segua il numero 3, e che i giorni della settimana abbiano una sequenza immutabile che và dal lunedì alla domenica.
Per il Bruco ovviamente non è così: all'occorrenza il pollice può chiamarsi indice, perchè sta imparando e si confonde, e al 2 possono seguire il 4 così come l'11 o anche l'indice che come parole gli suonano uguali.

A casa di Orlando, ore 7.40
- Mammaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!
(riemergo dal piumone sentendo la scimmia urlatrice che mi chiama dall'altra stanza)
- Buongiorno amore! Adesso vengo a prenderti. Arrivo, eh. No giuro che mi sto alzando.
(mi trascino di là, lo estraggo dal lettino e lo lancio sul lettone mentre l'Interista è immobile come la copia di se stesso al Museo delle Cere)
- Oggi è venerdì, sei contento? Ultimo giorno di asilo.
- No. Veneldì non piasce a me (sulla consecutio ci stiamo lavorando)
- Come no? A tutto il mondo piace il venerdì!
- No. Preferiscio il meccoledì.
- E perchè, di grazia?
- Melcato, bancalelle! Complale pesciolini.

E' così, il ragazzo preferisce il mercoledì. E' un ciabattaro da mercato, una Sora Lella in fieri, dico all'Interista (che nel frattempo si è rianimato ricordandosi che essendo venerdì ci sono i sorteggi per la Champions).
Ma no, mi risponde. Preferisce il mercoledì perchè è il giorno di Odino.
Strabuzzo gli occhi.
Sai, Wednesday ... la divinità celtico-germanica Woden... Odino? Neil Gaiman? American Gods?
Senti è inutile che fai il figo, che quel libro te l'ho fatto scoprire io.
Alziamoci, Bruco.
Melcoledì?
Sì, va bene amore. E' mercoledì.

martedì 13 dicembre 2011

Esorcismi natalizi

"Quest'anno il condominio non riceverà la tradizionale benedizione natalizia della famiglie" recita il biglietto della parrocchia trovato ieri nella casella della posta e allegato a santini di varia natura e mappe della chiesa di quartiere per pecorelle smarrite.
Ma come? dice l'Interista. Ci son rimasto male...
Ma se tanto non li facevamo entrare?!
Poi scusa, tu ci verresti a benedire un condominio posseduto al 60% da una vecchia stronza posseduta che ha obbligato il capocantiere a dipingere la facciata di giallo paglierino nonostante il parere contrario del resto dei condomini? Qua più che una benedizione ci serve un esorcismo natalizio.

Mamma, il bambino è malato?
Quale bambino, amore?
Bambino scende da stelle al freddo e "gièlo"... (canticchia)
Ah, quel bambino... (ci risiamo. e ha pure la fronte corrucciata, vedo che la cosa lo turba)
No, amore. E' morto giovane, ma non è malato. Cioè, non si può ammalare per contratto, capito?
Come Spiderman?
Più o meno.

lunedì 12 dicembre 2011

Un albero "verde" (e un po' nerazzurro)

Questo è l'Anno. Il primo vero anno in cui il Bruco afferra e capisce il concetto di Natale, che fino ad oggi non si era praticamente mai manifestato in casa di Orlando in quanto entrambi i suoi genitori sono piuttosto miscredenti e rifuggono da tutte quelle amenità in stile Frank Capra (con due eccezioni: il panettone e lo Schiaccianoci).
Ma ora che l'asilo è tappezzato di alberelli, ghirlande, agrifoglio e pupazzetti di neve, ora che lui canta "tu scendi dalle stelle" senza che io gliel'abbia mai insegnato e nomina Babbo Natale senza che io l'abbia mai nominato, ho pensato che almeno sull'albero di Natale avrei potuto cedere: perchè poi l'albero di Natale può essere un bel veicolo di insegnamenti "green".
Non potendo comprare questo meraviglioso albero di legno (che secondo me con un po' di impegno uno potrebbe anche costruirsi da sè e ormai ci pensiamo per l'anno prossimo) abbiamo riciclato quello di famiglia, che è artificiale, è vero, ma ha ben 19 anni di vita, ci è stato passato dalla nonna e reca un etichetta con scritto Made in Italy, che comunque è sempre meglio di farsi migliaia di chilometri dalla Cina inquinando a più livelli l'atmosfera.
Poi le decorazioni: le "pije" raccolte al mare quest'estate (che sarebbero le pigne se solo lui sapesse pronunciare la "gn"), una manciata di biscotti sbilenchi da noi stessi preparati, tutto lo zoo disponibile nella sua cameretta attaccato con la corda (e non immaginate quanto renda speciale il Natale vedere un bradipo di pezza che penzola a mo' di impiccato sul ramo d'abete), un pinocchio di legno, qualche tappo di sughero. Niente di comprato ad hoc, niente neve finta nociva per l'ozono, niente fili d'angelo et similia.
Certo l'effetto è un po' anticonvenzionale, ma rende l'idea.
Mamma, quetto anche!
Questo? Amore perchè vuoi metterti il cappello del papà, siamo in casa, non ti serve...
No, quetto lì!
Certo. Come ho fatto a non pensarci. Al posto di un punta metallizzata o una stella plasticona, cosa di meglio in cima all'albero di Natale se non un bel berretto di lana con lo stemma dell'FC Internazionale?
In fondo anche quello, a suo modo, è verde.

martedì 6 dicembre 2011

The Kiwi's Eater

Avete presente essere abituate a dividere il desco con due Obelix, uno formato mini e l'altro formato... quasi Obelix? (Quanto alla fame, s'intende).
Loro, padre e figlio, per adesso hanno in comune questo: la passione per il cibo.
Lui, l'Interista, se non ingerisce un tot di carboidrati al giorno si innervosisce che neanche quando l'Inter è in procinto di cambiare allenatore; l'altro, il Bruco, è capace di pronunciare la parola "tarallo" fino a cento volte di fila, se non ottiene il prezioso cerchietto pugliese tra le sue manine cicciotte, ed è di quelli che all'asilo chiedono sempre il Bis (e ci vuole coraggio per chiedere il Bis dei pasti dell'asilo, giuro).
Ma da qualche giorno, le cose sono cambiate.
A casa di Orlando non mangia più nessuno.

