giovedì 20 dicembre 2012

Brandelli di Natale

"Mamma, Babbo Natale  e la Befana sono sposati?"
(panico)
(che gli dico?)
(ma soprattutto: sono felicemente sposati, separati in casa o hanno già divorziato?)

"Mamma, la Befana se non sono bravo mi porta il carburante?"
"Bruco, si chiama carbone..."
(magari portasse il carburante)

"Mamma io fino a Natale voglio mettermi la maglietta dell'Inter"
"Bruco, sarebbe meglio di no"
"Perchè?"
"Perchè a scuola non è indicata"
"Allora la tengo sopra il pigiama"
"No. Cioè, no"
"Perchè?"
"Perchè... ci sudi. E poi va lavata ogni tanto. Ti metto quella a strisce orizzontali nere e azzurre"
"No, io vojo quella con lo stemma e col baffo"
(aiuto. ha solo 3 anni)

E poi ieri c'è stata la festa di Natale all'asilo, questo Natale che è il primo di cui ti rendi veramente conto e che noi non è che l'avessimo mai tanto festeggiato e invece adesso facciamo l'albero e prepariamo pacchettini per quegli amici che ci stanno sempre vicini e cospargiamo di colla tutto il parquet ma non importa.

E niente, a me i lustrini non è che mi piaccian tanto, e tutto lo spreco che si fa, e le convenzioni, le mail di auguri coi gattini travestiti da Babbi Natale che t'intasano la posta, le cene aziendali volemose bbene, i lavoretti a casa, la gatta che si mangia i rami del finto abete e poi vomita, il pranzo infinito, i canditi scartati e mille altre cose che tutti gli anni mi danno da pensare.

Però, lo devo dire, ieri quando sono entrata nel cortile della scuola e ti ho visto che cantavi la canzone delle renne, col tuo cappello da Spiderman e lo sguardo perso chissà dove, insieme ad altri cinquanta bimbetti tutti infagottati e qualche educatrice indefessa, mi sono commossa.

Soprattutto quando hai visto che ero lì, in mezzo agli altri genitori, e il tuo musetto si è allargato in un sorriso che nessuno mai me l'ha fatto, un sorriso così. E mi hai indicata col ditino e sei rimasto immobile con l'indice puntato a dire "eccoti, ti ho trovata e non ti mollo più".
Che babbazzo che sei.
E soprattutto che babbazza che sono io.
E vabbè, Buon Natale allora. 

Ps: Come da tradizione, alla lotteria di Natale non abbiamo vinto niente.
Pps: A Babbo Natale il Bruco ha chiesto: un'escavatrice gialla, una caserma dei pompieri, e un barattolo di miele "che me lo mangio tutto io intero".
Ppps: Io mi accontenterei che il pranzo con lo zio Davide e lo zio Jonny andasse un po' meglio dello scorso anno.

lunedì 17 dicembre 2012

Specchio specchio delle mie brame...

Al Nido trovi un po' ogni sorta di madri: quasi tutte sono di corsa, molte sono spettinate, alcune sono solo alla seconda tappa del giro consegna-figli, quasi tutte hanno le occhiaie e poche si ricordano come si chiamano.
E' l'effetto lattante, che per qualche mese o qualche anno (nel mio caso la seconda) ti riduce l'esistenza a una poltiglia dolciastra e indistinta con qualche serata di occasionale divertimento.
Poi ci sono anche le supermamme, quelle che alle 8 del mattino si presentano truccate e col tacco 12 all'ingresso dell'asilo, quelle che poi corrono in ufficio e sono altamente performanti, e che prima di sera vanno pure in palestra.
Ma di queste stronze parleremo un'altra volta.

Poi arrivi alla Scuola Materna. E tutto cambia. Quasi.
Qualche esponente del capello spettinato e tacco -12 c'è sempre (io tengo alto il valore della categoria) ma la tendenza generale è di un generico relax.
Almeno così mi era parso fino a pochi giorni fa.
Poi ho girato l'angolo e ho visto il "cantuccio dei lavoretti".

Flashback.
Alla riunione di classe a inizio mese viene comunicato a tutte le mamme di fare un lavoretto per Natale insieme al loro bimbo. Io non è che sia una grande esperta di craftwork, pur amandolo molto in via teorica e acquistando spesso prodotti artigianali.
Però, vabbè, s'ha da fà.
La domenica sera prima della consegna mi si accende la lampadina e mi ricordo (pessima) che per l'indomani serve il lavoretto.
Convoco il Bruco, ritagliamo un alberello di cartone da un ex imballaggio mobili, glielo faccio dipingere con le tempere e lo decoriamo con materiali di riciclo, tappi, fagioli secchi, quello che ho reperito in casa.
Non che sia uscita una meraviglia, però l'abbiamo fatto insieme.

Poi la mattina dopo lo portiamo, lo consegnamo, grazie grazie della maestra, io sto per andarmene quando sento la voce della bidella: "Però quelle della classe azzurra sono molto più creative".
Scusa??? No, dico, scusa????!!
Avete presente quando Griff dice "fifone" a Marty McFly? Quello.

La bidella ammicca al corridoio, io giro l'angolo e vedo.

Presepi in muschio vero e pelle umana con laghetti artificiali e pecore candite, renne di legno e rametti intarsiati oro come se piovesse, slitte adormate di frutti di bosco e noci come se non ci fosse un domani, alberi a grandezza naturale con rami decorati cuccagna style.
E capisco.
I lavoretti di Natale sono la versione per mamme dell'elezione per la Reginetta di bellezza.
E 'sticazzi.

Domanda numero uno: ma queste dove ce l'hanno il tempo?
Domanda numero due: quanto hanno speso in colorificio?
Domanda numero tre: i loro figli cosa facevano mentre le suddette creavano questi capolavori di craftwork natalizio?

E poi niente, mi son girata verso il nostro alberello sfigato e ho pensato che quando non ce l'hai nel DNA, di fare la Reginetta di bellezza, non ce l'hai nè a quindici anni nè a trentaquattro.

Però sai che c'è? L'anno prossimo baro anch'io e porto una versione a grandezza umana di quel ciccione di Babbo Natale con tutte le renne, gli elfi, e le slitte di 'sta ceppa.

(scherzo. forse.)


mercoledì 12 dicembre 2012

Miracoli prenatalizi

"Buongiorno Signora, volevamo solo dirle che il Bruco piange per il mal di pancia, ha fatto la cacca due volte e insomma forse sarebbe il caso di venirlo a prendere"

Se c'è una cosa che terrorizza le madri (o almeno terrorizza me) è vedere sul display del loro telefonino il numero dell'asilo. Io quando vedo la scritta "scuola materna" lampeggiare sul cellulare che anche vibra e pure suona, l'angoscia mi pervade le ossa.
Perchè se ti chiamano dall'asilo le opzioni possibili sono tre:
1- tuo figlio ha la febbre
2- tuo figlio ha cagato più di due volte
3- tuo figlio si è spaccato la testa dopo essere inciampato nei piedi di un compagno

(ci sono altre opzioni ma sono meno frequenti/probabili, tipo il terremoto, gli sconosciuti che s'infiltrano nel plesso scolastico e i pezzi di cotenna di maiale dentro le lasagne di Milano Ristorazione)

Ora, dovete sapere che negli ultimi 3 giorni di asilo del Bruco, questa chiamata del terrore che se rispondi sei morto stile The Ring io l'ho ricevuta 3 volte. No, dico, 3 volte.
Che poi spiegare al tuo capo, maschio e senza figli, che per tre giorni consecutivi devi uscire prima perchè tuo figlio caga troppo sa proprio di balla colossale.
Soprattutto se in ufficio i termosifoni sono guasti e si lavora con 10 gradi e i guanti indosso.

Così ieri, dopo aver chiamato il pediatra ed essermi fatta rassicurare sul fatto che l'indisposizione intestinale del Bruco potrebbe durare altri dieci giorni, ho chiamato la maestra dell'asilo e mostrando compostezza le ho detto:
"Senta, il Bruco si è appena scofanato due fette di torta e una banana, e ora sta facendo stage diving dal divano su una folla di pupazzi che comprende Batman, i Barbapapà, l'orsetto Teddy e la bambola cinese targata Ikea. Io credo che stia bene, e che non abbia mal di pancia. Domani lo porto a scuola, e a meno che non abbia crisi convulsive o attacchi di vomito incoercibile non chiamatemi"

"No ma infatti avevo il dubbio che potesse essere un capriccio... perchè poi lui non vuole mai dormire e forse..."

In tre anni di onorata carriera di madre, è la prima volta che metto in dubbio la buona fede del Bruco.
Ma a questo punto un po' lo conosco. E' un bambino parecchio sveglio, e in fondo non sarebbe stato normale se non ci avesse provato.

"Bruco senti allora visto che hai mal di pancia stasera ti faccio il riso bianco?"
"No! Vojo la pasta col pesto. E il polpettone col purè"
"Eh ma se hai mal di pancia come si fa? Si mangia leggero e si va a nanna subito..."
"Mi sa che mi è passato, mamma"
"Eh, Bruco, sotto Natale dice che capitano, i miracoli"

lunedì 3 dicembre 2012

Cose che capitano a chi

Dopo 5 giorni di latitanza e clausura dentro il Palazzo di Vetro, l'Interista è tornato da New York.
Cinque giorni che la sottoscritta ha trascorso rosicando e riflettendo sulla questione della (utopistica) parità dei sessi (ma soprattutto rosicando).

Perchè, anche se teoricamente una madre può andarsene via una settimana around the world esattamente come un padre, la verità è che per un padre resta assai più facile farlo, e soprattutto il nocciolo della questione non sono quei cinque giorni o quelle cinque ore in più di lavoro a settimana richieste, pretese o date per scontate: il nocciolo della questione è che le donne "non possono avere tutto", che poi è anche il titolo di un articolo molto discusso nelle ultime settimane, scritto da una tizia che sembrava averlo, quel tutto, e invece no.
Sto parlando di Anne-Marie Slaughter, una professoressa di scienze politiche a Princeton che aveva l'incarico di direttrice della pianificazione delle politiche al dipartimento di stato americano e che niente, a un certo punto si è licenziata perchè era 'impossibile' gestire il lavoro e la maternità, ovvero era impossibile avere tutto.
Se volete approfondire, qui trovate un articolo del Post sulla vicenda e sulle discussioni che ne son seguite, e qui l'articolo originale della Slaughter.

Personalmente, e parlo da privilegiata perchè ho la fortuna di lavorare in un posto che mi consente orari flessibili e di avere colleghi molto tolleranti, credo che in fatto di conciliazione siamo ancora agli albori della civiltà.
Tanto viene detto, poco viene fatto, periodicamente se ne riparla, ma il problema della conciliazione tra lavoro e famiglia è affidato pressochè esclusivamente alle risorse individuali (e non è problema solo nazionale).
Finita da un pezzo l'era delle famiglie allargate e dei bambini nei cortili, si può solo sperare di avere dei nonni disponibili, o tanti soldi per una brava babysitter.
Il fatto è che il problema va anche oltre a questo. Presumibilmente alla Slaughter non mancavano i soldi per la babysitter. Il problema è quell'"imperativo materno" per cui non esiste per le donne una vera scelta.
Comunque la si voglia pensare, i tempi e le modalità del lavoro andrebbero ripensati per tutte, e quindi per l'intera società, nell'idea di accompagnare e favorire la maternità, o anche solo di renderla meno difficile.

E comunque, dopo 5 giorni di rosicamento, l'Interista è tornato a casa di Orlando.

"Papà cosa mi hai portato da NiuYok?"
"Una cosa fichissima, Bruco"

E ha tirato fuori una foto. La foto più ridicola di sempre, un suo ritratto in posizione da battaglia insieme a tre tizi vestiti da Capitan America, Iron Man e Spiderman.
E il Bruco si è talmente innamorato di questa foto che stamattina ha voluto portarla a scuola.
Facendola vedere a tutti, maestre comprese, che se la passavano in corridoio ridacchiando sotto i baffi.
L'Interista sta ancora morendo di vergogna.
Io è da stamattina che ogni tanto ci penso e sogghigno con perfidia.

