domenica 29 aprile 2012

Essere madre ai tempi dell'Happy Hour

Premetto che non sono mai stata una tipa mondana.
Premetto che sono una da osteria e non da happy hour.
Perchè poi la gran parte degli happy hour milanesi sono orrendi, un inferno di patatine, quadratini di focaccia bisunta e pizza riscaldata, paste fredde, cous cous ad minchiam, cetriolini ossidati e salumi di pessima qualità. Il tutto con l'illusione del risparmio, il tutto annaffiato da alcol scadente.
Io, la sera, preferisco un bel piatto di risotto, due spaghetti al pomodoro, o una pasta e fagioli, purchè sia stata cucinata da un essere umano senziente non più di mezzora prima, e ci sia una sedia sotto il mio culo e un altro essere umano all'altro capo del tavolo.
Però.
A volte anche una madre ha una vita sociale.
A volte devi lasciare tuo figlio alla zia e andare a fare l'Happy Hour.
Ieri era una di quelle volte.

"Bruco, adesso la mamma ti porta dalla zia e mangi coi cuginetti ok?"
"Anche tu vieni dalla zia?"
"Ti accompagno"
"E poi dove vai?"
"Devo andare a fare l'aperitivo. Un paio d'ore e torno". (notare il devo, come se fosse una punizione divina)
"Cos'è l'apelitivo?"
"Una cosa che si fa prima di cena ma poi alla fine dopo non si cena".

L'occasione era una rimpatriata tra colleghe di "press trip" (no, non ho un passato da tossica, ero solo una freelance in viaggio di lavoro a Santo Domingo in lontane ere pre-Bruco... vi viene da piangere al solo pensiero? anche a me, nostalgia canaglia). Quello che abbiamo fatto non è stato un happy hour vero  e proprio, cioè, lo è stato nella forma ma non nei contenuti: vino buonissimo, finger food tipo "sgombro scottato con granita di chartreuse e crema di formaggio al cetriolo"... robe che solo mentre le dici già sbavi in maniera invereconda.
Però il concetto è che ho bevuto tantissimo e mangiato, in proporzione, pochissimo.
E a un certo punto ho guardato l'ora ed era tardissimo, due metro da prendere, il ragazzino da ritirare, la bollicina malvagia che picchiava in testa.
Così mi son messa a correre in via Meravigli e vai col primo tonfo di fronte al Teatro Litta.
Il secondo a Cadorna dove mi si sono intrecciati i piedi e ho perso l'equilibrio sotto l'ago e filo.

"Pronto zia? Scusa ho fatto tardi per motivi indipendenti dalla mia volontà"
(mi hanno legata alla sedia e costretta a mangiare gamberi siciliani scottati con pennellate di rapa tramite imbuto... mi si sta allungando il naso? oddio lo vedi anche se siamo al telefono?)

Alle ore 23 mi recapitano a casa il ragazzino che sembra non dare alcun segno di stanchezza.

"Bruco adesso facciamo una bella nanna..."
"No. Io non ho sonno mamma".
"Amore. Sono le undici. La mamma ha fatto l'happy hour. La mamma sta per collassare. La mamma si autoaddormenterà entro sessanta secondi. Buonanotte".

Mi ha chiamata 5 volte. La prima per la coperta. La seconda perchè c'era un capello nel ciuccio. La terza perchè la pecora da nanna Pepi aveva caldo. La quarta perchè non aveva sonno. La quinta per chiedermi cos'era l'Eppiaua.
Si è addormentato a mezzanotte meno venti.

Questo, Bruco. L'Eppiaua è quando la mamma torna a casa e vorrebbe che qualcuno la mettesse nel lettino con un pupazzo e le cantasse la ninna nanna. E invece deve farlo lei, metterti nel lettino e cantarti la ninna nanna. Con tutte quelle... tutte quelle bollicine...

venerdì 27 aprile 2012

Destro e sinistro

Avere un padre che vede ogni cosa come la metafora di una competizione sportiva ha i suoi vantaggi.
Tipo aver già saldi, a due anni e mezzo, i concetti di destra e di sinistra.
Pardon, di destrO e di sinistrO.