Uno è troppo depresso per le recenti vicende della sua squadra del cuore: dopo la partita con l'Udinese e la buccia di banana di Pazzini, neanche il carboidrato lo tira su di morale - sì, ha avuto anche una piccola gastroenterite, ma cosa vuoi che sia quando sei a 15 punti dalla capolista?
L'altro, non si è capito il motivo, non vuole più niente. Sputa i tortellini, il risotto, il prosciutto cotto e pure la pasta al pomodoro. E, da giorni, chiede una cosa sola.
Kiwi, mamma.
Kiwi? Amore sei sicuro? Preferisci il kiwi ai tortellini?
Sì, Kiwi giallo.
Ipotesi N°1: Mio figlio è vegano.
Ipotesi N°2: Mio figlio non è mio figlio (cioè i tortellini, cazzo).
Ipotesi N°3: Mio figlio è interista.

Quindi (quasi sempre) depresso, come ogni vero Interista.

martedì 29 novembre 2011

Le donne i cavalier l'arme gli amori

Soprattutto la seconda che hai detto, almeno per l'Interista che, oltre a vedere tutto sotto una luce nerazzurrina, è rimasto fermo più o meno al Medioevo. Quanto a immaginario, s'intende.
Sogna un mondo popolato di cavalieri, singolar tenzoni, battaglie senza fucili all'insegna dell'onore, e anche perchè no, draghi e magia (il Fantasy è la sua seconda malattia pur non essendo mai stato un vero nerd).
Sarà anche per questo che abbiamo chiamato nostro figlio col nome di un paladino, innamorato, coraggioso e folle, immerso nell'epica della sua vita, eroe per eccellenza dell'intera tradizione letteraria occidentale.

Dopodichè, il Bruco per il momento non è ancora entrato in contatto nè con l'idea di cavaliere nè tantomeno con quella delle armi, nonostante il fatto che ieri mattina all'asilo il compagno di classe Aaron Smith si sia presentato con un mitra giocattolo (??!!? O_o).
Solo donne e solo amori, per il momento, com'è sacrosanto.
Poi nel pomeriggio mi arriva una mail con oggetto "Ci iscrivo il Bruco".
All'interno, solo un link: Scuola di Spada Medievale Cavalieri di Ranaan Milano.

Per consolarmi mi sforzerò di pensare che, senza cavalieri, i cantastorie avrebbero avuto molte meno storie da raccontare.

giovedì 24 novembre 2011

Piccoli supereroi (non) crescono

Li possediamo quasi tutti. Contro la mia volontà.
Non perchè abbia qualcosa contro i supereroi - per inciso il mio preferito è Spiderman, incarnato da Tobey Maguire, ehm - ma perchè sono tra i responsabili del recente (e permanente) tracollo economico dell'Orlando Family.
Ci fu un tempo, non troppo lontano, in cui l'Interista venne colto da raptus improvviso e decise di aderire ad un bella e tanto cara (arghhhh) iniziativa editoriale sui Supereroi, alla modica cifra di 10 euri a botta, che sembrano pochi ma sono troppi.

100, per l'esattezza, dai più noti a quelli con nomi improbabili e impronunciabili, che attualmente stazionano stipati alla carlona nel mobile buffet sotto la tv.

Poichè la mela non cade mai lontano dall'albero, il Bruco sembra aver sviluppato un'insana passione per questi preziosissimi volumi: "Mamma posso?" chiede con la bava alla bocca in astinenza precoce da fumetto. "Cristo ma hai solo 2 anni!". Sì, amore prendi tutto quello che vuoi distruggi la casa sbava per terra ma non strappare le pagine se no tuo padre mi defollowa dalla sua vita.

Ma che dico?! Tuo padre, Lui, manco se ne accorge in questo momento: è troppo impegnato a guardare Milan-Barcellona esultando come un'ossesso quando il Barca segna.

Ma sei matto? Gli dico. Il Bruco si spaventa. E poi manco fosse la tua squadra!

"Qualunque squadra giochi contro il Milan è la mia squadra"

Certi bambini crescono in fretta, certi altri non crescono MAI...

mercoledì 23 novembre 2011

First time he said my name

L'ha detto. Tutto intero, tutto giusto.
Chi conosce il mio nome, sa perchè questa è una Notizia ;)

venerdì 11 novembre 2011

I piedi non contano, ma il picciolo sì

Praticamente più lo guardo e più penso che non sia figlio mio: dai piedini obesoidi al colore dei capelli, dalla bocca all'ingiù al nasino diritto, dagli occhi blu alle mani spropositatamente grandi.
Il Bruco è un clone di suo padre, dalla logorrea fino all'interismo più sfrenati.
Però ieri è successa una cosa che è se possibile più confortante di un test del DNA (di cui peraltro non avrei bisogno avendolo io partorito con MOLTISSIMO dolore): con una mela in mano è venuto verso di me e mi ha detto "mamma, togli picciolo?"