Del resto, sono cose che capitano a chi va cinque giorni a New York. O no?!





giovedì 29 novembre 2012

Parlare arabo

Ieri, a casa di Orlando, ore 19.47.

Dopo aver ingurgitato una quantità invereconda di pasta integrale coi piselli (il suo secondo piatto preferito).

"Mamma, come si fa a parlare aràbo?"
"Scusa, Bruco?"
"Come si fa a parlare..."
"No ok, ho capito. Arabo. Perchè me lo chiedi?"
"Youssef mi butta sul tappeto"
"Ma per giocare?"
"Youssef parla arabo"

Ci ho messo un po' a capire.
Perchè non ti aspetti che un bambino possa fare certi ragionamenti.
Ti aspetti che a tre anni, se uno ti spinge fino a farti cadere, lo spingi anche tu, e bon.
Invece lui si è posto il problema della lingua. Della comunicazione.
Ha pensato che se sapesse parlare arabo potrebbe dire a Youssef di non spingerlo.
Oppure semplicemente fanculizzarlo. Nella sua lingua però, perchè Youssef sta imparando l'italiano ma perlopiù parla arabo.

"Amore, la mamma con l'arabo non ti può aiutare. Però quando diventi più grande se vuoi puoi impararlo. Magari te lo fai insegnare da Youssef"
"Ok. Adesso vado a fare la gara di macchinine"
"Ok"

Ed è andato, con la bocca tutta unta e la maglietta padellata, con quel suo fare tutto traballante che lo fa inciampare ogni due per tre.
E io son rimasta lì a guardarlo, incantata, fantasticando sul futuro dell'umanità.
Perchè l'utopia è l'utopia, ma i bambini sono esseri umani in carne e ossa, cittadini del futuro.


lunedì 26 novembre 2012

La telecromaca

E' sabato mattina, sei sveglia dalle sette per un qualche incomprensibile meccanismo masochista e tuo figlio dorme fino alle 10. Suo padre pure.
Allora nel silenzio dell'alba inizi a pensare cosa farne di questo sabato qualunque, questo sabato italiano (parafrasando Sergio Caputo).
Primo appuntamento della giornata, la festa per i 50 anni della biblioteca di quartiere, che è un posto fichissimo, in mezzo a un parco, da decenni ricovero per migliaia di studenti e non solo, sede di molteplici attività e con una sezione per i bimbi che il Bruco ama alla follia.
Quindi niente, dopo averli fatti alzare con estrema fatica, dopo averli colazionati e vestiti, si va alla celebrazione che prevede come inizio il Carnevale degli Animali, opera di Camille Saint-Saëns, suonata dal vivo a 4 mani.
L'Interista sparisce nei meandri della biblioteca, il Bruco dopo 15 minuti di stoica resistenza inizia a dare i numeri e ad accasciarmisi addosso dicendo che ha sonno.
"Ma dopo che hai dormito 13 ore?"
"Questa musica mi mette sonno, mamma. Perchè dobbiamo ascoltarla? E dove sono gli animali?"
Ma come, hai imparato a dire "Chet Baker" prima ancora di dire "mamma" e adesso non vedi gli animali nelle note di Saint-Saëns??? Povera me. Figlio degenere.

Recuperato l'Interista che si stava abbuffando di nuvole di drago al buffet cinese, dopo il di lui commovente intervento pubblico sulle memorie della biblioteca, dopo che il Bruco ha ingerito una quantità imprecisata di riso cantonese e pollo con le mandorle, ci trasferiamo a Interello, dove sta per svolgersi la parte meno nobile della giornata (sì, lo dico per provocarvi, voi lettori calciofili).
L'Interista deve fare la telecronaca di una partita della Primavera e noi lo seguiamo indefessi.

Manco a dirlo, il Bruco si siede composto e osserva attento l'intera durata del match interrompendosi solo al fischio dell'arbitro per dirmi: "Mamma hai sentito? Era il suono di un violino?".
No vabbè, questo è troppo.
Dov'è il mio 50% di Dna?

E cmq, finalmente il Bruco ha capito che suo padre di mestiere non fa il calciatore: non andrà più a scuola a raccontare che papà gioca "in partita", le maestre non mi guarderanno più con quell'aria di chi sta pensando che non ho il physique du role della fidanzata di un calciatore.
"Mamma posso provare le cuffie? Vojo fare anch'io la telecromaca come papà".

Come si dice in milanese, sem a post.

lunedì 19 novembre 2012

Io sono Olverin

Capita poi un giorno, dopo anni di reclusione e scarsa vita sociale, che tuo figlio inizi a crescere e non dorma più il pomeriggio.
Capita che vivendo a Milano ci siano sempre un sacco di cose da fare.
Capitano weekend in cui tuo figlio treenne fa più vita sociale di te.

Sabato mattina all'EICMA con l'Interista (che ha visto poche moto e perso molti anni di vita per via di fughe improvvisate del Bruco, fortunosamente sorvegliato anche dallo zio e dal cuginetto ottenne), sabato pomeriggio merenda con l'amichetto Giorgio (che per fortuna ancora non parla altrimenti avrebbe fanculizzato il Bruco ostinato a non prestargli neanche uno dei suoi giochi), sabato sera cena con l'amichetto Victor (a un certo punto della serata abbiamo tentato di abbatterli come dei cavalli impazziti, ma niente, hanno vinto loro).

Domenica mattina all'Acquario Civico per BookCity ma soprattutto per i pesciolini ("Mamma, guarda! Questo qui assomiglia a quello che abbiamo mangiato l'altro giorno!" "Ma quale, la torpedine?" "No, quello coi baffi"), domenica a pranzo dalla Nonna, domenica pomeriggio a teatro a vedere la favola dei Tre Porcellini che doveva essere per bambini dai tre anni in su ma uno dei protagonisti si chiamava Giggi er Porco e mentre la sala era tutta un riso e uno schiamazzo il Bruco restava impassibile con la faccia seria seria che pareva me quando per lavoro dovevo andare alle anteprime dei cinepanettoni (così piccolo e già culturalmente avanti, bbello de mamma tua).
Gita finale a una festa di via con la zia Lidia e annesso slalom ("Guarda mamma, ci sono i palloncini a forma di moto!" "Ma dove amore? Io non li vedo")

E niente, alle ore 21.30 di ieri, dopo una girandola senza sosta di autobus-camminate-luoghi-persone, gli ho detto: "Bruco ma non sei stanco? Perchè io sto per accasciarmi al suolo, qui, ora, in bagno e senza pigiama"
"No, mamma. Io sono Olverin"
L'ha detto sventolando un pugno e con l'espressione da duro.
Intendeva Wolverine, la sua ultima scoperta in fatto di supereroi.

"Ah ecco. Mi sembrava"
"Anche tu mamma sei un superoe?"
"Non lo so, Bruco, tu che dici?"
"Secondo me sì. Siamo due supereroi"

Se lo dice lui bisogna crederci. Siamo tutti supereroi.


venerdì 16 novembre 2012

Mamma mi presti il kindle?

Pochi anni fa avrei azzannato al collo chiunque mi avesse parlato di libri digitali: cresciuta in mezzo alla carta, col mito delle dita macchiate di inchiostro, l'asma da polvere e una valanga di volumi sparsi in ogni dove, sottolineati a matita, maltrattati ma custoditi come sacrari.
Poi è arrivato il Bruco, e il tempo della lettura si è inevitabilmente ridotto, o perlomeno ha cambiato forma.
Il primo mese del Bruco, per la prima volta nella mia vita, non lessi neanche un libro: non a caso poi ricominciai da Bonjour, tristesse della Sagan, uno tra quelli assiepati da tempo nello scaffale "whislist"; poi appena ho ripreso a lavorare ho iniziato a leggere avidamente durante il tragitto casa-lavoro.

E considerato che nella mia borsa c'era sempre una quantità di cose "che voi umani non potete neanche immaginare"... ho valutato l'idea di un e-reader. Un lettore digitale. 
Quell'aggeggio di cui esistono varie tipologie e varie marche e che è al centro di un dibattito internazionale carta stampata versus parola digitale.
Vabbè, ho valutato... diciamo che ho iniziato a ripetere come un mantra "voglio il Kindle voglio il Kindle voglio il Kindle", e il Kindle è poi magicamente arrivato a Natale.
Primo libro digitale letto, l'ultimo di Stephen King.
Cioè, che libro. 767 pagine di bravura narrativa.
E la goduria che queste pagine non pesassero pressochè niente.
Così sono diventata una lettrice digitale.
Anzi una lettrice ibrida, perchè su carta leggo ancora molto.
Soprattutto su carta leggo i libri del Bruco, che è un lettore formidabile.
Un lettore che sta crescendo sfogliando le pagine dei libri di carta ma che sa benissimo cos'è un lettore digitale, perchè me lo vede usare e perchè ogni tanto lo prende e ci pasticcia.

"Mamma mi presti il Kindle?"
"Per farci cosa Bruco?"
"Per vederlo"
"Ma ci sono solo i libri della mamma lì sopra, amore, non ti interessa"
"E perchè non ci sono le figure?"

Già perchè non ci sono le figure? Fondamentalmente, se il settore del libro digitale è ancora agli albori, figuriamoci quello del libro digitale per bambini che si porta con sè una serie di problematiche tra cui l'accesso ai bambini di dispositivi multimediali.
In Italia se ne è parlato lo scorso marzo alla Bologna Children's Book Fair (per chi fosse interessato rimando a questo articolo in proposito), e se ne parlerà proprio a Milano domenica prossima nell'ambito di Bookcity Milano, in un convegno a cura di Happi ideas e Babalibri.

Qui trovate i dettagli del convegno, che si intitola L'editoria per l’infanzia volta pagina. Riflessioni e domande sul futuro del libro per l’infanzia.
Qui invece trovate sia il programma del convegno sia un sondaggio per capire cosa pensano i genitori di app e ebook.
L'hashtag per il convegno è #futurolibroinfanzia.

Qui sotto invece trovate The Fantastic Flying Books of Mr. Morris Lessmore, il corto vincitore dell'Oscar 2012 come miglior film di animazione. 
Parla di libri, di lettori, ed è bellissimo.






giovedì 15 novembre 2012

In via dei matti al numero zero

E poi un mercoledì sera qualunque rivedi tuo fratello dopo tre mesi.
(e ti chiedi perchè ancora non ci hai scritto un libro)
Durante una cena improvvisata, scomposta, piena di rumori e di voci che sovrappongono.
Se siete suscettibili consiglio di saltare la lettura del post, che qui non è che ci siano sempre solo contenuti da mummyblog.

Flashback.
Sciopero generale, asilo chiuso, lascio il Bruco con l'Interista che ha il turno di riposo.
L'ultima volta che si è verificata questa condizione sono tornata a casa e c'erano dei granchi in giro per casa ("Il pescivendolo ce li ha regalati", no vabbè ma ospitiamo anche un paio di nutrie del naviglio allora). Stavolta ce la siamo cavata con un'orata, e con una sessione di lavori casalinghi che per un attimo ho temuto non fosse lui ma un replicante.
"Pronto Interista? Tutto bene?"
"Sì ho dato il mordente al piano cucina"
"Oddio stai bene? Ma ti hanno licenziato? Prendo un'appuntamento dallo psicologo?"
Perchè ormai lo sapete, l'Interista è l'anti-manualità: sa fare poche cose a parte il suo lavoro ed esultare quando l'Inter vince. E invece ha persino aggiustato una tapparella rotta.
Roba da pazzi.

Comunque, avendo dato il mordente la cucina non era available, quindi ci siamo autoinvitati a cena dalla Nonna Luciana, che aveva già ricevuto l'autoinvito anche dei restanti figli.
Quello che segue sono brandelli di quanto detto e avvenuto.