A casa di Orlando, qualche sera fa.

"Dai, dai, Bruco, tira di sinistro, tira di sinis... no, di sinistro!!! l'altro piede!"
L'Interista mi guarda sconsolato.
"Niente, è destro"
"E allora? Il 90% della popolazione mondiale è destra!" ribatto io.
"Vieni Bruco, ti fa vedere la mamma come si tira..."
"No! Tu vai di là che sei una disadattata sportiva e lo rovini"
"Bruco tappati le orecchie che devo fanculizzare tuo padre"

A casa di Orlando, un paio di sere dopo.

"Mammaaaaaaaaaaa! Spostati! Devo fale gol nella poltiela!"
"Oddio, aiutoooooo!" (una pallonata mi colpisce raso-testa)
"Non ci siamo capiti: la palla la tieni bassa, e poi portiera non vuol dire niente. Tu hai confuso il portiere, che para i goal, e la porta, che è dove si tira"
"No, vojo tilale nella poltiela vuota!"
(Poi sono io la disadattata sportiva)

A casa di Orlando, l'altro ieri sera.

"Mamma gualda. Mi lavo i denti di destlo"
"Si dice 'mi lavo i denti con la mano destra'"
...
"Mamma gualda! Mi tolgo la calza di destlo, e tu mi togli quella di sinistlo"
"No, Bruco, allora: mi fa piacere che tu abbia imparato la differenza tra le due cose, ma si dice destrA e sinistrA, ok? Questa è la gamba destra e questa è la sinistra"
"Pecchè ho le gambe femmine?"
"No, è solo la declinaz... non importa non importa. Amore non glielo dire al papà che hai le gambe femmine ok? Promesso?"

A casa di Orlando, ieri sera.

"Dai Bruco, tira!"
"Tilo nella poltiela!!!!"
"Bravo! E' destro, però sa tirare anche di sinistro. Guarda che non è scontato saper tirare di sinistro" mi dice l'Interista tutto ringalluzzito.

Chissà se riusciremo mai a fare una media tra la sua ossessione per il calcio e la mia ossessione per la lingua. Soprattutto, chissà quante settimane di vita ha ancora la credenza a vetri che sta in sala.

martedì 24 aprile 2012

Il brutto anatroccolo

Fin dalla culla il Bruco è stato "invogliato" alla lettura, tanto che il rito pre-nanna serale prevede la lettura a voce alta, in media, di 4-5 libri. (Sull'importanza e sulla follia di questa cosa tornerò più avanti in un post dedicato).
Ovviamente, avendo lui 2 anni e mezzo, i libri li leggo io, e certe sere la voglia è pari a zero, anche perchè il ragazzino è compulsivo e magari ti fa leggere lo stesso libro 4 volte di fila per un mese consecutivo.

Ora siamo nella fase delle letture a tema pannolino/vasino/cacca/pipì.

A casa di Orlando, ore 21.15.

"Bruco, perchè non scegliamo un libro diverso stasera? Ti va di leggere il brutto anatroccolo?"
"No"
"Perchè no, amore?"
"Il blutto anatloccolo non mi intelessa"

Doppio colpo al cuore.

Primo, il fatto che lui già possieda il concetto di interesse mi sconvolge.
Vivo nel terrore che un giorno mi dica "leggere non mi interessa, mi interessa la partita. Posso andare di là con papà?". Capitemi, son 31 mesi che faticosamente coltivo in lui l'amore per i libri.
(il che non significa che i libri siano meglio o escludano le partite, per carità, Interista stai sereno mentre leggi già ti vedo che protesti davanti al pc è solo che io ovviamente tiro l'acqua al mio mulino)

Secondo, il brutto anatroccolo non gli interessa.
Cioè, il brutto anatroccolo.
La mia favola preferita, la storia della mia vita, la parabola del riscatto di tutti quelli che, come me, da piccoli erano reietti e sfigati e forse un po' lo sono ancora ma adesso hanno qualche arma in più per combattere.
Quelli che per anni a scuola son stati presi per il culo perchè magari la loro madre li mandava a scuola con la pettinatura della principessa Leila e la gonna scozzese con la spilla da balia, mentre andavano di moda le gonne a palloncino e i jeans (ogni riferimento a fatti o persone è puramente intenzionale).