PICCIOLO.
Ha detto picciolo. Ha solo due anni e conosce parole che i quindicenni di oggi manco per sbaglio.
Ma poi neanche gliel'avessi insegnata intenzionalmente.

La forma dei piedi non conta, se puoi avere un picciolo tutto per te.

PS: In questi giorni di crisi economica, di governo e di tutto il resto, avere in casa un bambino di 2 anni che impara a dare il giusto nome alle cose è l'unico motivo di speranza che possiedo.

lunedì 7 novembre 2011

Il calcio è una cosa seria!

"C'è chi dice che il calcio sia questione di vita o di morte: non concordo con quest'affermazione; posso assicurarvi che è una questione molto, ma molto più seria" diceva Bill Shankly, un celebre allenatore del Liverpool tra i '60 e i '70. 
Una filosofia che viene tragicamente sposata e applicata a casa di Orlando, dove ieri sera si è verificata una delle peggiori tragedie degli ultimi 25 mesi: giocando a palla col papi, il Bruco, che ormai è a tutti gli effetti un essere parlante, ha pronunciato con giubilo la parola "juve". 
Lui, l'Interista con la I maiuscola, ha strabuzzato gli occhi mentre il suo volto si trasfigurava in una smorfia di dolore: "Chi ti insegna queste cose?"
Il Bruco sorride e pronuncia scandendoli i nomi delle due maestre d'asilo.
A quel punto l'Interista si trasforma nell'incredibile Hulk, diventa verde, si strappa i vestiti e giura odio eterno all'istituzione scolastica. "D'ora in avanti nostro figlio studierà in casa col maestro privato!" tuona.
Nel frattempo, accortosi dell'effetto che hanno sortito le sue parole, l'ignaro duenne saltella per casa al grido "Juve! Juve!Juve!", mentre io cerco di far passare al papi che la parola Juve, che gli piaccia o no, esiste.

12 ore dopo, a colazione.
Esco dal bagno e mi dirigo verso la cucina dove i due uomini di casa stanno già affogando i "biscotti tondi" nel latte. E sento: "Capito, amore? Juve merda. Si dice "Juve merda".

E io che sto lì a selezionargli le letture.

venerdì 4 novembre 2011

NO-post

ore 21.27
No, non voglio (andare a nanna, ndm).
No letto piccolo. (Quello è il tuo letto, quello grande è il nostro, rassegnati)

ore 8.09 della mattina dopo
Buongiorno amore! No, mamma.

ore 8.45
No. (Vuoi la pera o il kiwi giallo?)
No asilo, oggi. (Amore, io e il papà dobbiamo andare a lavorare. Per comprare i kiwi? Sì, esattamente)
No, mamma. (No cosa? No maglietta)
(Preferisci la maglietta col cagnolino?) No.
Orlando la mamma sta cominciando ad alterarsi...
(Mettiti gli stivali che oggi piove). Non vo-o-glio.
(Allora andiamo all'asilo scalzi). No asilo, no "calzi".

ore 9.15
Guarda che ore sono! Tra 5 minuti chiude l'asilo! Siamo in ritardo!!!
No, nevvero.
SI' invece, ecchec***o.

Come diceva Pasolini, prima che venisse ammazzato 36 anni fa:
Il rifiuto è sempre stato un gesto essenziale. 
I pochi che hanno fatto la storia sono quelli che hanno detto no. 

venerdì 21 ottobre 2011

Così vicini... così lontani

Questo post starebbe bene in un flatblog (si chiamerà così?), perchè parla dei nostri vicini di casa.
E, per inciso, ne parla male. Malissimo.
Non che quelli di prima fossero bella gente: a parte qualcuno di simpatico, anche nella vecchia casa avevamo un campionario di umanità varia ed eventuale (dal pseudo artista con l'attico che per 3 anni ogni volta mi chiedeva se mi ero appena trasferita, all'ex conducente d'autobus in pensione con la mania per il box, fino alla superfamiglia albanese che festeggiava le ricorrenze più impensate fino a tarda notte).
Ma quelli di adesso... sono mostri. Nel senso che i vicini di porta fanno una pippa agli Addams, innanzitutto. Il figlio ci ha rapito la gatta Minuzza e poi l'ha esiliata in cortile a notte fonda. La figlia guarda sempre in basso e si veste come una dark lady appena uscita da una dark room. La madre è una tranquilla insegnante d'inglese che ad ogni apertura di porta è vestita di raso e pizzi che manco la Kidman in Moulin Rouge. Il padre canta l'opera e non riesce a parcheggiare l'auto.
Ma loro sono solo la punta dell'iceberg.. ehm, del condominio. Poi c'è il fratello di lei, che è il vecchio Scrooge in persona, solo più stronzo. E la madre, lei, l'origine di tutti i mali: la Vecchia Bastarda.
Colei che possiede il 60% dell'intero condominio, indice riunioni-farsa (visto che avendo la maggioranza dei millesimi decide tutto lei), impedisce al resto degli abitanti di vedere la tv perchè a lei funziona (Rete4 le basta) e non esiste che l'antennista debba passare attraverso il suo gigantesco terrazzo. Che poi non è suo ma del condominio. Quindi suo.
Oggi a lavoro ho stampato una ventina di fogli con scritto "fuck the granny".
Conto di distribuirli lunedì mattina nelle caselle postali dei signori condomini.

