lunedì 30 luglio 2012

A mostrar le chiappe chiare

Dopo un viaggio di svariate ore, con la macchina carica di pasta e caffè come se stessimo emigrando in 'Ammerica', con la gatta in stato di choc sul sedile dietro e il Bruco catatonico che si rianimava solo al passaggio dei pompieri (eh già perchè abbiamo anche beccato un incendio con annessi e connessi), alla fine siamo arrivati al paese, quello dove c'è la casa della famigghia che dentro gli armadi ci trovi i reperti degli anni '80, dalle giacche con le spalline alla selezione del Readers' digest che la zia finta erudita ci passava a mò di discarica della cultura..

Comunque. Il primo giorno di mare da italiani medi - ai Bagni Sirena e con la schiscetta in borsa frigo al seguito - il Bruco, nell'ordine:

1- Mi ha messa in imbarazzo in bagno: coda chilometrica per il cesso, sciure e ragazzine che aspettano fuori, noi dentro il bagno delle donne. "Bruco, allora, non ti scappava la pipì???"
"Mamma, non la faccio se non pulisci il water"
"Scusa, Bruco???!!?"
"E' un bagno pubbico e bisogna pulire il water, mamma"

2- Ha preteso di giocare a biliardino per quaranta minuti senza pallina.
"Mamma perchè non c'è la pallina?"
"Perchè costa soldi, amore, non possiamo prenderla tutte le volte"
"Ok, allora facciamo finta. Guarda mamma... goooooooooooooooal!!!"
(se fosse stato solo un po' più grande avrei pensato che si droga)

3- Si è lanciatosi come un pazzo in mezzo alla piazza del paese durante uno spettacolo di giocoleria, al grido di "il fuoooooooooooooooooooocooooooo!!!!". Per poi impalarsi sul muro della banca e tentare di rapinare il relativo bancomat (e lì, sì, ammetto che sia io sia l'Interista facevamo il tifo per lui).

Ora, forse, all'alba delle 00.11, si è addormentato.
Questo era il giorno 1.
Se cominciate a non avere mie notizie venite a cercarmi.
Grazie.


venerdì 27 luglio 2012

La prima ultima volta

Insomma ci siamo: oggi è l'ultimo giorno di asilo nido del Bruco.
Due anni (scolastici) vissuti pericolosamente.
Quando ci è entrato manco camminava, non spiccicava parola e mangiava inenarrabili sbobbe salutistiche.
Adesso gioca a pallone, non sta mai zitto e ogni volta che squilla il citofono chiede se è l'omino della pizza.
Come dire, qualcosa è cambiato.
E qualcosa no: dopo due anni, è sempre una cozza attaccata alla mia gamba mentre tento improbabili fughe dalla classe "Farfalle", tutte le mattine piange e chiede perchè devo andare a lavoro (cosa che peraltro anche io mi chiedo tutte le mattine, poi apro il conto corrente online e trovo la risposta).

E mi è venuto un po' il groppo, stamattina, accompagnandolo per l'ultima volta, perchè i momenti in cui ti rendi conto che il tempo passa ti fanno sempre un certo effetto, poi io soffro di sindrome dell'abbandono quindi mi sa che oggi pomeriggio mi attaccherò alla gamba dell'educatrice e improvviserò una scenata partenopea per commemorare la transizione.

Transizione di cui lui, il Bruco, nè s'accorge nè si ricorderà: alzi la mano chi si ricorda l'ultimo giorno di nido, o di scuola materna. Di solito uno si ricorda il primo giorno di scuola elementare, e quello della maturità. Al limite l'esame di terza media.
Perchè dei primi anni di vita, che pare siano così importanti nel definire la personalità di un individuo, nessuno si ricorda una beata fava.

Però questa è a tutti gli effetti la nostra "prima ultima volta", e bisogna darle un po' di enfasi, perchè non si può sempre lasciarsi passare le cose addosso: a volte bisogna fermarsi e dire "ecco, questa sembra una giornata normale e invece è una soglia".

Andando all'asilo, stamattina, ore 9.12.

"Bruco, oggi è l'ultimo giorno di asilo! Poi è finito per sempre!"
"Sì, mamma. Ricordati le mie ciabatte rosse che se no al mare come faccio senza le mie ciabatte rosse"
"Amore hai capito cosa ti ho detto?"
"Sì, mamma. E tu?"

Sorrido. Neanche tre anni e ha già imparato a fare il finto duro.