Poi lo guardo, e realizzo.
Lui non è un brutto anatroccolo. Lui è della schiera degli anatroccoli fighi, quelli morbidi con le piume gialline, quelli che guardano lo sfigus di turno e lo prendono in giro.
Lui è bello, e simpatico. Pure un po' paraculo.
Per questo non gli interessa la storia del brutto anatroccolo. Non ci si immedesima.

Come farò a fargli capire che i brutti anatroccoli non si prendono in giro? E che anche se si parte avvantaggiati bisogna tenere la guardia alta perchè niente è dato per scontato? Che i brutti anatroccoli poi diventano cigni e finisci con l'invidiarli un po'? E che lui è stato generato da un brutto anatroccolo, anche se non si vede, e quindi deve portare rispetto per la categoria?

"Mamma"
"Dimmi Bruco"
"Vojo leggele la stolia di Topotto che fa la cacca nel vasino"

Caro Andersen, mi spiace. Per adesso ci dedichiamo a letture più scatologiche.
Tu resta lì buono nel cassetto, che io appena si apre uno spiraglio ti ripropongo.

Non importa che sia nato in un recinto d'anatre: l'importante è essere uscito da un uovo di cigno. (H.C. Andersen)

lunedì 23 aprile 2012

(Quasi) ogni cosa è illuminata

Se c'è una cosa che ai bambini piace più di aprire il rubinetto e allagare il bagno, è spegnere e accendere gli interruttori della luce. Anzi quello è forse il primo e più immediato mezzo con cui imparano il principio di azione-reazione, nonchè l'idea che anche loro hanno un "potere" sull'ambiente circostante.

Ecco, il Bruco sta attraversando una fase in cui, come dire "ogni cosa è illuminata".

Entra in casa e accende la luce.

"Bruco ma son le 5 di pomeriggio, cosa accendi la luce?"
"Pecchè è buio"
"Ma no, son solo basse le tapparelle, adesso le tiriamo su e vedrai che la luce artificiale non serve"

Si sveglia al mattino e accende la luce.

"Ma no Bruco! Che brutto accendere la luce di mattina! Guarda che c'è il sole fuori"
"Non è velo, mamma, piove" (ammazza quant'è fiscale 'sto ragazzino)
"Vabbè due gocce... era per dire che c'è luce fuori. Senti amore. L'energia è preziosa, e costa cara. Bisogna risparmiarla, primo perchè il conto in banca della mamma e del papà è parecchio povero; secondo perchè più energia sprechiamo noi, e meno ce n'è per qualcun'altro, nel mondo"

Tre giorni dopo, a casa di Orlando, ore 21.04.

"Brucoooooooooo? Bruco dove sei?"
"In camela mia, mamma"
"Amore è ora di lavarsi i denti! Ma cosa ci fai in camera tua al buio?
"Lispalmio la luce pe i canguli"
"Ma adesso è buio, la puoi usare la luce! Poi che c'entrano i canguri?"
"Pecchè povelini senza luce vanno a sbattele. I canguli vanno veloci di blutto, lo sai, mamma?"

No, in effetti no. Ci sono cose che ancora non so.
Tipo che i bambini piccoli, quando gli dici qualcosa, la prendono sul serio.
E che sarebbe il caso di approfittarne tutti per crescere una generazione decente.

Ps: Il titolo del post è dedicato alla giornata mondiale del libro, che è oggi 23 aprile.

giovedì 19 aprile 2012

Cantala ancora, Bruco

Ore 17.31, asilo nido di Orlando, una settimana fa.