lunedì 17 ottobre 2011

Non ci sono più i telefoni di una volta

Oggi è lunedì, e questo è un momento madeleine.
Quando ero piccola, mia madre per cena comprava sempre i "telefoni".
Li faceva una panetteria del quartiere, che manco a dirlo non c'è più e che costituiva meta di visite da parte di numerosi classi delle scuole elementari, in un tempo lontano in cui si credeva che fosse utile e giusto che i bambini vedessero come nasceva ciò che mangiavano.
Era un tipo di pane, l'avrete capito, fatto (più o meno!) a forma di cornetta del telefono: e la parte che mi piaceva di più era quella che collegava i due estremi, insomma l'impugnatura ecco.
Era morbida, bianca e rassicurante.
Quando mia madre mi disse che la panetteria avrebbe chiuso e che nelle altre i "telefoni" non li vendevano: quella è stata una delle mie linee d'ombra.
Uno di quei momenti in cui sai che finisce qualcosa che non torna più. E infatti i "telefoni" non li ho più rivisti.
Quasi quasi provo a riprodurli in casa per il Bruco.
Peccato che lui, oltre a non conoscere il pane a forma di telefono, non conosca neanche i telefoni a cornetta. E che uno smartphone assomigli tranquillamente a un francesino qualsiasi.

giovedì 13 ottobre 2011

Giovani manifestanti (insonni) crescono

Se dal post precedente avete pensato che il problema a casa di Orlando fosse solo l'addormentamento del Bruco, vi siete sbagliati. Abbiamo anche ricominciato a non dormire, perchè lui la notte non ha sonno. Dopo 3 ore la batteria gli si è già ricaricata, e a niente vale accoglierlo nel lettone parentale: stanotte si è rigirato come la centrifuga della lavatrice per quasi 3 ore, tra le 3 e le 6, assestando calci nel costato del "papi" Interista e testate nella schiena della sottoscritta.
Che alle 5.24 ha dato i numeri urlando "adessobasta dormisubito otiabbandonopersemprenellettino", per la serie, Estivill mi fa una pippa.
E siamo alla quinta notte insonne consecutiva, regrediti al periodo neonatale, anche detto "periodo Romero" perchè tu sei uno zombie assetato di sonno e sadicamente vuoi che tutti, tutti intorno a te, siano altrettanti zombie, a costo di stanarli nei loro rassicuranti "mio figlio è bravissimo e dorme sempre", e morderli, e scarnificarli.
Ok, il concetto è chiaro.
In ogni caso, poichè confidiamo che sia solo una ricaduta, stamattina ci siamo svegliati (dopo un'ora di sonno, ahahahaha - risata isterica) e abbiamo fatto colazione tutti insieme in allegria con le Tortorelle del Mulino Bianco (che stanno alla madeleine proustiana come gli Harmony alla Recherche).
E stasera, usciti dall'asilo, io e il Bruco prenderemo parte a una piccola cosa molto importante: una fiaccolata nella nostra zona contro la mafia e per il rispetto della legalità.
Giusto perchè sabato scorso il centro sportivo di proprietà del Comune sotto casa nostra è stato incendiato dagli ex gestori mafiosi, e ora i bambini della zona avranno una struttura pubblica in meno per le attività sportive. E questo non è per niente bello, non è per niente giusto.
Non si è mai troppo piccoli per avere una coscienza, mai troppo 'nani' per costruire una società migliore.
Eh, sì, ci credo davvero, anche se ho un sonno porco che mi ottunde le facoltà cognitive.

martedì 11 ottobre 2011

Buonanotte... giorno

In principio fu la tetta. Ma durò poco. Passammo al biberon, al dondolamento ritmico e alla ninna nanna: contemporaneamente. Non poteva mancare nessuno di quei fattori, che il teorema cadeva come i fichi maturi al suolo di fine settembre. Poi, arrivati alla soglia dei dieci chili, fu il passeggino. In casa, avanti e indietro. Tempo medio d'addormentamento: 50 minuti.
Dopo i 18 mesi, dopo aver resistito a mettere in atto pratiche filonaziste come il celeberrimo Fate la nanna di Estivill o logoranti per la personalità del genitore come il pull up/put down di Tracy Hogg, finalmente siamo riusciti nell'ardua impresa di far addormentare il Bruco nel lettino (quasi) da solo.
Ma il rito che precede questo meraviglioso momento è ormai talmente lungo che è più 'buonanotte giorno' che 'buonanotte notte'.
1. lavarsi i denti (leggi: succhiare lo spazzolino)
2. bere-sputare (leggi: bagnarsi tutto il pigiama mentre io cristono)
3. preparare la "millozza" (una sbobbona tedesca di finocchio senza zucchero che si beve senza battere ciglio)
4. leggere il libro
5. leggere il libro
6 leggere il libro
...
Siamo arrivati a quota 5 libri.
Per la serie: non ho un cazzo di voglia di dormire, mamma, e poichè ho visto che sei contenta quando mostro interesse per la cultura, ti faccio leggere all'infinito.
Ecco i nostri must: Lupo Baldo, Urlo di mamma, Dentro di me fuori di me, Giorno e notte.
And many others.
Poi, sfinita, lo prendo di peso e lo getto nel lettino "buonanotte amore bla bla bla"
E vado di là. Passa un quarto d'ora, mi rilasso sul divano, penso "anche stasera è andata".
- Mammmmaaaaaaaa! Mammmmmaaaaa!