"Ciao zio Jonny, perchè hai la mano fasciata?"
"Ho tirato un pugno al muro"
"Perchè?"
"Perchè la Juve ha perso"
"Anche io tiro i pugni"
"Ma non si tirano così, devi mettere le mani in un altro modo, guarda ti faccio vedere"

(per la serie: sì, la follia può essere trasmessa tramite apposito insegnamento)

"Allora Bruco ce l'hai la fidanzata?"
"Sì, mi piace la Silvia"
"E' bionda?"
"No, ha i capelli scuri"
"Meglio, le more sono più porche"

(niente, io volevo portarlo via ma stavamo ancora all'antipasto)

"Nonna vojo il melograno"
"Adesso tiro fuori lo sgrana-melograno"
E ha tirato fuori un aggeggio composto da una scodella con una gratella dove devi mettere il melograno tagliato a metà e poi ricoprirlo di una coppa di gomma rossa su cui devi abbatterti con furia distruttrice e dare botte da orbi per far scendere i chicchi.
"Scusa mamma ma non fai prima a sgranarli con le mani? Poi non è che questa cosa sia molto educativa..."
"Ma a te cosa te ne frega? Tutti che mi state addosso"
"Ma tu non capisci" interviene lo zio Davide rivolgendosi a me "lei è avanti, la capiremo fra 50 anni..."
E intanto il Bruco con un cucchiaio di legno picchiava il povero melograno.
"Ah ti ho detto che mi devi prenotare un viaggio per i mercatini di Natale a Praga?"
"A Praga? Ma se non sai neanche come si dice "scusi" in inglese?"


"Zio Jonny mi passi quel cucchiaio?"
"No"
"Ma io sono piccolo"
"Io no invece"
"E non me lo passi?"
"No"

Sono già in ansia pensando al pranzo di Natale, agli annessi e ai connessi.
Scusa Babbo Natale, non è che quest'anno mi porti una famiglia un po' più normale?

Ps: comunque alla fine la Nonna non andrà a Praga. Andrà a Vienna. Dice che se non capisce qualcosa ci chiama. Come dire, allora tutto ok.







lunedì 12 novembre 2012

Eco-schiscetta (proletaria)

Qualcuno la chiama "eco snack bag".
A casa di Orlando si chiama eco-schiscetta.
Farà ridere ma, l'abbiamo detto tante volte, è dalle piccole cose che si può fare ecologia e impattare meno sull'ambiente.
E considerato che almeno un paio di volte al mese Milano Ristorazione ci abbandona e sulla soglia dell'asilo compare a caratteri cubitali la scritta "domani la refezione non è garantita", di necessità virtù.

"Bruco, per mercoledì bisogna portare la schiscetta. Che panini vuoi?"
"Non li vojo, i panini, vojo la pasta"

E già perchè lui, il Bruco, è un tradizionalista in fatto di cibo. Mangia tutto, ma se può scegliere lui vuole la pasta. Solo che all'asilo quel tipo di schiscetta lì mica te la fanno portare: per comodità vogliono i panini e le merendine. Niente roba da frigo, come lo yogurt, e solo frutta che il bambino possa mangiare senza l'intervento dell'adulto (praticamente solo la banana).
E così molti genitori comprano cibo confezionato perchè è più comodo, pratico e veloce.
Solo che tutto questo pragmatismo non è mica tanto "green": non mi soffermo sugli aspetti nutrizionali di tramezzini confezionati e merendine perchè quello è un altro argomento e non voglio aprire oggi il vaso di pandora, ma pensate solo agli imballi e agli incarti.
Quasi sempre di plastica, trasparente o di quella internamente argentata, che poi a sua volta stava dentro una confezione più grande di carta che stava dentro un'altra di plastica che stava insieme a mille altre confezioni in scatoloni che stavano... vabbè insomma ci siamo capiti.

Ergo, impegniamoci una minima e creiamo una bella eco-schiscetta da infilare nello zainetto dei baby-affamati: i panini li assembliamo noi col pane che abbiamo comprato sfuso dal panettiere (non con i panbauletti che stavano nella plastica e che peraltro contengono tutto tranne la farina e l'acqua di cui è fatto il pane), con formaggio, prosciutto, pomodori o qualunque altra cosa possibilmente che rispetti il concetto del non imballato di cui dicevamo sopra, e poi li avvolgiamo in un bel tovagliolo colorato facendo un nodo così non si scompongono e non si sbriciolano.
Idem per la merenda: una fetta di torta fatta in casa o dei biscotti autoprodotti possono sostituire la merendina confezionata, magari chiusi dentro una scatola di latta che si può riutilizzare all'infinito e li mantiene freschi per la giornata.
Per la frutta, in alternativa alla banana, si possono portare degli spicchi di mela o pera già tagliati, o di mandarino già sbucciati, dentro un vecchio vasetto di yogurt in vetro.
Tanto per dire.

"Allora, pomodoro e ricotta va bene?"
"No, vojo la pasta"
"Bruco, mica te la posso infilare dentro il panino..."
"Allora frittata"
"Questo è già più concepibile. Il panino con la frittata è un grande classico della schiscetta proletaria, quasi più della michetta con la mortadella. Bravo Bruco, hai avuto una bella idea per la schiscetta"
"Non vojo la schiscetta, mi si infila nei denti"

Ancora non ha introiettato il concetto di schiscetta, ma ci si può lavorare.
Grazie a Milano Ristorazione diventerà un concetto familiare.


giovedì 8 novembre 2012

Il suo nome è Bond

Lo so. Sono passati 8 giorni dall'ultimo post. No ma siamo sempre vivi. E' che qua tra lavoro, paralavoro e rigurgiti di vita sociale non abbiamo abbastanza ore.
E come se non bastasse i supermercati e le vetrine si sono già riempiti di panettoni e lustrini natalizi tanto per metterci un po' di ansia e farci capire che tempus fugit.

Il Bruco prosegue la sua campagna "No Scuola" giorno dopo giorno: vediamo, lunedì mattina si è attaccato alla mia gamba urlando "Mamma non mi lasciare" con un dosaggio degli acuti e dei bassi che i migliori attori drammatici a teatro se lo sognano; invece martedì ha inscenato davanti allo specchio un balletto che John Travolta lèvati: sulle note di She Caught The Katy ci ha comunicato che non poteva andare a scuola perchè doveva ballare.
Non c'è che dire, il ragazzino ha fantasia.
Poi ieri quando sono andata a prenderlo gli ho chiesto: "Allora Bruco, come va coi compagni nuovi?"
Non risponde.
"C'è qualche nuovo amico?"
Niente.
"E le femmine come sono?"
"L'Alice è bella e profumata"
Apperò.
Allora qualcosa ribolle sotto la scorza di indifferenza.

Io e l'Interista invece, dopo mesi di uscite in separata sede (per la serie: ci divertiamo uno per volta che divertirsi insieme magari è pericoloso), siamo riusciti ad andare al cinema.
Di sera! Insieme. Roba da pazzi.
E infatti siamo stati puniti, durante e dopo la visione.

Immaginate: arriviamo al multisala (eh sì, l'Interista è fissato con le caratteristiche tecniche delle sale cinematografiche), prendiamo i biglietti in supersconto grazie all'Ikea Family (no, non mi sponsorizzano, è giusto un'informazione di servizio visto che alla cassa del cinema la convenzione è riportata su un francobollo) ed entriamo in sala.

Quinta fila dal basso, appiccicati allo schermo: io perchè voglio stare vicina vicina a Daniel Craig, l'Interista perchè odia lo scricchiolio dei popcorn nella bocca delle persone.
Sfilza di trailer, ruggito del leone... sbam! Un colpo nelle reni.
Famiglia, madre, padre, due femmine e un maschio.
5 teste di cazzo concentrate nei sedili dietro di noi.
E qui, da genitore, pongo un interrogativo sulla maleducazione dei genitori.
Non dei figli, dei genitori.

Se decidi di portare tuo figlio di 8 anni a vedere Skyfall (cosa che già mi sembra discutibile) non puoi permettergli di parlare e alzarsi e muoversi per tutta, dico tutta, la durata del film.
Soprattutto perchè se io vado al cinema come tregua momentanea dal mio, di figlio, non voglio di sicuro farmi rompere le palle da quello di qualcun'altro.

"Concentrati su Craig, concentrati su Craig" mi dicevo.
Poi a un certo punto mi sono girata, ho guardato la madre dritta negli occhi.
Male, l'ho guardata male. E con disprezzo. E lei mi ha sorriso.
Come dire: so' ragazzi.
No. No. Sei tu che sei una rincoglionita, e per colpa di gente come te mezzo mondo odia la categoria dei genitori.

Poi torniamo a casa. Il Bruco dorme beato, la Nonna ha stirato di nascosto tutto quello che io ho imboscato accartocciandolo con cura maniacale nei nostri cassetti.
L'Interista la riaccompagna a casa e, seconda punizione per esserci divertiti insieme nella stessa sera, a casa della Nonna ci sono i ladri.
Ormai immedesimatosi in Bond, l'Interista li stana e danno vita a un inseguimento serrato sui tetti della Comasina... ah no, quello era un altro film.
In questo, il ladro si è lanciato dalla finestra ed è scappato.

Morale: ai genitori non sono concessi svago e divertimento, e nel caso, vengono istantaneamente puniti.
Ma siccome siamo amanti del pericolo, a breve ritenteremo: magari con la seconda fila dal basso, e allo spettacolo delle 14...


mercoledì 31 ottobre 2012

Con l'olio e col sale

Quando vai via tre giorni e poi rimetti piede in casa, ti chiedi come sia possibile che tante cose siano avvenute in un così breve lasso di tempo: un esercito di macchinine, omini Lego, pupazzi, pezzi di trenino e praticamente tutti gli animali dell'arca di Noè si sono trasferiti dalla cameretta in luoghi che evidentemente ritengono più consoni al loro status di entertainers  e occupano abusivamente la cucina, il divano, il pavimento della sala e persino la cuccia della gatta.
Il cesto della biancheria è esploso scaraventando il suo contenuto in ogni dove: ci sono dei calzini nel bidet e della felpe al posto degli accappatoi.
L'ultimo step è la cucina: pensavo peggio, a parte la polvere di caffè ovunque niente di grave.
Poi apro il frigo, e la tristezza mi assale.
Una zucchina mi guarda mogia dal secondo ripiano, un pezzo di formaggio un po' ammuffito sembra volersi suicidare lanciandosi dall'altro in direzione congelatore.
Del resto mica si può chiedere a un ragazzo-padre con figlio vomitante e partita della domenica di andare anche a fare la spesa.

"Mamma, ho fame. Cosa mangiamo stasera?"

Quando si dice il tempismo.
Sono le 19.15, il frigo piange, la dispensa pure, il congelatore è vuoto (perchè io di principio i 4 salti non li compro e quindi adesso imparo. Tiè).

"Senti, Bruco, stasera facciamo la cena del povero ricco"
"Ma cosa vuol dire?"
"Che cuciniamo con tutte le cose avanzate, scadute, tristi e derelitte"
"Bleah"
"Ma scherzi??? Vedrai che poi ti lecchi i baffi"
"Ma io non ho i baffi, mamma"
(mi dimentico sempre che i bambini non possiedono il senso della metafora)

Per prima cosa facciamo un censimento: uova che scadono domani, un avanzo di passata di pomodoro, il famoso formaggio che è più di là che di qua, la zucchina depressa, mezzo pacco di gnocchetti sardi.

"Allora Bruco, con le uova e la passata facciamo la trippa finta"
"Posso rompere le uova?"
"Sì, però nel piatto perchè già sono poche, già sono mezze scadute, se fai come l'ultima volta siamo rovinati"
"Io so rompere le uova, mamma" mi dice tutto serio, conscio della sua mission.
"Sai rompere un sacco di cose, amore, è proprio vero"
(non coglie l'allusione, per fortuna)

Insomma facciamo questa frittatina e poi la tagliamo a striscioline, e le ripassiamo in padella col pomodoro. Grattata di formaggio e via. Ricetta della zia. Successo garantito, a prova di Bruco.

Con gli gnocchetti, la zucchina moscia e il formaggio in fin di vita facciamo una pasta ripassata al forno, e la cena è pronta. Anche riciclare il cibo "vecchio" è un modo di non sprecare.

"Hai visto, Bruco? Allora com'era la cena?"
"Buona"
"Del resto sai cosa diceva la nonna vecchia?"
"Quella col bastone che non c'è più?"
"Lei"
"Cosa diceva?"
"Con l'olio e col sale è buono ogni stivale"
"Ma gli stivali non si mangiano!"