"Signora oggi è stato un incubo: io e le altre maestre non ne potevamo più..."
"Oddio cos'ha fatto? Di solito è un bambino pacifico... Ha picchiato qualcuno? Ha lanciato il cibo fuori dal piatto? Chiamava ossessivamente una certa Gina?"
"No no... continuava a cantare Sono un italiano di Toto Cutugno. L'avrà cantata cento volte, non riuscivamo a farlo smettere"

Il fatto è che, a dispetto delle serali e continuative lezioni sul calcio di suo padre (che pure danno ottimi risultati: il Bruco ha imparato i concetti di destra e sinistra), il ragazzino sembra molto portato per la musica.
Il fatto è che basta cantargli una canzone un paio di volte e lui la memorizza in maniera impressionante.
Il fatto è che lo zio Davide, quando il Bruco era ancora in culla, gli regalò una chitarra, e che una volta, per sbaglio, io intonai con la suddetta chitarra "lasciatemi cantare con la chitarra in mano" (vabbè dai, uno a volte fa le cose senza pensarci).
Il fatto è che il Bruco riconosce al primo ascolto Chet Baker e Edith Piaf, alla domanda su chi è il chitarrista più bravo del mondo risponde Jimi Hendrix, epperò per qualche oscura ragione ha deciso di esportare nel mondo dell'infanzia milanese il verbo di Toto Cutugno.

"Perchè poi sa" mi confida la giovane educatrice "a me Toto Cutugno non piace proprio".
Guardi, io invece non mi perdo un concerto. (Ma che ca**o!!???!!!???)

Ore 16.55, asilo nido di Orlando, ieri.

"Buonasera, tutto bene oggi? Il Bruco è stato bravo?"
"Sì sì, a parte che ha ricominciato con le canzoni..." risponde un'educatrice (non la stessa della volta prima)
"Sì, Toto Cutugno, me l'hanno già detto..." (ariecco, mi tocca ri-spiegare, ri-giustificarmi...)
"Veramente oggi cantava a ripetizione Bella Ciao. Che poi è una canzone pure triste, non tanto adatta a un bambino"

No, guardi. Io su Toto Cutugno vi dò tutta la ragione del mondo. Ma Bella Ciao è Bella Ciao, e la pedagogia moderna può andare a farsi fottere.
Che poi è quasi il 25 aprile e il ragazzino è pure in tema.

Cantala ancora, Bruco.



lunedì 16 aprile 2012

Come farsi mettere in imbarazzo dal proprio figlio e ostentare noncuranza

Prima o poi succede a tutti i genitori: il bambino, si sa, non possiede i freni inibitori nè il filtro dell'ipocrisia... ehm, delle convenzioni sociali. Quindi, di base, dice tutto quello che gli passa per la testa o ripete tutto quello che ha sentito dire da altri.
E che ve lo dico a fare? Il Bruco è un sommo maestro nell'arte del mettere in imbarazzo i suoi genitori, soprattutto perchè da quando ha iniziato a parlare, non ha più smesso, mostrando come anche la logorrea sia un tratto genetico ereditario (nel nostro caso paterno).

Ora, dal punto di vista dell'imbarazzo, lo scorso sabato ci ha regalato più d'una emozione.

Ore 10.17, destinazione piscina.

Il Bruco tutti i sabati va in piscina. O meglio, viene immerso a forza nelle fresche acque comunali mentre, abbarbicato come una cozza a sua madre, urla in crescendo "ho paula dell'acquaaaaaaaaaa!!!!".
E' un cazzaro: dopo 30 secondi manco lo vedi più e se la nuota sereno coi suoi bracciolini gentilmente offerti da MilanoSport.
L'ultimo sabato eravamo in ritardo. Grande ritardo (la piscina dista 50 metri da casa di Orlando, ndr).
Avete presente una poveraccia in ciabatte con due borse della piscina che sotto la pioggia corre e fa lo slalom col figlio sul passeggino ultraleggero? Quello.
A un certo punto un'auto ci taglia la strada e inchioda.
Incainita, urlo alla tizia al volante: "Ma sei cogliona???!!!" (lo so, lo so, ma era una situazione particolare).
La tizia abbassa il finestrino per replicare, quando la vocina flautata e ingenua del Bruco ripete "Ma sei cojona?".
Mi sono molto vergognata, ma ha funzionato: la tizia deve aver pensato che sto creando un mostro, ha tirato su il finestrino e ha rimesso in moto.