Allora grazie, asilo nido pubblico del Comune di Milano, per noi sono due anni da ricordare.
Non per la struttura che avrebbe bisogno di un bel po' di manutenzione, nè per la gestione amministrativa che ha numerose falle, ma per le persone che sono state giorni e settimane e mesi accanto al Bruco e l'hanno fatto crescere, in modi diversi e complementari ai miei.

A proposito di ultimi giorni: noi domattina si parte per la Toscana, quindi gli aggiornamenti saranno meno frequenti e più iodati.


martedì 24 luglio 2012

Toilet-training e (punti) fedeltà

Ovvero, come invidiare tuo figlio perchè raccoglie premi cagando.
Ma cominciamo dal principio.

Come credo di aver già accennato, il Bruco è parzialmente spannolinato.
Parzialmente perchè con la pipì è un fenomeno - non se l'è mai fatta addosso, tanto per intenderci - e da ieri neanche ti dice che gli scappa: và in bagno in autonomia, si cala le brache, e poi te lo vedi comparire in cucina con il rotolo di carta igienica in mano e il pisello per aria che ti dice "Mamma non riesco a strappare la carta per pulirmi", mentre l'Interista dal divano ti guarda di sbieco e ti rimprovera silenziosamente perchè non gli hai insegnato l'arte dello scrollo.
Vabbè, nessuno è perfetto.

Pipì a parte.
Il Bruco vuole fare la cacca solo sotto gli alberi. Oppure addosso.
E non è bello, vi assicuro, perchè può accadere (anzi è accaduto) ovunque.

Poi una cara amica, che è pure una pediatra e quindi di certe cose se ne intende, mi dice: "Mannò, tu devi motivarlo! Devi instaurare un toilet-training: tipo, ogni volta che fa la cacca gli fai attaccare un adesivo di qualcosa che gli piace sopra il water e dopo un tot di adesivi gli spetta un regalo".
(poi c'erano anche tutta una serie di altre indicazioni che non riporto per non tediarvi, ma se qualcuno volesse proprio saperle può chiedermele in privato)

E niente, allora io son corsa a comprare gli stickers di Peppa Pig e il giorno dopo, appena l'ho visto mettersi in posizione che stava per farsela addosso, gli ho detto "Bruco, adesso andiamo sul water e facciamo un gioco: se fai la cacca lì dentro attacchiamo sul muro uno sticker di Peppa e dopo 5 sticker vinci un premio!".
Ovviamente è corso sul water.
Ha fatto finta di spingere, poi mi ha guardata e ha detto: "Non esce, Mamma".
"Ok, Bruco, fa niente. Lo sticker lo attacchiamo la prossima volta"
Manco ho fatto in tempo a finire la frase che aveva fatto la cacca. Nel water!

E quindi è partita la raccolta punti: con qualche bug.

1- L'Interista ci ha messo un po' a capire perchè il suo cesso fosse ricoperto di adesivi a forma di maialini rosa.
"E' come con la Fidaty" gli ho spiegato "Tot cacche, tot premi: è una questione di fedeltà"
"Bella vita" ha risposto lui
"Vuoi partecipare anche tu?"
Non ha risposto, secondo me ci sta pensando.

2- Il Bruco pretende di attaccare l'adesivo anche quando è altrove, e i primi giorni le maestre del nido mi hanno guardata con aria interrogativa: non capivano l'associazione tra stickers e cacca.

3- La cosa inizia ad avere un certo costo: la prima volta ha voluto delle semplici bolle di sapone, adesso siamo già passati al set per piccoli golfisti. Forse era meglio se continuavo a raccogliere merda.

4- Alcune volte, quando proprio sta facendo qualcosa che gli piace, neanche lo sticker-power impedisce il fattaccio.

Comunque, Signori, il toilet-training funziona. E' un po' lungo, un po' costoso, un po' folle da raccontare: esattamente come crescere un bambino, insomma.

(Ah, dimenticavo: naturalmente se la fai due volte nello stesso giorno i punti raddoppiano)


giovedì 19 luglio 2012

Questione di genere

Ieri è successo per la quarta volta in due mesi.

Al parco, ore 18.47.

"Mamma, non vojo giocare con quei bambini"
"Bruco, ma che è 'sto rigurgito antisociale che ti ha preso? E' bello conoscere nuovi amici" (disse la mamma antropofobica e misantropa al figlioletto che esitava sul campetto da calcio con aria schifata)
"No, perchè poi mi rubano la palla"
"Ma no, figurati..."