Ed è ancora nel lettino con le sbarre. Per quando potrà scendere da solo, sto approntando una playlist per l'afterhour. E io che pensavo di stare diventando vecchia.



lunedì 26 settembre 2011

Quel gran pezzo dell'Angiolino

Mi spiace molto, perchè è solo lunedì, ma questa è una storia triste.
Succede che quest'anno uno dei compagni di asilo del Bruco si chiama Angiolino.
Succede che Angiolino, ricciolo, biondo e con un visino da putto michelangiolesco, passa le sue giornate a menare sonoramente gli altri bambini. L'ho sbirciato dal vetro più volte nei giorni scorsi, e ho capito che per lui è naturale come per me bere il caffè la mattina: cioè, viene lì, ti guarda dritto negli occhi, e sbam!, parte lo schiaffo. Non importa se sei maschio o femmina, se stai giocando per fatti tuoi o se gli parli, se sei alto o basso, simpatico o antipatico. Angiolino è come Terminator: ha la sua mission, e non guarda in faccia a nessuno.
Stamattina l'ho visto mentre mi trascinavo lenta verso l'asilo col Bruco ingombro di tutti i suoi oggetti transizionali (oggi avevamo il bambolotto cinese, la "gugulula" d'acqua e la moto "grooonde").
Angiolino stava appeso alla mano di sua madre che letteralmente lo strascicava per terra a tutta velocità incurante del fatto che potesse farsi male, finchè a un certo punto gli ha tirato uno scappellotto in testa accompagnato da un "emmuoviti!".
Tirare conclusioni non è nel mio stile. Però, Angiolino, sappi che quando lo schiaffo di rito lo tirerai al mio Bruco, io avrò capito. E comunque, oggi, resto triste per te.

venerdì 23 settembre 2011

Post-pausa estiva: il peso specifico

La serialità è un concetto difficile per me. Tendo a stancarmi di tutto, dai biscotti della colazione (dopo una settimana di macine devo darmi ai chocopops, tanto per intenderci) ai pantaloni preferiti che se non li compravo morivo (li metto per 3 mesi di fila e poi un giorno li guardo senza capire cosa mai ci avessi trovato).
Figuriamoci un blog. E' che mi scrivo tanti bei post mentali e poi non ce la faccio a trasferirli sulla carta. Sulla carta virtuale, ecco. In quella che chiamano blogosfera.
Comunque eccomi qui, dopo la lunga estate semi-calda, all'alba di un nuovo anno scolastico, all'alba di un nuovo Ollycompleanno. E sono due.
Due lunghissimi anni con il peso specifico di una bufala in una dieta detox.
E, no, non ho ancora digerito del tutto, però sono pronta a farci dell'ironia e ciò è bene. No? Sì.
Domani si (ri)comincia, a casa di Orlando ovviamente.

lunedì 13 giugno 2011

Non è un paese per gente normale

Insomma dicevamo di fare spazio al nuovo. E mi sa che ne abbiamo fatto più del previsto.
Nelle ultime due settimane, nell'ordine:

- abbiamo cambiato Casa (e quella nuova ci sembra talmente grande che ci siamo persi la Minuzza, che ha chiesto asilo politico all'albero nel cortile sotto casa, 'tacci sua)
- la Sinistra vinto le comunali (che Milano non era in festa così dai mondiali 2006, ma ovviamente è tutta questione di punti di vista)
- i Referendum hanno raggiunto il Quorum (e mi sento quasi male al pensiero di vivere in un paese che forse ma forse e ancora forse ce la fa ad alzare il culo ed esprimere un'opinione - e anche questo è discutibile ok ma not today)

intanto, in redazione.
Collega G (riferita al Capo): secondo te sta guardando i porno?
Io: Diciamo che se lo fa lo stimo per l'autocontrollo

Il nuovo che avanza, il vecchio che occupa la stanza.

Non è un paese per gente normale O_o

venerdì 27 maggio 2011

Per fare spazio al nuovo

E' dunque arrivato il weekend del trasloco.
Molto si butta, molto si è infilato negli scatoloni quasi contro la nostra volontà, qualcosa resta là, in quella che da lunedì sarà la vecchia casa. La ex-casa. La casa che non hai più.
E qui una lacrimuccia ci sta, perchè ne son successe di cose, in quel bilocale.

Ma il fatto è che, se c'è qualcosa da imparare in questa vicenda, è "lasciar andare".
E fare spazio al nuovo: perchè questo è il concetto dell'evoluzione, no?
Siamo il prodotto del "vecchio" ma anche la promessa, e il punto di partenza, del futuro.

Ora, è casuale ma assai simbolico che questo cambio avvenga in concomitanza col ballottaggio per le comunali. Anche Milano ci prova, a lasciar andare il vecchio e fare posto al nuovo.
Una città che trasloca se stessa in una dimensione di "possibilità".
Una città che, metaforicamente e neanche troppo, vuole la bicicletta perchè vuole pedalare, adesso.

Perchè il mondo è grande e la speranza ha tante case, molti quartieri, e innumerevoli volti.