Ancora il problema della metafora...
Vabbè, un problema alla volta: intanto abbiamo risolto quello della cena, alla metafora ci pensiamo domani.


martedì 30 ottobre 2012

Andare e tornare

Il fatto è che da quando il Bruco è nato, io e lui abbiamo passato separati solo un giorno e una notte (in questa occasione). Non per scelta, come ormai sapete, ma per mancanza di nonni abili e arruolati.
Poi è successo che quest'anno c'era il sesto Congresso internazionale di Slow Food e Terra Madre.
Non so quanti di voi sappiano di che si tratti, ma è giunto il momento di svelare che la sottoscritta investe quasi tutto il suo tempo libero nelle attività legate a questa associazione, di cui è membro attivo, perchè è fermamente convinta che la battaglia per il diritto al cibo "buono" e per la salvaguardia della biodiversità sia la sfida definitiva.
Così sabato mattina all'alba sono partita per Torino in quanto delegata al congresso per la Lombardia, lasciando i due uomini di casa in balìa di se stessi. Per ben 3 giorni.

Presente quando ti ripeti ossessivamente "andrà tutto bene, andrà tutto bene, cosa vuoi che succeda"???
Ecco, quella cosa lì che ti sei sforzato di non pensare, succede.
Così, mentre io degustavo i casoncelli con la ricotta e l'aglio ursino nella pausa tra una sessione di congresso e l'altra, il Bruco vomitava a ripetizione sul divano, sulle mie ciabatte, sulla sua collezione di moto e infine sulla nonna paterna, chiamata d'urgenza dall'Interista che notoriamente è un essere più filosofico che pragmatico - ed è già buono che non abbia chiamato lo zio Davide al grido di "vuoi venire a girare una scena?" (splatter alert!).
Si sa che funziona così: se tu figlio sta sempre bene e tu non va mai via, quella volta che tu andrai via lui si ammalerà (di sabato o di domenica, ovviamente).

Oltre ad aver vomitato in ogni dove, il Bruco in 24 ore è stato a una doppia festa di compleanno, a pranzo dai cuginetti, a cena dalla nonna Luciana, e non so bene da chi altro, modello pacco postale.
In 24 ore l'Interista è andato e tornato dallo stadio, ha chiamato per sapere dov'erano i vestiti del Bruco, ha chiamato per sapere dov'era la sua divisa, ha chiamato per dire che gli mancavo molto.
In 24 ore io ho sentito parlare contadini provenienti da campagne lontanissime, fatto amicizia con uno chef del Vermont, dormito in un convento, chiamato l'Interista per chiedergli se era sicuro di non aver dato il latte scaduto al Bruco e avuto la conferma che, sì, quello per cui spendo il mio tempo libero vale davvero la pena.

Poi ci siamo svegliati ed era oggi, lunedì.
A colazione, il Bruco ha chiesto a suo padre se per caso la mamma si sarebbe degnata di sbucare dalla porta di casa, ma la mamma era ancora impegnata a sentir parlare di orti e di presìdi.
Poi, alle ore 14.37, con una valigia stracolma e due zaini in cui un pigiama e dei calzini dialogavano coi pacchi di pasta artigianale, e le confezioni di pomodoro siccagno infastidivano il kindle e il pc, mi sono fiondata su un frecciarossa nello strenuo tentativo di arrivare in tempo per l'uscita del Bruco dall'asilo (manco a dirlo ero incastrata tra un americano obeso e un finestrino opaco).

Sono arrivata in tempo. Quando mi ha visto mi è corso incontro e non si staccava più dall'abbraccio.

"Mamma! Ho fatto una pozzanghera di vomito, e poi il papà mi ha dato la cipolla. I bambini alla festa mi hanno cacciato via e nel mio armadietto c'è un uovo di pasqua"
"Uhm. Sì anche io ho avuto un weekend interessante, Bruco"

L'uovo di pasqua era un ovetto k. regalato da un compagno.
Su tutto il resto non ho ancora fatto chiarezza.
Tranne che su una cosa: andare ti fa capire quello che vorresti, tornare quello che hai.

Mi piacerebbe avere un orto. C'è chi parte dai semi, io son partita da un bruco: il resto crescerà intorno.



mercoledì 24 ottobre 2012

Personal trainer ovvero Della pigrizia

Ho sempre vissuto felice nella mia pigrizia.
Magra per costituzione, golosa per vocazione, sono cresciuta scofanando dolci senza metter su un etto. La parola palestra non era contemplata nel mio vocabolario.
Poi ho conosciuto l'Interista, dedito in tutto e per tutto al Dio Sport.
Durante una delle prime uscite insieme il poverino mi portò a camminare in montagna, e quando mi accasciai in crisi respiratoria a un terzo del cammino, mi guardò e mi disse: "Beh, sei proprio la fidanzata sportiva che sognavo"
Io per tutta risposta gli chiesi: "Dov'è che si mangia il cervo con la polenta?".
Poi, con quell'impegno tipico degli innamorati, per farlo contento mi iscrissi allo stesso corso di pugilato che frequentava lui, e dopo un anno - udite udite - vinsi pure una medaglia come "atleta rivelazione dell'anno". Adesso so che me la diedero per la simpatia, ma allora ci credetti.
Dopo due anni di attività pugilistica indefessa, rimasi incinta del Bruco.
Una vera atleta avrebbe ripreso l'allenamento quanto prima, ma io ahimè non lo sono, e ho passato gli ultimi tre anni a non fare niente di fisico (a parte il sollevamento Bruchi in ore notturne o le corse all'asilo durante il giorno, che a quanto pare non fanno nessun effetto).
Risultato: 9 chili in più rispetto all'era pre-Interista, 5 rispetto all'era pre-Bruco.

La settimana scorsa, approfittando di una mirabolante offerta, mi sono iscritta nella palestra sotto la redazione (sotto, nel senso che devo solo prendere l'ascensore), che per la cronaca è la palestra più fighetta di Milano.
E' popolata da sciure settantenni con le chiappe di marmo che camminano sul tapis-roulant mentre il filo di perle gli rimbalza sul body nero, da stangone similmodelle con le chiappe molli e un buco al posto della pancia, e da performanti quarantenni brizzolati che pronunciano frasi tipo "io a colazione mangio pollo ai ferri e verdure grigliate, a pranzo pollo alla piastra e verdure bollite, a cena insalata di pollo".

E niente, io ogni volta faccio il conto di quello che mi sono mangiata a colazione e mi dico che no, non sono decisamente in tono con l'ambiente.
Ancor più lo capisco quando vedo queste tizie sbucate fuori da chissà quale ufficio dei piani alti all'ombra della Madonnina che ti fanno dire "non puoi essere alta, bionda, magra, elegante, sempre pettinata, e pure un genio della finanza".
Dopo mezzora di camminata - anzi di walking, diamoci un tono - sul tapis-roulant e relativa doccia, io esco con l'occhio stravolto, una fame devastante, la giacca allacciata storta e i capelli Sora Lella style: loro, i geni della finanza, non si sa come, dopo una session di Body Pump sembrano appena scese da una passerella di Miuccia Prada, col trucco, il parrucco e tutto il resto al posto giusto.

Oggi avevo una lezione omaggio col Personal Trainer.
"Piacere, sono Marco"
"Piacere, sono pigra"
Il poveretto mi ha fatto fare degli esercizi assurdi con una macchina infernale per tonificare l'esterno coscia, poi ha pronunciato la fatidica frase "e comunque è l'alimentazione che conta: pollo alla piast..."
"Guardi, io come secondo lavoro recensisco ristoranti. Comunque a volte mangio anche il pollo alla piastra, a volte"
Sorride e mi dice: "Dai, tonifichiamo il tricipite".

Dice anche che i muscoli hanno una memoria.
Io credo proprio che i miei non si ricordino un cazzo.

Ma la domanda che spesso mi faccio è: da chi avrà preso il Bruco? Dal suo sportivissimo padre o dalla sua pigrissima madre? Le scommesse sono aperte.

venerdì 19 ottobre 2012

Attenti al koala bianco

Voi lettori del blog che non avete (ancora) figli, appuntatevi questo post perchè un giorno vi sarà utile.

Il fatto è che quando non si hanno figli si dicono un sacco di cose. Ma con convinzione, eh.

Scena tipo: tu, giovane (o anche no) uomo o donna childfree, sei in coda al supermercato con la busta di gnocchi alla sorrentina surgelati pronti in 2 minuti e davanti a te c'è un bambino posseduto che urla e scalcia perchè vuole comprare l'ovetto k.
Guardi l'indemoniato, guardi la madre esaurita che gli sclera dietro e ti dici inorridito/a "io quando avrò un figlio mica gli permetterò di comportarsi così".
Ed è qui che io vorrei virtualmente darvi una pacca sulla spalla e dirvi: "Ma certo che gli asini volano. Ma certo".

Ecco dunque per il vostro sollazzo quattro cose che avevo giurato di fare nell'era pre-Bruco e che non ho fatto (e viceversa).

1- Ascolterò sempre mio figlio
Non come quelle madri distratte che si trascinano dietro il loro bambino mentre questo fa domande e loro non rispondono, oppure lui parla e loro dicono "sì, sì" e sentono a malapena il suono delle sue parole.

A casa di Orlando, ieri mattina, ore 9.07. 

Sulla soglia, in ritardo tremebondo.
"Mamma, ho visto un koala"
"Bruco mettiti la sciarpa e non dire stupidaggini"
"Mamma ti giuro, ho visto un koala bianco"
"Interista, nostro figlio si fa di acido, lo senti cosa dice??? Oddio mi aiuti a trovare le scarpe???"
"..."
"Mamma, il koala come fa a non cadere dall'albero?"
"Bruco mi sto preoccupando. Sei pronto?"
"Sì. Prima sposto il koala"
E niente, sulla soglia c'era una di quelle ecoborse del supermercato con su disegnato un koala bianco appeso a un albero.

2- Quando andremo al ristorante mio figlio starà seduto a mangiare con noi.
Non come quei bambini che corrono tra i tavoli disturbando gli altri clienti e facendo un baccano infernale. Mi ricordo ancora di un'osteria meravigliosa, Il Mecenate, a Lucca. Il Bruco aveva 19 mesi. Abbiamo provato a distrarlo in ogni modo. A tenerlo in braccio, a fargli le facce, a dargli i pupazzetti. Niente. Ha passato la serata a rubare le olive dai tavoli degli altri e a tentare il suicidio dallo scalone che porta al piano di sotto. Noi abbiamo trangugiato più veloce possibile il risotto al piccione e pietanze sublimi e non siamo più andati al ristorante per i dodici mesi successivi.
Adesso che ha tre anni, il Bruco continua a vagare tra i tavoli. Noi, semplicemente, lo portiamo solo in posti dove sappiamo che ciò non costituisce un problema, per il proprietario e per gli avventori.
Se c'è una cosa che un figlio t'insegna è che al carattere non si comanda e che a volte è giusto scendere a compromessi.
 
3- Se dovrò andare alla presentazione di un libro mio figlio verrà con me.
Ma certo. E ho tentato, perchè poi certe convinzioni son dure a morire. Quando aveva 18 mesi ho portato il Bruco alla presentazione di un libro fichissimo (alla cui realizzazione peraltro la sottoscritta ha anche collaborato e che se vi interessa trovate qui). Già tendenzialmente un bambino di 18 mesi non starà fermo e tranquillo a sentire dei tizi parlare di film "dispersi". Poi ad aggravare la cosa è stato che la presentazione era da Bloodbuster, un inferno di scaffali pieni di dvd e gadgets. Il piccolo Bruco si è trasformato subitaneamente in una piovra quando ha visto una riproduzione di Godzilla e gli zombie in miniatura. E niente, quando ti crollano addosso gli zombie, capisci che il momento di andartene e di smetterla di portare tuo figlio alle presentazioni dei libri.

4- Non userò mai la televisione come babysitter
Nonostante che l'Interista in televisione ci lavori, noi alla tv preferiamo il cinema, gli stadi e le serie guardate sul pc. Non voglio demonizzare la tv, ma sono fondamentalmente d'accordo con Popper quindi ho sempre cercato di tenerne il Bruco più lontano possibile. E ci sono abbastanza riuscita perchè - eccezion fatta per Peppa Pig - al Bruco non è che freghi molto dei cartoni e credo sia l'unico treenne che non è mai andato oltre l'ottavo minuto di Cars.
Però. C'è un però.
Quando torni a casa alle sette dopo numerose acrobazie di varia natura e devi cucinare e il telefono squilla e la gatta miagola per la fame infrangendo la barriera del suono, tu invochi Lei.
Sì, Lei, la tv.