Appunti per il futuro: mai inveire davanti a tuo figlio, anche se hai rischiato la morte.

Ore 17.40, SpazioTeatro 89.

Vi sarà sembrato che lo stiamo crescendo nell'ignoranza e nella cafonaggine, ma non è così.
Il Bruco viene regolarmente traghettato a mostre, presentazioni di libri o altri appuntamenti (presunti) culturali. Sabato c'era Milano Calibro Noir, dove un caro amico nonchè zio putativo del Bruco presentava il suo ultimo giallo, Lapidi d'asfalto.

Entrando nell'auditorium silenzioso dove l'autore sta arringando la folla, il Bruco irrompe gridando a pieni polmoni "Ciao zio Chicco!".

Zero percezione dell'evento, zero percezione della situazione, zero senso del pudore: quel tizio sul palco lo conosco e lo saluto, che mi frega del contesto? Ci può stare. Però aspetta che ti sollevo di peso e ti porto fuori che il family friendly in questi casi è un concetto tutto da verificare.

Appunti per il futuro: entrare in un auditorium con tuo figlio solo dopo avergli messo preventivamente in bocca un gelato o cose che inibiscano l'atto del parlare.

Ore 20.44, Osteria La Pignatta, Binasco.

Eravamo destinati a un sabato sera casalingo con visione partita in home theatre (l'ultima trovata dell'Interista "che se no non si sente bene il vociare degli spalti"), poi il campionato è stato sospeso per la triste vicenda che tutti sappiamo.
Serata libera, che si fa? Si va in osteria, stavolta col Bruco al seguito.
Sala colma di avventori con le mani unte e le bocche piene, il Bruco corre a sedersi sul pavimento nel mezzo della stanza ed esclama a gran voce, paonazzo: "Mamma! Cacca dura!".
Il silenzio cala sul ristorante, l'Interista mi guarda con aria di disapprovazione, a me, sinceramente, viene un sacco da ridere. (quando scappa, scappa. In tutti i sensi)
"Scusi ci porta il conto?"
"Subito"

Ma non è finita. Il Bruco si alza, si avvicina a un tavolo di clienti (spagnoli), tocca il gomito a uno e gli chiede "Scusi dov'è il bagno?".

Come diceva Jean-Jacques Rousseau, "chi arrossisce è già colpevole, la vera innocenza non ha vergogna di nulla".

Appunti per il futuro (già messi in pratica dall'Interista): chiedere frequenti turni lavorativi al sabato.



venerdì 13 aprile 2012

Sogni d'oro, Tacchina

Come ho già raccontato qualche mese fa, il Bruco non è proprio uno di quei bambini che bramano andare a nanna. Anzi di solito la parola "nanna" scatena in lui le stesse reazioni che ha un posseduto appena sente le prime due righe del Padre Nostro. Ovvero inizia a contorcersi e cammina in verticale sui muri per sfuggire alla mia (sempre più fallibile) presa.
Fosse per lui starebbe sempre sveglio, e so che ce n'è parecchi di bimbi così, in giro.
Da aspirante madre zen mi sono sempre rifiutata di "lasciarlo piangere" nel suo lettino e sinceramente non me ne pento. Il ragazzino ora dorme, solo che... come dire, bisogna convincerlo.

A casa di Orlando, ore 21.45.

"Copeltaaaaaaaaaaaaaaa!"
"Questo non dorme più stasera" dico scorata all'Interista che alza un sopracciglio di compassione senza rispondere.
"Capito? Bisogna andare a rimettergli la coperta per la ventesima volta!"
Niente, il lobo frontale non risponde... ah ma certo, ha le pupille verdi che riflettono un campo da calcio non identificato, figurati.