Come volevasi dimostrare, dieci minuti dopo i due bimbetti, un po' più grandi del Bruco, giocano tra loro con la di lui palla, senza passargliela e senza la minima intenzione di includerlo nel gioco.
Lui li guarda impalato, io penso "l'Interista ha ragione, questo bimbo è un po' minchione. E daranno tutti la colpa a me, perchè la colpa è sempre della mamma"

Poi la palla schizza verso di noi, i due si catapultano per riprenderla, ma il Bruco l'ha afferrata.

"Scusa, ci dai la palla?"

Lui non risponde.

"Scusa, bambina, ci dai la palla?" dice uno.
"Sei un maschio o una femmina?" chiede l'altro.

Lui continua a non rispondere. Io non mi tengo.

"E' un maschio, non vedi?" rispondo con tutta l'acidità in mio possesso.

"Ah" commenta uno dei due "E come si chiama?"
"Orlando"

E iniziano a ridacchiare. A ridacchiare!

Da ex bambina sfigata sto per diventare verde, grossa e molto incazzata.
Con una scusa lo porto via, e mi dirigo verso casa.
Forse me lo merito, penso. Ha i capelli lunghetti, è biondo, bianco come una mozzarella e ha la vocina da soprano. Poi l'ho chiamato Orlando, simbolo della labilità tra i generi.
E invece no.
E' che i bambini, tanto sanno essere liberi e fantasiosi, tanto sanno omologarsi in fretta.

"Mamma io sono un maschio?"
"Certo che sei un maschio, amore"
"Perchè sono un maschio?"
"Perchè hai il pisellino"
"Mamma, essere maschi è mejo?"
"Uhm. Temo che non potrò mai saperlo, Bruco"
"Quei bambini del parco erano maschi?"
"Sì, Bruco"
"Forse sono mejo le femmine"
"Mannò, Bruco. Dipende da persona a persona..."

Forse sono meglio le femmine, penso in un attacco di femminismo improvviso e gratuito.
E mi viene in mente che, quando mi dissero che aspettavo un maschio, ne feci una tragedia.
Mi ricordo che quella sera mi arrivò un messaggio di mia zia.
Diceva: "I maschi non sono tutti uguali. Ce ne sono di eccezionali".

E tu, per adesso, Bruco, fai parte di quella categoria.

lunedì 16 luglio 2012

Qualcosa di sconveniente

Di tutte le fesserie che si dicono sui bambini, una è senz'altro vera: i bambini sono implacabili, non hanno filtri, non conoscono vergogna, e difficilmente tengono la bocca chiusa quando pensano qualcosa. Praticamente sono dei piccoli bastardi impenitenti.

In gelateria, sabato, ore 17.31.

Il Bruco si fionda passando sotto le gambe della folla sudata e sbuffante, e si spalma contro la vetrina che contiene i gelati, suscitando l'odio della commessa che presumibilmente ha pulito da poco.
"Signora, io vorrei la granita oggi, non il gelato al fiordilatte"
"Ehm... Bruco, a parte che devi aspettare il tuo turno, la "signora" avrà diciott'anni e non le interessano i tuoi oscillamenti di gusto"
"Ma io vojo la granita: metà limone metà arancione"

Metà arancione sarebbe al gusto caipiroska, una porcata immonda e neanche alcolica con cui hanno sostituito il gusto pompelmo rosa, che chissà in base a quale logica è divenuto il preferito del Bruco.

Ottenuta la granita bicolore, svuotatasi la gelateria, è rimasto, seduto sulla piccola panca a disposizione dei clienti, un signore sui 50. Naturalmente obeso, prigioniero di un paio di impietosi short color ocra, mangia avidamente un cono grondante cioccolato.

"Mamma posso sedermi?"
"Sì, amore, mettiti accanto al Signore e non fare pasticci"
Il Bruco si accomoda. Dà due ciucciate alla sua granita, poi si gira e scruta l'immenso compagno di panchina che non se lo fila di striscio.
Poi mi guarda. Io, con l'occhio della madre, avverto un brivido lungo la schiena e sento che sta per dire qualcosa. Qualcosa di sconveniente. Qualcosa di molto brutto.

"Mamma perchè non ti siedi anche tu?"
"No, Bruco, la mamma adesso non ha voglia di sedersi" (bugiardaaaaaaaaaa!!!!)

Pausa. Si volta di nuovo a guardare il compagno di merenda.

"Mamma"
"Sì?"
"Non ti puoi sedere perchè il signore è molto ciccione?"

L'ha detto. Lo sapevo che l'avrebbe detto. L'ha detto chiaro e a voce alta.
Ha usato anche l'avverbio "molto".
Il pavimento della gelateria si spalanca e io scompaio.
Per un attimo mi sembra di galleggiare tra fiumi di granita alla caipiroska e iceberg di color gusto puffo. Poi riemergo.
Prendo in braccio il Bruco, la granita e la figura di merda che abbiamo appena fatto: e li porto via.