A casa di Orlando, ieri sera, ore 19.16.

"Bruco, non è che vorresti guardare un po' di cartoni mentre la mamma prepara la cena?"
"No mamma, adesso non mi servono i cartoni. Ho le mie moto".
"Hai le tue moto, certo. Scommetto che vuoi anche fare una gara"
"Sì"
"Magari in cucina"
"Infatti, mamma"
"E devo partecipare anche io, magari"
"Certo"
Coi figli devi sempre sapere che ogni insegnamento è un boomerang. Nel bene e nel male.

Come parziale conforto posso dire che ci sono molti altri propositi a cui ho tenuto fede.
Non mi sono tagliata i capelli "perchè sono più comodi".
Non ho mai fatto il brodo col dado.
Non ho mai sculacciato il Bruco.

Buon weekend a tutti... e attenti al koala bianco!!!

lunedì 15 ottobre 2012

Barattando s'impara

Domenica grigia d'autunno, a casa di Orlando.
Le prime ventate d'arietta più freschina, cielo carico che promette diluvio, Bruco con la sindrome leopardiana della domenica pomeriggio.
Approfitto per "fare ordine", cioè quella cosa misteriosa e misconosciuta che viene a trovarci raramente, essendo noi dei disordinati senza speranza.

Apro l'armadio, quello in cui convivono nello stesso cassetto i costumi da bagno coi maglioni di lana, le tute aziendali dell'Interista con le felpe da ventenne da cui non vuole separarsi, il cimitero dei calzini spaiati (abbiamo dovuto crearne uno all'interno dell'armadio perchè la situazione era insostenibile) insieme al mio unico paio di scarpe coi tacchi che ho messo tipo due volte nella vita.

"Bruco, è ora di liberarsi del passato. Vuoi aiutarmi?"
"No. Sono triste perchè la mia moto si è rotta"
"Amore, se le fai fare il triplo carpiato da una parte all'altra della stanza è probabile che si rompa"

Ecco che inizia ad arricciare il mento come quando sta per piangere.
"Senti Bruco, scommetto che nell'armadio se cerchiamo bene c'è pure qualche macchinina nuova. Dai aiutami che dobbiamo fare due torri altissime: quella delle cose che teniamo, e quella delle cose che non teniamo".

Dopo un'ora di duro lavoro, le due torri erano quasi alte uguali.
"Guarda Bruco, queste torri son quasi più alte di te! Adesso prendiamo un sacchettone e ci mettiamo dentro tutte le cose che non teniamo"
"Ok. Le porto io in pattumiera, mamma"
"Pattumiera? Chi ha parlato di pattumiera?"
"Questa è la torre delle cose da buttare, mamma"
"Ma và, Bruco. Questi vestiti sono ancora buoni. Solo che... ehm, la metà non mi entra più, l'altra metà ce l'ho da così tanto tempo che mi ha stufato"
"E non li buttiamo?"
"No, li portiamo al baratto della zia Franci"
"Il baratto? E cos'è?"
"E' quando tu dai delle cose tue e prendi delle cose di altri. Senza soldini"
"Posso dare la mia moto rotta e prenderne una nuova?"
"No, ecco, non funziona proprio così... Questo è un baratto di vestiti. Però potremmo organizzarne uno di giochi, hai ragione. Non giochi rotti, giochi a posto".
"Allora ci devo pensare"

Quando non c'erano le monete (o quando ce n'erano poche) una delle transazioni commerciali più usate era il baratto. Che, tradotto e declinato in tempi di consumismo, è un modo per liberarsi di cose che non usiamo più ma sostanzialmente nuove, senza sentirsi in colpa e senza sprechi. E di portarsi a casa una maglietta che ci piace a costo zero.

Una delle zie del Bruco, ogni autunno organizza questo baratto di vestiti, ed è sempre un successo.
Quello che avanza, và naturalmente in dono a chi ne ha bisogno. Si ricicla, si risparmia e ci si diverte pure.

"Mamma, ci  ho pensato"
"Bene, cosa porti al baratto?"
"Il cappello blu che me lo fai sempre mettere e io non vojo"
"Uhm. Allora speriamo di trovare un altro cappello, se no come fai senza?"
"Secondo me non ci sono altri cappelli al baratto"

Chi può dirlo? Il baratto a volte riserva molte sorprese...


martedì 9 ottobre 2012

L'incredibile Lhuk

Oggi fa un mese che il Bruco frequenta la scuola materna.
Non sembra averla presa molto bene.

Ogni mattina, a casa di Orlando, ore 7.55.

"Buongiorno, Bruco! Il galletto ha cantato... dai, scendi dal letto che ci vestiamo"
"Dove andiamo oggi?"
"Amore, perchè me lo chiedi tutte le mattine? Io vado a lavoro, e tu vai a scuola"
"Noooooooooooooooooo!!!!!!! Basta con questa scuola!!!! Non mi fanno neanche andare in giardino!!!"
(per la serie "questa non è 'na vita, è 'na galera")

"Bruco mi dispiace che la scuola non ti piaccia, ma io devo lavorare"
"E il papà?"
"Il papà anche"
"Non è vero, lui gioca in partita"
"No amore, fidati. Se lui "giocasse in partita" io non dovrei andare a lavoro"

(tentativo numero 2)
"Mamma, ho male alla gamba"
"Come mai, Bruco?"
"Mi hanno picchiato a scuola"
(a stento non scoppio a ridere)
"Bruco non si dicono le bugie"

(tentativo numero 3)
"Mamma, se vado a scuola divento come l'incredibile Lhuk"
"Uhm. Questo è grave, in effetti. E come diventa l'incredibile Lhuk?"
"Tutto verde"
"Apperò. E come mai diventa verde?"
"Perchè mangia troppo veloce"
"E tu mangi troppo veloce?"
"Sì. Perchè sono un supereroe"

Care maestre, pare che per i prossimi tre anni avrete in classe un piccolo supereroe verde.
Vi farei pervenire delle istruzioni per l'uso, ma confido che sarà lui stesso a fornirle: oltre ad essere verde e a mangiare veloce, ha la lingua parecchio sciolta.


domenica 7 ottobre 2012

Tre

In matematica è un numero primo, idoneo, perfetto, triangolare.
In chimica è il numero atomico del litio.
In religione è il numero della trinità.
In casa Inter, il numero della maglia che apparteneva a Giacinto Facchetti, ritirata in suo onore.
A casa di Orlando, da oggi e per i prossimi 364 giorni, è il numero dei tuoi anni, Bruco.

Tre anni fa a quest’ora un’ostetrica mi mise in braccio un fagotto azzurrino e io dissi a tuo padre qualcosa tipo “sì, carino, però adesso riprenditelo che ho un sonno devastante”.
Ho fatto in tempo a vedere soltanto che avevi mani giganti e uno sguardo che non si schioda finchè non ha preso dall’altro quello che vuole.

Ora sei entrato in quell’era della vita in cui la gente, quando non ti vede da un po’, ti dice “Ma come sei cresciuto!”, e io invece in quella in cui mi dicono “Ma come è cresciuto, ha già tre anni!”.
Ecco. “Già” non è che renda proprio l’idea.
Son passati, e ne abbiamo sentito tutto il peso specifico, com’è giusto che sia, con le notti insonni e certi giorni d’inverno che a volte non finiscono mai.

Ora hai iniziato la scuola materna, sei capace di andare al bancone di un bar, farti elencare tutti i succhi di frutta che hanno e poi ordinare “un bicchiere di acqua naturale peppiacere”; decidi tu che musica ascoltare e quali libri vuoi leggere la sera. Sai "fare lo zombie" e racconti in giro che il papà per lavoro "gioca a palla".
Hai ancora il ciuccio in bocca e non perdi occasione per farti prendere in braccio, ma sai che ti dico? Fai bene. Perché poi a un certo punto queste cose finiscono per sempre, quindi perché non approfittarne finchè si può? Non c’è fretta di diventare grandi.

In certe cose mi somigli un sacco, tipo quando non hai voglia di parlare e a ogni domanda rispondi "niente niente niente", ma per altre vieni proprio da un pianeta lontano.
Parli in continuazione, come tuo padre, ridi spesso, piangi se arrivi ultimo, e t'inventi un sacco di cose buffe. Ancora non ti ho capito del tutto: a volte sembri fragile, altre volte impermeabile al mondo.

Una cosa è certa: prima di averti, ti immaginavo completamente diverso da come sei. 
No, non sei per niente il figlio che sognavo di avere. 
Sei meglio.

Tanti auguri, Bruco.

martedì 2 ottobre 2012

Chi dice nonna

Gli zii li avete già conosciuti. E non mi sento di aggiungere altro.
Mi sembra giusto, a questo punto, che conosciate anche colei che li ha partoriti, ovvero la nonna del Bruco.
E poichè oggi è pure la festa dei nonni, il post cade a fagiuolo.

La nonna del Bruco è una di quelle nonne contemporanee che non ne hanno neanche per le palle di spendere il loro tempo con i nipoti.
Dopo aver cresciuto tre figli da casalinga, un giorno ha deciso che doveva recuperare il tempo perduto e ha iniziato a lavorare, non si sa bene nè dove nè quando perchè lo svolgimento delle sue giornate è ammantato di mistero.
Dopo aver ripreso a lavorare si è iscritta al recupero scolastico, conseguendo la licenza di terza media nonostante tra le materie d'esame ci fosse anche l'inglese.
La nonna del Bruco cambia la disposizione della casa all'incirca ogni tre mesi, per cui quando vai a trovarla ti devi resettare ogni volta: le camere cambiano locazione, puoi trovare il bagno al posto della cucina, o un muro rosa laddove c'era una porta marrone, ma soprattutto puoi trovare nella stessa stanza cose che non c'entrano niente l'una con l'altra, tipo una piattaia da cucina dell'800 e un tavolo in finto marmo Scavolini.
Dove spariscano i mobili e chi li sposti fuori e dentro la casa non è dato sapere.
Un'altra delle sue caratteristiche è l'acquisto compulsivo di cose inutili, tipo borse enormi e pesantissime, che regolarmente finiscono stipate nell'armadio in camera del Bruco, e oggetti kitsch come orologi a cucù assemblati in chissà quale sperduta provincia cinese.
E' ossessionata dalle rane, che ricoprono in varie forme l'intero bagno, e dagli aforismi di scrittori famosi, possibilmente depressi, di cui ricopre ogni centimetro libero della casa.
Vive con due gatti persiani e un bulldog inglese, che - dice - non sono suoi, però non ha mai voluto cederli, e li odia cordialmente.
Cucina ottime lasagne vegetariane e impiega il suo tempo libero dipingendo scenografie splatter (tipo teste finte o mani mozzate) per gli esperimenti cinematografici dello zio Davide.
Se vuoi andare a pranzo da lei la porta è aperta, però devi autoinvitarti perchè lei non t'invita mai, soprattutto se sei uno dei suoi figli.

Domenica, a casa della nonna del Bruco.

"Mamma, vado a giocare a macchinine sul divano con lo zio"
"Va bene, Bruco"

Dopo circa 40 minuti, il Bruco torna con in mano una statuetta di Undertaker, un famoso wrestler degli anni '80.
"Mamma. Da grande vojo essere come lui"
"Certo, amore. Chi te l'ha dato questo mostriciattolo?"
"Lo zio Davide"
"Certo. Adesso mettilo via che la nonna sta scolando la pasta"
"Mamma?"
"Sai che a me non piace la polizia?"
"Sai che adesso uccido tuo zio? Interistaaaaaaaaaaa! Ma insomma, non vedi che lo zio Davide sta rovinando tre anni di faticosa educazione del Bruco??? Tu cosa stavi facendo nel mentre???"

L'Interista solleva la testa dal suo telefonino e mi guarda con l'occhio lucido.
"L'avevamo richiamato e avevano detto che aveva trovato un altro lavoro... Ma ha cambiato idea! Il Baffo è tra noi!".
"Bene... hai sentito cosa ti ho detto? Il Bruco dice che da grande vuole fare il wrestler!"
"L'unico problema sarà che non potremo cazziarlo se sbaglia. Come fai a cazziare uno coi baffi?"