Io lunedì mattina mi sveglierò in una casa nuova.
E lunedì sera spero di chiudere gli occhi in una nuova città.

martedì 24 maggio 2011

Scene da un trasloco

E dunque traslochiamo. Io, il Bruco, la Minuzza e l'Interista.
E' il quarto trasloco della mia breve vita, e non so se sopravviverò.
Dicono che, nell'elenco dei traumi da separazione, il trasloco stia al secondo posto, dopo la morte di qualcuno molto caro. A me sembra più un trauma da saturazione: da dove cazzo esce tutta questa roba che continuo a riempire scatoloni e vivo in un bilocale senza manco la cucina abitabile???
Ma soprattutto: com'è che di tutto quello che alberga nei pensili e negli armadi e nelle mensole e negli anfratti di casa mia utilizzo solo il 10%?
Qui s'impone una seria riflessione sulla società contemporanea: ad esempio, il tagliabanane giallo (ovviamente) che mi occupa mezzo cassetto e che non ho mai, dico mai, usato in 5 anni.
Perchè non lo sto buttando, regalando, riciclando, occultando? Perchè è un oggetto di design? Perchè è figo? Quindi lo tengo per appagare una presunta velleità estetica?

E il porta kiwi verde per i kiwi verdi che fa il paio con quello giallo per i kiwi golden?
E le ginocchiere di quando giocavo a pallavvolo che magari serviranno al Bruco fra dieci anni?
E il casco per i bigodini con annessa confezione originale che viene direttamente dai '70s?

Non vorrò mica rischiare un trauma da separazione?
Sai che ti dico? Io metto tutto nello scatolone. Che, come diceva la mia nonna centocinquenne, a buttare via si fa sempre in tempo.

(Anche a morire soffocati dagli oggetti inutili, ma questa è un'altra storia)

giovedì 21 aprile 2011

Ucronia del quotidiano

E' il giovedì prima di Pasqua. Via San Pietro all'Orto, davanti ad Abercrombie (presente quel negozio americano iperprofumato come una puttana, in cui i vestiti costano più di una puttana, che all'ingresso è presidiato da due modelli seminudi che ogni volta che li vedi dici porcaputtana? ecco, quello).
C'è una fila chilometrica composta per lo più da tredicenni.
Dall'altro lato della strada due operai che scaricano scatoloni di qualche non identificata merce di lusso.
Primo operaio: Cazzo si vede che oggi son chiuse le scuole, no?
Secondo operaio: Ah ma perchè dici che oggi è Pasqua?

A parte che la Pasqua non è un'opinione e di solito è fissa da calendario ma in effetti per certi versi è proprio un'opinione. A parte che il teorico ossimoro Pasqua-lavoro non ti muove un muscolo e questo non è bello.

E' proprio vero che la coscienza operaia è andata in pensione da un pezzo.

sabato 16 aprile 2011

Meglio un pulcino oggi che una gallina domani?

Avevo circa 9 anni. Era quasi la domenica di Pasqua e non mi bastavano l'uovo di cioccolato nè la colombina: volevo un pulcino, in carne e ossa e piume gialline.
Mia madre lo comprò al mercato (sì, è tuttora una squilibrata).
Era giallino, piccino, tenerino.

A parte che non stava zitto un secondo e continuava per ore incessantemente con quel suo piopio da esaurito.
A parte che cagava per ogni dove in ogni quando e non si capisce come, visto che non mangiava niente.
A parte che aveva un modo di girare su se stesso che mi rivelava senza appello la sua stupidità di base.

La cosa peggiore è che dopo due giorni da pulcino, era già un pulcino con le zampe orrende di una gallina.
Credo sia stato lì che ho iniziato a odiare la santa Pasqua e ad amare i film horror.

sabato 2 aprile 2011

@ the supermarket

In coda alla cassa.
Cestino con quattro o cinque cose.
Ritardo bestia.
- Mi scusi...
Vocina finto flebile, due litri di latte in mano e formaggini nascosti nella pochette, capelli tinta tronco di albero andato a male, aria finto angelica e orrenda veste a fiorellini.
- Dica.
- Non è che mi fa passare davanti? Ho solo questi...
- No, signora. A parte che non ha solo questi perchè vedo i formaggini lì nella borsetta, a parte che io non ho un carrello pieno ma tre cose in croce come lei, a parte che sono in ritardo e il mio tempo è prezioso... ma perchè cazzo lei ha fretta?
- Mi perdo l'inizio di Pomeriggio5.
- No, signora. Col cazzo che la faccio passare. Se lo perda pure tranquilla.

venerdì 1 aprile 2011

esce, d'aprile

Innanzitutto, Aprile dolce dormire 'sta ceppa: stanotte il Bruco è stato nostro ospite dalle 1.43 alle 8.01, e ha passato la notte a rigirarsi come un arrosticino del Peloponneso, altrettanto scottante ma non altrettanto buono.

Secondo: c'era il Super Sciopero Globale Totale e me la sono fatta a piedi dalla Periferia al Duomo e oltre schivando gente che voleva vendermi di tutto, dai braccialettini senegalesi alle quote di Greenpeace, al nuovo collirio omoepatico Comesichiamanonsipuòdire.

Terzo: a lavoro c'era il convegno sulle mense biologiche sottocasa e spacciavano orrendi budini senza latte senza zucchero senza gioia, pure scaduti, sostenendo che fossero più sani più solidali.