"Questa granita è proprio buona, mamma"

Come no. Una delle migliori.


mercoledì 11 luglio 2012

C'è grossa crisi

Ahimè, è proprio così: a casa di Orlando c'è grossa crisi.
Non economica - chè quella ormai è fisiologica - e neanche sentimentale (niente gossip, state buoni).
Trattasi del Bruco: è proprio in crisi nera.
Deve avere qualcosa tipo la "fu" sindrome da Costa Crociere (ormai questo clichè è fortunosamente decaduto): dopo 10 giorni di vacanza con mamma e papà tutti per lui 24 ore su 24, si è ritrovato all'asilo 8 ore al giorno e senza neanche più il Papito per giocare a pallone la sera.
Del resto, dice che se non si lavora non si mangia.

Comunque la cosa (poco) divertente è che questa crisi assume le forme più impensate: fioccano scenate d'ispirazione partenopea per i motivi più assurdi.

Scenata numero uno: questione di stile

"Bruco, vieni che dobbiamo vestirci per andare all'asilo"
"No"
"Amore, mi dispiace, io devo andare a lavoro e tu all'asilo. Mettiamo i pantaloni blu?"
"Sì"
Gli infilo i pantaloncini blu.
"Non li vojo questiiiiiiiiii!!!!"
"Ma hai detto tu che volevi quelli blu!"
"No, quelli verdi"
Respira. Stai tranquilla. Non dirgli niente. Avrà una giornata storta.
"Ok, ecco quelli verdi"
"Nooooooooooooooo! Questi no!!!"
"Mi prendi in giro? Hai detto verdi!"
"Con questi non mi vedo le ginocchia"

Da allora, vuole solo pantaloni che gli arrivino sopra le ginocchia. Non potendo rifargli il guardaroba, glieli metto "ascellari". A noi il ragionier Ugo ci fa una pippa.

Scenata numero due: questione di palinsesto

A casa di Orlando la televisione è molto amata da metà della famiglia e molto poco tollerata dall'altra metà (potete tirare a indovinare ma non è difficile).
Al Bruco è concesso guardarla solo la sera tra le 19 e le 20, mentre la mamma cucina.
Abbiamo provato con vari canali dedicati ai bambini, ma lui vuole vedere solo Rai YoYo.
In particolare vuole vedere solo Peppa Pig, la storia di una famiglia di maiali che saltano nelle pozzanghere di fango e mangiano frittelle.

Ieri sera, a casa di Orlando, ore 19.45.

Sigla finale di Peppa Pig.
"Mamma adesso c'è un'altra puntata vero?"
"No Bruco, questa era la quinta, per stasera è finito"
Parte il pianto isterico.
"Bruco io non ho parole. Ma si può piangere tutte le sere perchè finisce Peppa?"
"Sìììììììììììì.... uààààà.... eeeeeeeeeeeehhhh"
"Amore non è colpa della mamma, è il palinsesto che prevede che dopo Peppa vengano altri cartoni"
"Mi rimetti Peppaaaaaaaaaaaaaaaa?????!!???"
"Amore non posso" (ok, posso perchè ho mille puntate registrate ma tanto prima o poi dovrebbe finire, no?) "Adesso ci sono i Barbapapà, guarda quelli e poi giochiamo"
"Nooooooooooooooooo (sempre pianto isterico), non mi piacciono!"
"Perchè no?"
"Sono strani" (perchè invece i maiali parlanti...) "e poi parlano con la voce bassa"

Per amor di cronaca, alle 20.20 ancora piangeva.
Se qualcuno è a conoscenza di centri di riabilitazione per le dipendenze da cartoon è pregato di farsi vivo.

Scenata numero tre: io la faccio qui

"Mamma, mi scappa la cacca"
"Presto, Bruco, andiamo allora!"
"No, non vojo farla nel water"
"Come non vuoi farla nel water? La cacca si fa nel water"
"No, vojo farla sotto l'albero"
"Non ci sono alberi in casa nostra quindi andiamo in bagno"
"No. Allora me la faccio addosso"

Quando hai due anni e mezzo e hai imparato da poco a stare senza pannolino, anche farti la cacca addosso è un efficace mezzo di protesta.