Come dire, noi qui si passa delle domeniche emozionanti.

PS: Benvenuto Baffo, ora fai parte della family. Ti attendono tante domeniche emozionanti.



lunedì 1 ottobre 2012

Piccoli ciclisti crescono

E' difficile da credere, e da spiegare, ma quando si diventa genitori si diventa anche improvvisamente più intolleranti verso chiunque non rispetti le regole del vivere civile.
Traduzione: già crescere un bambino è uno sbattimento immondo, se poi la comunità ti mette pure i bastoni fra le ruote ecco che diventi un iena feroce e assetata di sangue.
Per l'esattezza, più che di bastoni fra le ruote, stiamo parlando di ruote sui marciapiedi: perchè sì, il milanese medio ha come priorità di vita quella di trovare un parcheggio per la sua auto, quindi spesso e volentieri, se vede un marciapiede libero, ci si fionda a sfregio dei pedoni, e del senso civico.

E lì arrivi tu, in principio mamma con carrozzina, poi mamma con passeggino, poi mamma con treenne sul triciclo, poi mamma con treenne kamikaze sul monopattino, fino a giungere alla bicicletta senza rotelle.
Il tutto declinato nelle diverse versioni: con ombrello, con capottina parapioggia fradicia, con sacchetti della spesa rotti, con sacche dell'asilo ricolme di bavaglie chiazzate di sbobba verdurosa, il tutto anche nell'opzione "in contemporanea".
E mentre tuo figlio acquista velocità sfrecciando lungo il marciapiede tu visualizzi la macchina di turno parcheggiata in front of you e maledici il genere umano.
Inizi col maledirlo in cuor tuo. E finisci, come faccio io a tutt'oggi, a urlare come una pazza sul marciapiede ingombro contro lo stronzo di turno, che ti costringe a scendere con tutto il tuo carico di roba, sacchetti, figlio, passeggino, monopattino, e chi più ne ha più ne metta.

"Brucooooooo! Ti ho detto che devi andare piano col monopattino! Non vorrai mica fare come il papà quando era giovane!"
"Cos'ha fatto il papà, mamma?"
"Si è schiantato col motorino nel retro di un autobus..."
"Ma qui non c'è un autobus, mamma"
"Però c'è una macchina, vedi? La macchina di qualche maleducato (e su questa parole alzo il tono di voce come si conviene a una sciura malmostosa e borbottante) che ancora non ha capito che i marciapiedi vanno lasciati liberi!"

Qualche giorno più tardi.

Diretti verso il parco con la bicicletta, su un marciapiede.
Una signora parcheggia una Golf proprio mentre noi stiamo arrivando.

"Aspetta, Bruco, fermati. Anzi attraversiamo, và"
Ovviamente il Bruco non aspetta.
Pedala come un forsennato fino alla Golf, e mentre la signora sta scendendo la apostrofa: "Signora, la sua macchina è proprio maleducata".
Io mi guardo intorno per cercare un'eventuale riserva a cui far impersonare la madre del Bruco al posto mio, ma la "signora" lo ignora bellamente, chiude la portiera e si allontana.

"Bruco... senti... perchè non fai come il papà quando era giovane e lanci la bicicletta a tutta velocità contro la portiera di questa macchina?"
Lo penso. Ma non lo dico. Non si può.
Perchè ai bambini bisogna insegnare le cose per come dovrebbero andare, non per come vanno.
Certo non che lo status quo aiuti granchè, in certi casi.

"Mamma perchè non ci sono le strade anche per le bici?" incalza lui.
"Eh. Bella domanda. E' che devono ancora costruirle. Però da qualche parte ci sono"
"E quelle per i monopattini?"
"Eh, adesso... Non esageriamo. Andrebbe già bene se la gente rispettasse le regole della strada normale"
"La gente è proprio maleducata, mamma"
"Hai ragione, Bruco. Però magari non andare in giro a dirlo a tutti"






martedì 25 settembre 2012

La lezione di musica

Quando hai davanti a te un lungo inverno da passare e il padre di tuo figlio prima delle 20.30 è raro che si presenti a casa (e a volte neanche si presenta), quando hai giurato che la tv non starà accesa più di mezzora di cartoni animati al giorno ma non te la senti di fare la gara di macchinine per le due ore consecutive antecedenti alla cena, cosa fai? Trovi un'attività.
Sì insomma un corso, un impegno pomeridiano, una via di fuga dalle quattro mura della home sweet home che t'imprigiona con l'infante assetato di giochi anche dopo 8 ore di asilo.
E guardacaso ci è finito tra le mani un volantino con la pubblicità di un corso di musica per bimbi 0-6 anni, proprio vicino a casa: il Bruco ama la musica, mi son detta "facciamo la lezione di prova".

Mi son detta bene, è stata una di quelle esperienze che non si dimenticano.
Immaginatevi circa una quindicina di genitori, di cui molti presenti in formazione completa madre più padre con cravatta appena uscito dall'ufficio, seduti in cerchio senza scarpe, qualcuno in preda a palese paranoia da calzino bucato.
Immaginatevi un'insegnante che la Julie Andrews di Tutti insieme appassionatamente gli fa una pippa, un misto tra la suorina bionda di Sister Act e una corista da oratorio alla prese con la versione rock di "Grazie Signore Grazie".
No ma brava. Davvero, musicalmente bravissima.
Insomma costei non parla, canta. Perchè la musica e il ritmo devono permeare l'intera ora di lezione e "i vostri figli devono essere circondati solo dalla musica".
Ha cantato per quasi un'ora improbabili canzoncine mutuate da non so quale metodo inglese, pretendendo che i genitori la seguissero nella voce e nelle movenze.
Se qualcuno avesse spiato dalla finestra avrebbe visto 15 cretini scalzi e incravattati che battevano le mani e si muovevano in tondo a passo di canguro.
Io credo di aver fatto una brutta figura, mi veniva troppo da ridere, e non sono nota nè per le mie doti canore nè per quelle di ballerina.

Poi, sul finire della lezione, dopo 40 minuti di campanellini, bastoncini e tamburi, dopo un intermezzo di Air Guitar, l'invasata cantatrice impugna un violino, spegne le luci e con voce suadente, sempre cantando, dice "è il momento della nanna".
L'atmosfera è soft, le luci basse, i bambini sdraiati con la testa sulle ginocchia dei genitori.
Lei intona una melodia vagamente folk e s'accompagna col violino.
Tutti sembrano dormire, avvolti dal magico incantesimo della musica.
Ed è lì che, a sfregio del mondo, il Bruco scatta in piedi e urla a voce spiegata "Chicchirichì!!!".

Gli altri genitori ridono, la cantatrice un po' meno, una nonnetta ingessata mi guarda con aria di rimprovero.
Morale.
La musica è precisione, mio figlio è un anarchico, ma soprattutto: che la figura di merda sia con noi.


venerdì 21 settembre 2012

Le faremo sapere

La settimana è trascorsa in un turbinio di staffette amical-parentali, col Bruco trasferito di mano in mano a tutti coloro che si sono offerti di babysitterarlo per qualche ora mentre io e l'Interista facevamo gli acrobati tra improbabili turni di lavoro e impegni di altra natura, appesantiti da incalzanti preoccupazioni.

"Interista, domani a chi lasciamo nostro figlio? Esce dall'asilo alle 11.30. Maledetto inserimento. Il Comune di Milano sta cercando di ucciderci lentamente, io lo so"
"Sono combattutto, non so chi scegliere"
"Oddio non abbiamo poi tutta questa scelta... Posso chiedere alla mamma di Viola se gli dà da mangiare e poi..."
"Non so se scegliere il Baffo o il Gobbo..."
"Scusa???!!?"

Ognuno ha le sue preoccupazioni. C'è chi si chiede dove lasciare il figlio e chi vive il dilemma di scegliere uno stagista.
Eh già. Perchè, come in tutte le redazioni che si rispettino, ci sono i cicli: stagista che vai, stagista che vieni. Ora è giunto il momento per l'Interista (che a sua volta lo fu anni orsono) di scegliere lo stagista di turno. Anzi, gli stagisti, visto che ne servono due. Trattati bene, eh. Retribuiti. E imparano pure un mestiere. E' bene dirlo perchè in Italia si sa che queste cose mica sono scontate. Io anni fa figuratevi che feci uno stage non pagato nella redazione di un reality show sul sesso. Tre mesi a chiedermi come fosse accaduto che dopo dieci anni di studio del latino mi ritrovavo circondata da falli finti fluorescenti e altre amenità. No ma mi son divertita, eh.
Ma torniamo agli aspiranti stagisti nerazzurri.
Dopo attenta selezione del Curriculum Vitae, ecco chi sono i candidati che tormentano le notti dell'Interista.

Il Baffo
Giovane, interista e disoccupato.
Formazione eterogena, esperto di pallavolo, cinefilo e dotato di importanti baffi scuri che gli danno un tocco retrò. Quando è entrato in redazione, qualcuno ha mormorato "adesso prendiamo anche i comunisti".
L'Interista l'ha amato da subito: "è ccomunista così" mi ha detto alzando il doppio pugno di Verdoniana memoria.
"Gli hai chiesto se sarebbe disposto a tagliarsi i baffi per andare in video?"
Ed è stata subito crisi.

Il Gobbo
Biondo, belloccio con naso importante, una specie di sosia di Owen Wilson.
Molto competente in materia calcistica, è juventino.
"Scusa ma com'è possibile che un gobbo voglia fare uno stage in ambiente interista?"
"Si è definito 'juventino non moggiano'"
"Quindi potresti sceglierlo? In fondo è caruccio, bravo, competente..."
"Non se ne parla"

Le femmine
"Ma stagiste femmine stavolta niente?" (nella redazione dell'Interista sono molto attenti alle quote rosa)
"Ce ne sono un paio, però..."
"Però?"
"Una sembra brava, scrive già di sport, è carina..."
"Però?"
"Essendo femmina..."
"Mi sto già incazzando, ti avverto..."
"No, è che oggettivamente non ci sono molte donne, anche calciofile, che sanno descrivere una diagonale verticale"
"Ok, faccio finta di non aver sentito. L'altra?"
"L'altra... ha lasciato trapelare simpatie milaniste"
"Oddio. Ma che hanno 'sti giovani? Cioè, dico io, non c'è più la fede calcistica di una volta"

Secondo voi chi saranno i prescelti?
Ovviamente, vi faremo sapere.



martedì 18 settembre 2012

Primo giorno

Ieri sera alle 22.13 faceva lo spavaldo saltando sul letto al grido "Vojo andare a scuola, vojo andare a scuola" (che poi tecnicamente è l'asilo ma lui lo chiama scuola e tant'è).

Stamattina alle 8.50 cristonavo per tirarlo giù dal letto come nella miglior tradizione de "la sera leoni e la mattina...".

Si è alzato trascinando le gambe e stropicciandosi gli occhi e mi ha raggiunta in cucina.

"Mamma, dove andiamo?"
"Alla nuova scuola, Bruco. Sei contento?"
"Come si chiamano le maestre?"
"Patrizia e Laura. Vuoi sapere anche i nomi dei tuoi compagni nuovi?"
"No, i compagni non m'interessano"

Mi sembra un ottimo inizio.

Arriviamo con un quarto d'ora d'anticipo davanti all'ingresso, dove una decina di bimbi urlanti aspetta di cominciare la nuova avventura.

"Guarda, Bruco, lì c'è uno dei tuoi nuovi compagni, Sasha!"
"No"
"Ok. Proviamo con Silvia, quella bimbetta laggiù?"
"Dove sono le maestre?"

Vabbè, sull'argomento compagni non è ricettivo.

Finalmente il portone si apre, entriamo diretti verso la classe verde.
Il Bruco paralizzato mi si attacca alla gamba e guarda con orrore la schiera di quattrenni e cinquenni che costituiscono il comitato di accoglienza.
Da sfasata quale sono ho dimenticato le ciabatte, le foto, l'asciugamano, la qualunque.
Tanto per far sentire mio figlio a suo agio, ecco.
E' solo il primo giorno e io non ce la sto facendo.Yuppi.