Vado di là. Il Bruco ha testa al posto dei piedi e ha impiccato la sua pecora da notte Pepita alla sbarra ovest del lettino.

"Ma sei matto? Cos'è questo casino? Guarda che è notte, adesso bisogna fare la nanna!"
"Pecchè?"
"Come perchè? Perchè di notte si dorme, così va il mondo"
"Ma pecchè?"
"Perchè è ora di dormire!"
"Che ola è?"
"Come che ora è? Non importa che ora è, è buio, la giornata è finita e si dorme!"
"E tu cosa fai?"
"Adesso vado a nanna anch'io" (tragicamente vicino alla verità)
"Buonanotte Bruco"

(dopo 5 minuti)
"Tacchinaaaaaaaaaaaa! Tacchinaaaaa!"
"Cosa sta dicendo?" chiedo all'Interista in pausa pubblicità
"Tacchina"
"Come tacchina? A chi? A me?"
"Io al massimo posso fare il tacchino"
"Sì, ti ci vedo"

Vado di là.

"Cosa c'è ancora amore? Vuoi dirmi qualcosa?"
"Sì. Sogni d'olo, tacchina"

Dopo Gina e Mimma, adesso mi chiama Tacchina.
Finchè non scavalca e si accorge che in sala c'è della Night Life (scarsa ma c'è), posso accettare anche gli insulti. Ma quel giorno sta arrivando. Lo so che sta arrivando.

martedì 10 aprile 2012

Avere il pollicino verde

Casa di Orlando è virtualmente rigogliosa come la foresta amazzonica e ricca di piante di varie specie. Dico virtualmente perchè vivendo in città, e in appartamento, abbiamo 2 balconi striminziti e più di tanto non è che si possa fare.
Ma non è un buon motivo per rinunciare del tutto ad avere qualche pianta, soprattutto perchè il Bruco, come tutti i bambini, ne è molto attratto, e adora dargli l'acqua e sporcarsi le mani con la terra.
Con l'aiuto di Zighi, un amico giardiniere (e manco a dirlo interista pazzo), abbiamo creato un paio di piccole aree verdi su entrambi i balconi.
Da una parte ci sono palme nane, il pitosforo e il rosmarino pendulo, che regolarmente finisce nel forno col pesce o le patate e con quasi qualunque altra cosa ("Mamma vado a plendele un po' di lommalino" "Ma per cosa, Bruco?" "Pel la pasta" "No Bruco, il rosmarino con la pasta al pomodoro non c'entra una ceppa").
Dall'altra parte ci sono il limone (che non ha mai fatto un frutto in vita sua), il mandarino cinese (che ne fa a iosa) e le piante ospiti, cioè quelle che vanno e vengono.
Ad esempio qualche mese fa abbiamo piantato dei bulbi di tulipano regalati al Bruco dallo zio Gimmo e arrivati direttamente da Amsterdam.
Incredibile a dirsi ma un paio di settimane fa sono spuntati. Rossi.
Incredibile perchè, a dispetto del mio impegno, io non ho esattamente il pollice verde.

"Ti sei ricordata di dare l'acqua alle piante?" mi chiede l'Interista di ritorno dopo 3 giorni a Londra.
"Ehm.. sì... cioè, non gliel'ho data perchè ha piovuto..." (vabbè dai una ci prova)
"Ma cos'ha piovuto??? Due schizzi? Ma dai guarda che muoiono se non gli dai l'acqua"
"Uffa lo so, solo che.. ho dovuto dare da mangiare a tuo figlio, dare da mangiare alla gatta e fare un sacco di altre cose, e mi è passato di mente. E poi tecnicamente i tulipani non possono morire perchè non sono ancora nati"

L'Interista impugna l'annaffiatoio e scuote la testa.