Quarto: davvero si può essere solidali su tutto quello per cui ci propongono di esserlo? E con noi stessi siamo solidali?

lunedì 28 marzo 2011

A-Social Network

E' ancora lunedì. Sei stato via 4 giorni. Lontano dallo smog, dai parenti e dalla rete.
Torni e inevitabilmente apri a cascata facebook twitter tumblr flickr e ogni sorta di stronzata che ti faccia condividere il tuo dentro col tuo fuori.
E scopri che, in tua assenza:
1- un tale che ti "followa" e che manco sai chi è, fa illazioni sul fatto che ti senti condizionata dai social network. Per la serie: ma chi cazzo sei.
2- Currently single. I'm addicted to Sex! Looking to make money in the porn industry and leave the Grocery business. E' la new entry tra i tuoi followers. A questo punto inizia a farti due domande sulla gente che ti segue.
3- Su Fb, in sequenza: chi si lamenta dell'ora legale che la mattina è buio pesto, chi è preoccupato per la fusione del nocciolo del reattore 2 a Fukushima, chi aggiunge precario alla sezione lavoro, e chi posta la foto di un quadrifoglio con relativo link se condividi entro un minuto ti porterà fortuna, che bello!!!
 
Sarà per questo che mi girano i coglioni: sono incapace di condividere qualunque cosa abbia un triplice punto esclamativo.

domenica 20 marzo 2011

Scusi ha da accendere?

Io non fumo. Quasi mai. Però c'è anche la mattina in cui mi va di farlo. E non ho gli attrezzi del mestiere.
Così scrocco, al massimo compro un pacchetto da dieci.
Solo che ieri non avevo l'accendino: poco male, penso, vivo a Milano c'è un sacco di gente, figurati se non trovo qualcuno che mi fa accendere.
Scusi ha da accendere? Chiedo a un ragazzo gggiovane e un po' tamarro.
Non fumo, mi spiace.
Ok, grazie. e Bravo, fai bene. Però un accendino potrebbe servirti anche per altri scopi, chessò aprire una birra. Forse non beve neanche. Non ci sono più i giovani debosciati di una volta.
Scusi ha da accendere? Chiedo un terzetto di vecchietti fuori dal Bar Sport (pensando di andare a colpo sicuro)
No, mi rispondono in coro, pensi che nessuno di noi fuma.
Bravi! Rispondo io, e mi metto in tasca un bel faccia la brava anche lei.
Ok, sono in via di estinzione anche i vecchi da Bar Sport.
Scusi ha da accendere? Chiedo a una signora finto raffinata che la mattina si mette il profumo senza lavarsi le ascelle (come faccio a capirlo? certe cose uno le sente)
No, sono vegetariana.
E allora? Cazzo c'entra?
Cioè volevo dire salutista. Ah, ok, tutto nature, ecco spiegato il mistero delle ascelle.
Cazzo ma non c'è più nessuno che fuma nella città con l'aria più inquinata d'Italia???
Faccio per rinunciare.
Poi vedo un vecchio con le unghie gialle e il ciuffo biancosporco tendente al canarino.
Sta accendendosi una sigaretta.
Lo raggiungo: Scusi ha da accendere? Mi chiede.
Mi si è scaricato l'accendino.

lunedì 14 marzo 2011

Dall'altra parte del mondo

Venerdì, mentre camminavo sull'asfalto di un quartiere alla periferia di Milano, punteggiato di coriandoli, solcato da madri con troppi pensieri e poca coscienza, intente a sgridare bambini vestiti da spiderman abulici e principesse senza eleganza, dall'altra parte del mondo l'asfalto si spaccava, i supereroi guardavano impotenti da sotto i tavoli e le principesse diventavano sirene.
Dall'altra parte del mondo, in Giappone.

Così lontano così vicino

giovedì 10 marzo 2011

Quattro piccole invettive

Uno.
Quelli che sulle scale mobili non stanno sulla destra, e quando glielo fai notare ti dicono "ma che fretta c'è". No dico, se tu non hai un cazzo da fare nella vita non è un problema mio che invece ho poco tempo e troppi impegni.

Due.
Quelli che hanno deciso di vivere nell'obesità e impongono al loro cane lo stesso stile di vita.
Un chihuahua che sembra aver ingoiato un Supertele non si può proprio vedere. Un minimo di senso dell'estetica, perdio.

Tre.
Quelli che sei assorto nei tuoi pensieri cullato dal dondolio del treno, ed esordiscono con "Ma ciaaaaaaao!" superando i 300 decibel (eruzione del Krakatoa nel 1883, per la cronaca).
Segue interrogatorio molesto su dovelavori-seisposato-haifigli-losentiancora Pincopallo.
Ma se non ti rispondo per 15 minuti di fila non ti viene il dubbio che non ho voglia di comunicare con te?

Quattro.
Le sciure impellicciate e impomatate che in panetteria rivelano un piglio da Ultrà serbi per accaparrarsi l'ultimo pezzo di panfocaccia. Spero che l'olio unto del panfocaccia coli senza pietà sul castoro morto che vi portate addosso dal '72. E smettetela di rovesciarvi addosso mezza boccia di profumo ogni mattina, vecchie aspiranti baldracche.