Ore 10.14: il Bruco si dirige verso la minicucina e litiga con una bimba pakistana per il possesso dei mestoli di legno.

Ore 10.20: seduto al tavolo con foglio e pennarelli, la maestra gli chiede cosa vuole disegnare e lui in un accesso di follia inizia a picchiare le punte sul tavolo emettendo versi simili a grugniti.

Ore 10.39: il Bruco deve fare la pipì, ma essendoci 4 minicessi tutti in fila e volendo provarli tutti, la fa a rate, un po' in ciascun minicesso, con pessimi risultati.

Ore 10.45: torna sorridente con un foglio tutto scarabocchiato.

Ore 10.50: la maestra Laura viene a dirmi che "Orlando fa tanto il duro ma poi si scioglie subito". (praticamente è un babbo di minchia come sua madre e l'hanno già sgamato)

Ore 11: usciamo e recuperiamo l'Interista, che nel frattempo si è aggirato per il parco con un passeggino vuoto, arrovellandosi nel dilemma dei nuovi stagisti da scegliere (ma questa è un'altra storia e ve la racconto domani perchè è troppo divertente per tacerla)

La buona notizia della giornata è che questo è l'ultimo Bruco-inserimento della nostra vita.


venerdì 14 settembre 2012

Ehi McFly

L'avevo già detto in tempi meno sospetti: frequentare i parchi pubblici (in particolare le aree gioco)
fa male all'autostima.

Al Parco, ieri, ore 17.20.

"Mamma... ma dove sono i miei amichetti?"
"Eh, Bruco... mi sa che oggi non ci sono"

Si guarda in giro sconfortato.

"E io come faccio?"
"Puoi fare nuove amicizie" (disse la madre, nota al mondo per i suoi atteggiamenti misantropi e antisociali)
"No" (disse il figlio, dimostrando la veridicità della teoria della mela e dell'albero)

E in quel mentre si palesano due bambini, un maschio e una femmina coetanei del Bruco, attratti dal di lui scintillante e nerazzurro Supertele.

"Ciao bambino!"
"Possiamo giocare?"
"No" (la cosa che mi fa impazzire di questo ragazzino è che neanche ci prova a dare una motivazione, ti dice un "no" secco, ti lancia uno sguardo alla Vincent Vega e ciao)
"Ma noi vogliamo giocare con la tua palla!"

Il Bruco non risponde, abbarbicato al Supertele.

"Ci fai giocare?" incalza il maschietto.
"..."
"Ma sa parlare? " mi chiede la femmina.
"Certo" rispondo io, chiedendomi che fine abbia fatto la logorrea del Bruco.

Lei inizia a fissarlo, insistente come solo le femmine sanno essere. Gli sventola la mano a due centimetri dal naso e gli dice: "Ehi, c'è nessuno???!!".
Il maschietto gli prende la palla di prepotenza.

A me va la saliva di traverso, mentre certe reminescenze cinematografiche mi salgono alla memoria, e comincio a presagire lacrime e sventura pomeridiana.
Lui mi guarda.
Sfodera il suo minuscolo dito indice, e mi dice: "Questo non è giusto, mamma"
"Hai ragione, amore. 'Spetta che vado là e gli dò un pugno"

Ma no, ovvio che la seconda parte non l'ho detta.
Però il Marty McFly che è in me l'ha pensata.

Dopo aver diplomaticamente recuperato la palla, dopo qualche giro di scivolo solitario, il Bruco decide che vuole tornare a casa.

"Mi sento molto solino, oggi, mamma"
"Bruco mi dispiace. Ma non sempre al parco si trova compagnia..."
"Mamma... ma la Viola non abita mica da quella parte?"
"Sì perchè?"
"Perchè non possiamo abitare a casa sua?"
"Perchè ogni famiglia ha la propria casa"
"Perchè? E' più divertente se abitiamo insieme"

I casi sono due: o sto crescendo un piccolo hippie, o io e l'Interista dobbiamo fare un corso di aggiornamento in simpatia.


martedì 11 settembre 2012

Pavè. A breakfast post

Diciamolo chiaramente: i locali baby friendly in Italia non è che siano poi molti.
Milano non fa eccezione.
Ma soprattutto è difficile trovare luoghi capaci di accogliere tutti trasversalmente, che siano bambini o studenti universitari, che abbiano l'outfit giusto (scusate, da poco ho imparato questa nuova parola molto in voga tra le fashion victims milanesi e volevo usarla a tutti i costi un po' a presa di culo) oppure calzino Birkenstock e indossino pantaloni col cavallo basso.
Diciamo che di solito il confine è piuttosto marcato: ci sono i locali in cui i bambini sono ammessi e a volte auspicati, e quelli in cui se per caso ne porti uno ti guardano schifato e iniziano a grattarsi perchè in molti hanno l'allergia, ai bambini, e sono segretamente iscritti al movimento Childfree (che per la cronaca esiste davvero, non è una mia invenzione).

E poi succede che qualche volta trovi un posto che entri, lo guardi, pensi che è troppo bello e ben frequentato e che "adesso prendo una brioche al volo e me ne esco prima che il Bruco mi faccia vergognare", e invece poi vai in bagno e ci trovi il fasciatoio. E il seggiolone.
E non ci puoi credere. E ti dici che quindi esiste un mondo in cui possiamo convivere tutti insieme nella bellezza e nella bontà, un mondo dove io madre 34enne esente da qualsivoglia crisi da outfit (scusate, c'ho preso gusto) non mi devo autoghettizzare davanti al 25enne hipster che legge NME icons sul suo MacBook. Che anzi possiamo condividere lo stesso tavolo, e che due sedie più in là c'è un pensionato che legge la Gazzetta dello Sport.


Esiste, da qualche mese, a Milano, e si chiama Pavè.

Non l'abbiamo trovato per caso passeggiando, ci siamo andati diretti perchè uno dei tre ragazzi che l'hanno creato, in tempi ormai lontani è stato uno degli stagisti dell'Interista, per l'esattezza "il più in gamba degli stagisti" dice lui (e lo dimostra il fatto che prima è emigrato in Australia e poi ha scelto un altro lavoro).

Da Pavè, mercoledì scorso, ore 10.25.

Il Bruco entra e si svacca su una delle poltrone vicine alla vetrina.

"Mamma è molto comoda questa poltrona. Posso togliermi le scarpe?"
"Ehm. Facciamo che per adesso le tieni"

Non ho neanche finito di rispondere che lui  è già andato al bancone, da solo.

"Signora vojo un succo, peppiacere"
"Come lo vuoi?" gli chiede la fanciulla al bancone.
"Di pesca. Lo vojo nel bicchiere grande"

E così abbiamo fatto colazione, con in sottofondo The Mojomatics - "You are the reason for my troubles" che era il disco Pavè della settimana (ogni settimana ce n'è uno, in rotazione dal martedì al venerdì, dalle 10 alle 11), e due piattini con una brioche liscia e una 160, che dovevano essere per me e l'Interista e invece se le è spazzolate il Bruco, perchè se c'è una cosa di cui non vi posso spiegare la meraviglia sono le brioches di questa bakery.

Andateci e mangiatene tutti.
Guardate al di là del vetro nel laboratorio artigianale a vista da cui le sfornano, dopo averle impastate con burro e lievito madre. Guardate i dolci monoporzione al bancone. Assaggiate il pane fatto da loro. Guardatevi intorno e sorridete.
Poi aprite una dispensa e prendete un libro. Ci sono anche libri per bambini, nel caso non vi andasse di leggere la Repubblica. Come fareste a casa vostra.
C'è anche il wifi gratis. La mattina in cui ci siamo andati noi la password era "buongiorno".


lunedì 10 settembre 2012

Gioco vecchio fa buon brodo

Sarà che tra settembre e dicembre si concentrano la maggioranza dei compleanni dei Brucofriends.
Sarà che anche il suo compleanno è in questo periodo.
Sarà che il suddetto periodo festaiolo culmina col Natale.
Ma insomma mi sembra una buona occasione per parlare di giochi.
Il mondo dei giochi per bambini è un business infernale fatto di pubblicità con orrende canzoncine, colori acidi, packaging estremi e invenzioni perverse come le bambole tatuate che si abbronzano al sole. E tanta, tanta plastica. E tanto, tanto spreco.

No, non voglio tirarvi una pezza infinita sui giochi di legno, e quelli di una volta che si sono estinti, e si stava meglio quando eravamo poveri e giocavamo nei cortili (anche se...).
Però, qualcosa mi sento di dirla in virtù della mia quasi triennale esperienza in materia:

1. ai bambini servono molti meno giochi di quelli che hanno
2. dopo i primi 3 giorni, il gioco nuovo che se non glielo compravi veniva giù il mondo non se lo filano più neanche di striscio
3. ai bambini importa di più con chi giocano e non con cosa giocano
4. i bambini, se non indotti dai genitori, non fanno caso se un gioco è nuovo o usato
5. alcuni giochi si possono costruire in casa con pochissima spesa (anche di tempo) e massima resa
6. il gioco del vicino è sempre più bello (e questo la dice lunga sul valore)
7. non esistono giochi da maschi e giochi da femmine (anche se l'Interista non la pensa così)

Il Bruco in materia di giochi è fortunato, perchè avendo due cuginetti più grandi ne ha ereditati un sacco, compresi vari mezzi di trasporto come monopattini, biciclette, tricicli e varie altre cose che non gli avrei mai comprato.

A casa di Orlando, ieri, ore 20.43.

"Bruco cosa vorresti per il tuo compleanno?"
"La zia mi ha detto che mi compra il trenino"
"Sei sicuro che ha detto proprio "compra"? Ma se invece un giorno andiamo da loro e scegli un gioco che i tuoi cugini non usano più?"
"Ok, mamma"
(non è perchè è un bambino bravissimo, è solo che non conosce l'esistenza di posti come il Toys)
"Però Babbo Natale poi me lo porta lo stesso il biliardino?"
"Certo! Te lo porta in cambio del ciuccio"
"E lo va a prendere a casa dei miei cugini?"
"No amore"
"E dove lo prende?"
"Lo costruisce lui"
"Ma lo sa che io lo vojo grande però?"
"Vai tranquillo che lo sa. Però per far spazio al biliardino dobbiamo eliminare un po' di giochi vecchi"
"E dove li mettiamo?"
"Li regaliamo ai bambini del tuo ex-asilo?"

Nicchia. Alla fine è sempre un bambino e cedere i propri giochi è una cosa difficile da fare.

"Però Teddy lo tieno. E  anche le mie moto piccole"
"Ma certo, Bruco. Scegli tu cosa vuoi tenere e cosa no"

E anche per questo compleanno dovremmo essercela cavata. Per l'operazione biliardino ci penseremo tra un po'.

PS: Ieri siamo stati al compleanno di un'amichetta.
Per la prima volta mi sono scoperta felice di aver avuto un figlio maschio: non credo che potrei vivere sotto lo stesso tetto con una Sbrodolina.
(poi vivo con una porta da calcio in salotto, ma questa è un'altra storia)

martedì 4 settembre 2012

Top five (dei Brucolibri)

E alla soglia dei tre anni, è arrivato anche il momento delle classifiche: non avendo ancora vissuto abbastanza da poter elaborare la top five delle "cinque più memorabili fregature di tutti i tempi" come il protagonista di Alta Fedeltà, il Bruco ha tuttavia deciso di fare la classifica dei suoi cinque libri preferiti, ovvero quelli che negli ultimi due anni ho dovuto leggere ad alta voce qualcosa come un trilione di volte, tanto che li so a memoria e spesso, quando li vedo sugli scaffali delle librerie, m'insorgono istantaneamente tic di vario genere.
Quelli di voi che hanno figli possono prendere spunto per i loro pargoli, tutti gli altri sono autorizzati a pensare a quanto è bello poter leggere solo quello che scegli tu, quando lo vuoi tu, e nel silenzio della tua testina.
Anche se, devo dirvelo, fare le voci strane e profondersi in versi sconvenienti con la scusa che stai intrattenendo tuo figlio, non ha prezzo.