"Dai lo sai che non ho il pollice verde!"
"Mamma tu ce l'hai il pollice velde?"
"No amore. Il mio è solo rosa. Magari quello verde mi viene in futuro"
"E papà ce l'ha?"
"Sì, papà ce l'ha"
"Anche io vojo un pollicino velde"

E' così. Nessuno è perfetto: c'è chi coltiva un hobby, e chi coltiva un hobbit.
L'Interista coltiva le piante, io coltivo nostro figlio.

venerdì 6 aprile 2012

Chi ha paura dell'Uomo Ragno?

Appena fuori casa di Orlando, ore 18.00.

Tento di aprire il portone mentre dalla borsa mi escono cose che Mary Poppins sarebbe impallidita e tre vecchietti davanti al bar lì accanto mi guardano basiti.

"Mamma posso gualdale la pozzanghela?"
"Sì, Bruco, solo guardare però, che hai le scarpe nuove e sono pure bianche (e poi odio lavare le scarpe ma questo non è necessario che tu lo sappia)"
"Okkey, mamma"

Dopo 30 secondi, quando finalmente riesco a infilare la chiave e il portone fa clic, alle mie spalle, preso da raptus incoercibile, il Bruco si lancia "abbomba" dentro una pozzanghera di almeno 3 metri di diametro.
Mi scatta un'ira funesta tale che il Pelide Achille se la farebbe sotto.
Urlo come una Regan MacNeil qualunque mentre lui tra le lacrime blatera che è colpa di Peppa Pig (sempre detto io che la tv è diseducativa), giunti a casa lo spoglio e lo lancio nella vasca.
Lui sta dentro mezzora, in completo silenzio.

Poi alza gli occhi e mi guarda.
"Ti chiedo scusa, mamma. Non l'ho fatto apposta. E' che ho paula dell'Uomo Lagno"
(a stento trattengo le risate)
"Che c'entra l'Uomo Ragno, amore?"
"Salta. Mi fa paula"
"Ma no, l'Uomo Ragno è un supereroe buono..."
"Eppelò non ha i occhi..."
(ecco, Interista, te l'avevo detto di non lasciare i tuoi fumetti sparsi in ogni dove, che il ragazzino si terrorizza, è ancora piccolo)
"Ma no, è solo una maschera... lui è uno come te, solo che poi si mette il costume e diventa fichissimo"
"Come il papà?"
(oddio che costume si mette il papà? mi devo preoccupare?)
"Quale costume amore?"

Non risponde. Intenderà la divisa del calcetto? O la tenuta da casa per fare le pulizie?

Certo che i bambini son proprio bravi a cambiare argomento. E farti passare le incazzature.


mercoledì 4 aprile 2012

Non toccate quella palla - I racconti del parco vol.1

Dopo il post sulla biodiversità, inauguriamo oggi la serie "i racconti del parco".
Ovvero come sopravvivere alle insidie del luogo pubblico più amato dai bambini (e un po' meno dalle mamme).
Il parco è quel posto in cui meglio che altrove puoi verificare la capacità di relazionarsi con gli altri di tuo figlio, e capire se sopravviverà nella giungla spietata del mondo infantile o soccomberà come una specie destinata a estinguersi (Darwin docet).
A onor del vero devo dire che il Bruco non è esattamente quello che si dice "un bambino che si sa difendere": ha il suo carattere, però è un tipetto dolce, che non attacca mai per primo e che spesso neanche reagisce.
Un profilo molto zen che non si capisce da dove gli sia derivato, visto che i suoi genitori sono propensi alla lite e incazzosi come pochi.

Al parco.

Il Bruco è arrampicato con fierezza e orgoglio sull'ultimo piolo del castello di legno.
"Mamma, gualda come sono alto!"
"Sì, amore, sei molto Jury Chechi, adesso però scendi che mi vengono le vertigini solo a guardarti"
"Mamma, gualda! Cambio la mano!"
(mentre io perdo 10 anni di vita, felice che il Bruco si diverta, cala dall'alto un bambino di un paio d'anni più grande)
"Ti sposti?" chiede il simpaticone.
"Va bene" risponde il Bruco, dimesso, e inizia a scendere.