A loro, che si sono presentati simultaneamente nella stessa mattinata in un orario compreso tra le 9.40 e le 10.15, oggi va tutto il mio odio metropolitano.

venerdì 4 marzo 2011

Sposami, fanatico

Allora, hai trovato l'uomo della tua vita?
Ah, ok. Allora pensi ancora a me, insomma.
Eh ma guarda che sei ancora in tempo, lo sai.
Pero solo se ci sposiamo perchè a me quelle robe lì, usciamo... vediamoci..., non mi piacciono mica.
Tu mi chiami e mi dici "Pietro, ci sposiamo"
Ok, mi dici quando e dove.
Perchè sei l'unica donna che sposerei da un momento all'altro, lo sai.
Tutti mi dicono "Pietro hai perso una gran donna"
Eh lo so, ma io son così.
Domani se vuoi andiamo in Comune e ci sposiamo.
Oppure niente.
Perchè io valgo più di tutti.
Noi valiamo più di tutti, perchè siamo nella luce di Dio, quando camminiamo sulla terra.
Allora chiamami, se vuoi, eh. Ciao.

E si mise il cellulare in tasca.
Forse al giorno d'oggi il Principe Azzurro è un fanatico religioso che aspetta una proposta di matrimonio via sms. Da una che non trova nessun'altro con cui "usciamo e vediamoci".
Comunque domani se vuoi andiamo in Comune e ci sposiamo.
Oppure niente.

La seconda?

mercoledì 2 marzo 2011

Cinese a colazione

Già la mattina è un momento difficile.
Ti sei svegliato da poco, hai gli occhi gonfi, la bocca cattiva e le scarpe sbagliate perchè non ti sei accorto che piove.
A lavoro sarà una giornata del cazzo e in metro ti prendi le gomitate di una cicciona coi capelli "nido di chiurlo style". Hai un pizzico di fortuna e c'è un posto libero in fondo al vagone, così lo raggiungi, ti siedi e fai per aprire il libro a cui faticosamente cerchi di appassionarti (sei ancora a pagina 16).
Ma d'improvviso ti sale un conato di vomito.
Seduto alla tua destra c'è un ragazzino cinese che avrà smontato il turno in nottata e non è rientrato a casa. Ha i pantaloni sporchi di salsa di soia che gli danno un'aura da "Jack lo Squartatore".
E soprattutto emana a lungo raggio una puzza mortale di involtino primavera, tanto che tutti i presenti ti sembrano trasformarsi in foglie di verza julienne e ballare nell'olio bisunto che d'improvviso satura il vagone. Tu ti alzi, trascini controcorrente il tuo povero stomaco ritorto mentre un cavolo cappuccio con gli occhiali e il cappotto blu impreca contro di te, e appena si spalancano le porte ti lanci fuori dal vagone.
Che fermata è? Non importa.
Sali in superficie, t'infili in un bar e ordini un cappuccino.
Il barista è cinese.

lunedì 28 febbraio 2011

E' lunedì, rassegnati

E' lunedì, ore 9.15 più o meno, e la metro è affollata di personaggi improponibili.
Qualcuno però merita la mia curiosità.
C'è un ragazzo ben vestito che legge diligentemente un libro con la copertina scura, m'incuriosisco, lui è carino e ha qualcosa di perverso nello sguardo. Non si lascia distrarre, io faccio finta di essere scomoda e cambio posizione, devo vedere cosa legge, se è tipo da fantasy (e sta leggendo l'ultimo di Matheson) oppure da bestseller (e ha in mano un qualche noir scontato dell'ultimo minuto).
Mentre cerco di capirlo lui interrompe la lettura e s'aggiusta il colletto della camicia, e nell'istante in cui vengo rapita dalla sessuosità del gesto i miei occhi mettono a fuoco il titolo del misterioso volume.
Preghiere per la sera e per il mattino.
Penso "ossignore". Lui mi guarda come a dire "appunto, proprio quello".
Rassegnati, signore sconosciuto che leggi le Preghiere per la sera e per il mattino.
Io prego solo che come te non ce ne siano troppi, in giro.

Per la cronaca, l'aitante e devoto lettore ha una spilletta sulla giacca che lo identifica come appartenente all'ADI (Assemblee di Dio in Italia).
Amen.

venerdì 18 febbraio 2011

una premessa

Facciamo una premessa: buoni non si nasce. La bontà è un mestiere che s’impara col tempo e con molta fatica.

Quando ero piccolo ho compiuto ogni genere di meschinità. Rubavo piccoli oggetti ai parenti in visita, nascondevo i giocattoli dei miei fratelli e poi fingevo la più totale e convincente estraneità alla sparizione, sputavo nel piatto di spaghetti di mio padre prima che lui entrasse in cucina per poi compiacermi di nascosto quando li addentava e diceva che buoni che sono.

Ho ucciso la mia famiglia perché volevo avere un motivo per essere disperato. Volevo piangere e farmi compiangere. Volevo a tutti i costi essere solo al mondo. Perché è così che mi sono sentito fin da quando sono nato: solo. E disperato. E triste, desolatamente triste. Ma avevo una famiglia. Una famiglia per bene, cazzo.

Una famiglia precisa, di quelle che ti danno tutto quello che sono in grado di darti e non ti fanno mancare niente, di quelle che ti amano, che ti supportano, che cercano di facilitarti l’esistenza. Una famiglia veramente irritante. E infatti è così che sono cresciuto: irritato. Perché io non la volevo una famiglia così, fanculo, non volevo proprio una famiglia. Una famiglia che mi impediva di essere disperato come volevo io. Allora ho cercato lo scontro, ma niente, peggio che trasferirsi in un monastero birmano. Ho provato ad allontanarmi, ma mi hanno rincorso. A far perdere le mie tracce, ma mi hanno trovato. A insultarli, ma mi hanno perdonato.

Non mi rimanevano molte possibilità. Li ho uccisi. Ne andava della mia infelicità.