Ecco la top five libresca del Bruco, o come dice lui "i miei preferiti libri" (nonostante legga molto questa cosa della sintassi non l'ha ancora metabolizzata).

1. Papà, non riesco a dormire!
E' la storia di un panda che ha deciso di rompere i coglioni a suo padre il quale, a pagina 2, è stato obbligato dalla madre a stirare mentre lei guarda la partita (sì lo so, sembra folle ma è tutto vero).
Il piccolo panda chiama suo padre ventimila volte creandogli un esaurimento nervoso, dopo aver contato le pecore, ma anche le mucche, i maiali, i rinoceronti e tutti gli animali del creato.
Finisce che il padre entra in camera del figlio e vede una riunione planetaria di bestie impazzite che reclamano un bicchiere di latte.

Consigliato per: far sapere ai vostri figli insonni che non sono gli unici scassamaroni dell'universo mondo.

Papà, non riesco a dormire!
Michael Foreman (Il battellino a vapore - Piemme, 2002)

2. Urlo di mamma
Storia di una madre esaurita che sclera col figlio e urla come una pazza (cioè la storia di mia madre): il figlio - per la cronaca stiamo parlando di una famiglia di pinguini - si scompone in mille pezzi per la fifa, poi alla fine la madre li raccatta tutti e li ricuce insieme. Onestamente, ogni volta che la leggo un po' mi commuovo perchè vi sfido a trovare una madre che non ha mai urlato contro il figlio, e un figlio che non si è mai sentito malissimo perchè sua madre gli ha urlato dietro.

Consigliato per: far sapere ai vostri figli che le madri sclerano e urlano ma che, no, non c'è bisogno di chiamare il telefono azzurro perchè poi si ripigliano e (quelle in gamba) hanno il coraggio e di chiederti scusa.

Urlo di mamma
Jutta Bauer (Salani Editore, 2002)

3. Posso guardare nel tuo pannolino?
Insopportabile vicenda di un topo ficcanaso che rompe l'anima a mezza arca di Noè per vedere cosa c'è nel loro pannolino, per poi farsi figo che lui ha imparato a non cacarci più dentro.
Variazione sul tema "forma e colori della cacca per bimbi in fase di spannolinamento" parzialmente mutuata dalla famosa talpa del Chi me l'ha fatta in testa?. Del resto i bambini, si sa, a un certo punto della loro vita si sublimano pronunciando la parola "cacca". In attesa di chiamarla "merda" come tutto il resto del mondo.

Consigliato per: far sapere ai vostri figli che ognuno caga a modo suo ma che, di base, tutti cagano. E quindi sarebbe bene che pure loro imparassero.

Posso guardare nel tuo pannolino?
Guido Van Genechten (Clavis, 2009)

4. Il fatto è
Storia di una paperetta a cui tutti vorrebbero dire quando fare il bagno, ma che se ne strafrega del resto del mondo e lo percula pure facendo il bagno quando e come lo dice lei.
Premio Nati per Leggere 2011 come miglior libro per bambini dai 6 ai 36 mesi, illustrazioni splendide, è il Brucolibro preferito dall'Interista, che notoriamente è propenso a sposare le cause di chi resiste alle opinioni idiote della massa.

Consigliato per: far sapere ai vostri figli che, sotto sotto, quando disobbediscono ai vostri ordini, siete dalla loro parte. Perchè anche i bambini sono persone, e in quanto tali, dotati di volontà e di autodeterminazione. Tiè.

Il fatto è
Gek Tessaro (Lapis, 2011)

5. Il pinguino verde
"Questa è la storia bella ma strana/di un pinguino che voleva esser rana": filastrocca in rima e bellissimi collages per spiegare che ciascuno ha il diritto di provare a diventare ciò che vuole (a proposito di quello che si diceva nell'ultimo post), ma che è meglio farlo senza snaturarsi troppo.
E, non ultimo, è anche un libro sul potere della lettura di creare sogni.

Consigliato per: far sapere ai vostri figli che, prima o poi, potranno scegliersi l'abito che preferiscono.

Il pinguino verde
Valentina Muzzi (Sinnos edizioni, 2011)

Buona lettura...

venerdì 31 agosto 2012

L'importanza di chiamarsi Bruco

Da qualche tempo il Bruco sembra essere particolarmente ossessionato dal tema della metamorfosi: ogni occasione è buona per usare il verbo "diventare".
Ovvio, direte voi: sta diventando grande. Fosse solo il diventare della crescita potrei capirlo.
Ma il fatto è che il suo concetto di diventare sembra essere un po' troppo... come dire, ovidiano?

A casa di Orlando (summer edition), un mattino prima del rientro.

"Mamma, ma cosa fai?"
"Niente, amore, mi sistemo le sopracciglia"
"Ma ti fai male!"
"Ma no tranquillo, è una cosa che fanno le femmine"
"Quando divento femmina devo farlo anch'io?"

A casa di Orlando, l'altro ieri.

Stiamo leggendo un libro su due volpi che si nascondono nelle tane.
"Hai visto? Quando nevica, la volpe Fulvo và giù nella tana sotto l'albero..."
"Sì. Mamma, devo chiederti una cosa"
"Dimmi"
"Quando divento una volpe anche io posso andare nelle tane?"
A casa di Orlando, ieri sera.

"Brucooooo! Vieni a tavola!"
"No, devo ballare!"
(Apro una piccola parentesi: il Bruco è monomaniacale, quindi fa una cosa sola a periodo.
Vi ricordate quando ascoltava solo Chet Baker? Ecco, adesso ascolta solo Aretha Franklin. E balla come un'orso impazzito).
"Balli dopo cena, tanto Aretha resta lì, non ti preoccupare"
"Mamma quando divento Aretha posso ballare e basta?"
"Come ballare e basta?"
"Senza sedermi a tavola"
"Ah, certo. Quando diventi Aretha puoi fare quello che vuoi, Bruco. Te lo prometto"


Insomma, mi son detta sulle prime, mio figlio non ha capito che, tendenzialmente, si resta quello che si è nati.
Ma poi, pensandoci, forse ha ragione lui: (a parte che da quando è nato lo chiamo Bruco, e si sa che i bruchi sono l'emblema della trasformazione) pensare di poter diventare qualunque cosa si desideri, che sia un'animale o una cantante soul, esprimere questo desiderio all'indicativo come se fosse una certezza, è proprio una cosa da spiriti puri quali sono i bambini.
Senza che nessuno ce l'abbia indirizzato, è sulla strada giusta: il mutamento è l'essenza dell'esistere, della scienza e anche dell'arte.
Prendo esempio, e cerco di ricordarmi cosa volevo diventare io da bambina. Voi ve lo ricordate?

In mancanza di ricordi, vi lascio con un'ispirazione a tema per il futuro.

Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo.
(Mahatma Gandhi)

lunedì 27 agosto 2012

Post-Vacanza

Siamo tornati. E' stata dura ma ce l'abbiamo fatta.
A superare un agosto torrido e faticosissimo - perchè chiunque abbia dei figli sa che le vacanze sono il momento più faticoso dell'anno, quello in cui non respiri neanche due minuti, quello in cui guardi la popolazione childfree sdraiata a leggere un libro vista mare e tu sospiri perchè attaccata alla tua gamba c'è un cozza parlante che vuole fare il castello di sabbia/il bagno/la partita a biliardino/la corsa fino al bagnasciuga e altre rilassanti attività estive.
E lo dico col massimo rispetto verso le madri che hanno due figli o anche tre, chè alla fine io ho solo il Bruco. Solo, si fa per dire.
Per inaugurare il nuovo anno lavorativo vi faccio qui di seguito un breve sunto dei momenti salienti della nostra trasferta toscana, così da farvi partecipare e anche rivalutare le vostre ferie nel caso non fossero andate proprio come avreste voluto.

Giorno 11.
Pranzo sotto l'ombrellone.
"Bruco vuoi la frutta?"
"Sì, la banana"
"Eccola"
"Noooooooo!!! Non la vojo così!!! Buttala viaaaaaaa!"
(nella sua terza estate il Bruco si è specializzato in scenate isteriche)
"Oddio, ma cos'ha che non va questa banana?"
"La vojo nuda!"
La vuole nuda. Come diceva la Sora Lella, 'nnamo bbene.

Giorno 13.
"Mamma perchè abbiamo cambiato casa?"
"Non abbiamo cambiato casa, questa è la casa del mare"
"Non mi piace. Vojo tornare a Milano"
Per la serie "Piccoli milanesi crescono".

Giorno 14.
Il Bruco è riuscito a strapparsi i braccioli. Non di dosso, no, ha proprio squarciato la plastica.
Pertanto ha ricevuto in eredità i braccioli della sua cuginetta.
In mare.
"Ciao, giochiamo insieme?" chiede al Bruco una fanciullina un po' cicciotta e coi capelli ricci.
"No" risponde lui girandosi dall'altra parte.
"Perchè non vuole giocare con me?" mi dice la bambina.
"Mi dispiace, lui è un po' timido" lo giustifico io.
"Ah ma è un maschio?" chiede lei con occhi sgranati
"Sì..."
"E perchè ha i braccioli di Hello Kitty?"
Non c'è niente da fare. Viviamo in un mondo in cui l'identità sessuale è definita da colori e simboli.
Se sei targato Hello Kitty sei per forza una femmina, se hai il cappellino di Spiderman sei per forza un maschio. Ho provato a spiegarlo alla piccola, ma è fuggita via chiamando la mamma.

Giorno 16.
Nel mezzo di un pranzo sotto l'ombrellone, tra un chicco di farro e un pomodorino.
"Forza Juve"
"Scusa, Bruco???"
(all'Interista è andato di traverso quello che aveva in bocca, ha iniziato a non respirare e poi a dire cose che di solito non si dicono a un bambino)
"Calmati Interista, è solo il biliardino. Sai, non esistono solo bambini interisti al mondo"
Nonostante il suo impegno, nonostante abbia continuato a blaterare cose tipo "mio figlio non deve frequentare le merde bianconere", il Bruco ogni tanto dice "Forza Juve".
Ma solo perchè credo che lo diverta la reazione del papà e sentire tante parolacce in una volta sola.

Giorno 18.
"Bruco, stasera la mamma và al cinema con lo zio Balo a vedere un film muto"
"E io?"
"E tu vai al parco col papà e col tuo amichetto Victor"
"Però quando io divento grande e tu piccola posso andare in giro anch'io?"
"Non credo che diventerò piccola, però sì, quando diventi grande puoi andare in giro anche tu"
"Con la moto?"
"Non t'allargare, Bruco".
Neanche tre anni, e mi fa queste richieste. No ma sono tranquilla, eh. Non ho già il patema, no.

Giorno 19.
In attesa di tornare dal mare, stazioniamo all'ombra sotto il programma del cinema estivo all'aperto.
Arriva l'addetto e cambia locandina: domani danno The Avengers.
"Mamma! Guarda!" dice il Bruco indicando Thor "ma quello è il papà!"
Bruco. Tuo padre è anche un bel ragazzo, ed è pure biondiccio. Però no, fidati che non è lui.
(Anche se effettivamente, per lavorare dove lavora, un po' supereroi bisogna essere).

Giorno 22.
E' l'ultima sera di vacanza. Mangiamo la pizza in compagnia in un ristorante del paese.
E' gremito di gente, clima rilassato, tutti che parlottano e sembrano contenti in questa sera d'agosto che volge al termine. Il Bruco ha voluto ordinare da solo. Ha chiesto "una pizza molle".
Il cameriere mi ha guardata basito.
"Non si preoccupi" dico io "è solo che non gli piace la crosta".
Dopo aver mangiato la sua pizza molle, è sceso dalla sedia, si è diretto verso di me tutto serio, e in uno spazio di tempo brevissimo mi ha infilato la mano sotto la maglietta gridando "tetta!!!".
Il brusio di fondo si è bloccato d'improvviso, la folla di teste si è girata verso il nostro tavolo e io non ho potuto far altro che augurare a tutti buon appetito.

Ora sono a lavoro. Nessuno mi ha chiamato mamma nelle ultime 3 ore tirandomi per i pantaloni. Nessuno mi ha chiesto banane nude, nessuno ha detto "forza juve" e nessuno mi ha infilato mani nella tetta. E insomma, un pochino mi sembra di essere in vacanza.