Va beneeeeeeeeee???!?? Col ca**o che va bene!!! penso io riottosa, ripetendomi che è ok, se lui preferisce la non violenza e vuole porgere l'altra guancia va bene, è giusto, è meglio, ha ragione lui.
(intanto sto guardando male il bambinetto che l'ha fatto scendere, ma voi non fateci caso)

Esiliati dal castello, giochiamo a palla. Un Supertele nerazzurro, manco a dirlo.
E quello sì, il Bruco non lo cede a nessuno (a meno che non glielo chiedano "perfavore").
Dopo qualche tiro si avvicina un nanerottolo di poco più di un anno.
Vuole la nostra palla.
Inizia a piangere.
Il padre lo trascina via e gli dice "ce l'abbiamo anche noi la palla", e gli mostra un pallone con Winnie The Pooh.
Parte la crisi isterica: urla e strepiti, il padre non sa come placarlo, lui non vuole la palla di Winnie The Pooh, vuole il Supertele nerazzurro.
Per sdrammatizzare io sorrido al padre e gli dico "beh, se vuole proprio questo forse è un segno"
Il tizio alza gli occhi, mi guarda malissimo.

Dietro c'è la moglie, ha in mano la felpa del bambino.
E' milanista.
Ops.

lunedì 2 aprile 2012

Linea d'ombra

Si chiude dietro di noi il cancelletto della pura fanciullezza, e ci si addentra in un giardino incantato. Persino le ombre vi risplendono promettenti. Ogni svolta del sentiero è piena di seduzioni. E questo non perché sia una terra inesplorata. Si sa bene che tutta l'umanità ha già percorso questa strada. È il fascino dell'esperienza universale dalla quale ognuno si aspetta una sensazione particolare e personale: un po' di noi stessi.

Questo lo scriveva Joseph Conrad in uno dei miei libri della vita, la Linea d'Ombra.
Per chi non l'ha letto, il libro racconta di quel passaggio tra la giovinezza e l'età adulta che a un certo punto della tua vita ti fa dire "cazzo, esisto. E sono solo, nel mondo".
Ed è un momento preciso, e ciascuno di noi sa esattamente quale sia anche se crede di non saperlo.

Ecco, da quando c'è Orlando io ho capito che quella non è l'unica linea d'ombra che oltrepassiamo nella vita. Ce n'è un'altra, ed è quella che ci separa per sempre dall'innocenza.
Tranquilli non sto per scomodare il fanciullino pascoliano e neanche l'Emilio di Rousseau: ma osservandolo di giorno in giorno ho realizzato che i bambini piccoli, fino a una certa età, davvero possiedono quella che chiamiamo "innocenza". Intesa come incapacità di comprendere davvero il senso della bugia e la sua gravità.
E' un fatto.

A casa di Orlando, ore 21.43.

"Bruco hai fatto la cacca? Ti devo cambiare?"
"No"
(cinque minuti dopo, previo controllato)
"Bruco ma hai fatto la cacca!"
"Sì. Ho mentito, mamma"
(voi l'avete mai sentito un adulto dire candidamente "ho mentito"? No, le confessioni di Brooke di Beautiful non valgono)

E' un altro fatto anche che questa qualità viene perduta piuttosto presto, inevitabilmente, e per sempre.

Davanti alla piscina, sabato ore 11.30.

"Mamma dov'è Papito?"
"Non lo so Bruco, doveva essere già qui a prenderci. Adesso lo chiamiamo"
Driiiiiin. Driiiiiiiiiiiiiiiiiiin.
"Pronto, ma dove sei?"
"A casa" (risponde placido e sereno)
"Ma come a casa? Eravamo d'accordo che saresti venuto a prenderci alle 11.30! Ti sei dimenticato?"
"Ma no! E' che sto preparando la telecronaca"

Sempre come diceva Conrad, l'immaginazione è la suprema padrona della vita.