A fronte di tante e continue manifestazioni di disagio con pianti isterici e rabbiosi, mi domando come gestirle.
"Pronto, Interista? Il ragazzino è in crisi.
Torni domenica, vero? Ok, io lunedì sera esco"

Come canta Paolo Conte, "la fuga nella vita chi lo sa/ che non sia proprio lei la quintessenza"...

lunedì 9 luglio 2012

A tennis con le zanzare

Come tutti i bimbi di città, il Bruco ha un rapporto molto ridotto col mondo vegetale e animale, e anche se si cerca di ovviare, a Milano c'è una gran varietà di specie strane solo per quanto riguarda le persone.
Però in vacanza ci siamo rifatti, e al Bruco si sono aperte finestre su mondi pressochè ignoti o conosciuti solo a mezzo libri: per 10 giorni abbiamo abitato in una casa di campagna, isolata sul cucuzzolo di una collina, confinante con un appezzamento che ospitava capre, circondati da fattorie et similia (e in proposito volevo sollevare la seguente questione: ma chi l'ha detto che il gallo canta all'alba? Quelli che c'erano lì intorno iniziavano alle 5 e andavano avanti fino a mezzogiorno. Cari, simpatici, esauriti galletti).
Ma gli ospiti più consistenti erano gli insetti: grilli su ogni imposta, ragni di varia forma e colore in ogni dove, cicale fino a farti scoppiare la testa. Persino un simpatico nido di vespe sulla finestra della Bruco-camera.
Dicono che l'entomofobia venga da un condizionamento dei genitori, perchè un bambino, di per sè, non ha motivo di aver timore di un ragnetto, così come di un gatto o di un cane.
Ora, a me personalmente gli insetti fanno una paura boia.
Però mi sono sforzata, col Bruco, di non farglielo capire nè tantomeno di uccidere un ragnetto o altro in sua presenza.
E infatti lui di solito quando vede un insetto si profonde in frasi tipo:
"Mamma, guarda! Che carino! Gli diamo la pappa?"
"Ehm... anche no, Bruco, quello è un coleottero, non è un animale domestico"
"Cos'è un animale domestico?"
"Uno tipo la Minuzza, che vive in casa con noi"
"E il colottoro non può stare con noi?"
"No, Bruco. Fidati che il coleottero sta meglio fuori casa"

Insomma siamo tornati in città e io ero molto contenta di questo approccio del Bruco al mondo "insettifero", nonostante me (e anche nonostante l'Interista che è terrorizzato dai grilli, uno dei pochi insetti che non fanno veramente niente a parte saltare, ma tant'è).

Sabato sera, a casa della nonna Luciana.

"Nonna, guarda cosa ho trovato! Una racchietta!"
"No, amore, quella non è una racchetta per giocare, è per uccidere le zanzare!" illustra la nonna con dovizia di particolari "Guarda, tu schiacci qui e le zanzare si friggono!"
"Uao! Mamma la vojo anch'io per giocare a tennis con le szanszare!"

Grazie, nonna. Una sconfigge pure la paura atavica dei ragni per trasmettere a suo figlio l'armonia della natura, e poi in 30 secondi gli si passa il concetto che uccidere gli insetti è pure divertente.

"Ma Bruco non ti serve uccidere le zanzare: in casa nostra ci sono le zanzariere, se non entrano che fastidio ti danno? Poi c'è lo spray al geranio, la candela di citronella, un sacco di cose..."
"Sì. Allora me la compri? La pallina non mi serve"


venerdì 6 luglio 2012

Mica a Miami

Siamo tornati. Da ben tre giorni, in realtà. Solo che la cruda quotidianità ci ha inghiottiti con la forza negativa dei vecchi rituali e niente, non avevo voglia neanche di scrivere sul blog.
Ora, se qualcuno mai fosse curioso - cosa che è tutta da appurare visto che la gran parte dei lettori di questo blog è passiva e non partecipa - insomma se qualcuno fosse curioso di sapere com'è andata la nostra vacanza farò così: per evitare di cadere nel clichè "Bella la Grecia!" come la Ferilli nell'esordio di Virzì La bella vita, quando ancora qualcuno credeva che fosse un'attrice e non una cagna, stilerò un elenco dei 5 momenti memorabili della trasferta zacintese.

1. Dopo un viaggio durato 11 ore e comprensivo di auto fino a Orio - aereo fino a Patrasso - taxi fino a Killini - attesa di due ore al porto - traghetto di un'ora fino a Zante town - auto fino a Villa Collina, dopo tre ore di sonno alle 4 di notte il Bruco mi prende la mano e mi dice "mammina, sono in Grecia!". Non vi posso dire come ho reagito. Vi basti sapere che l'Interista, che notoriamente di notte non si sveglia mai, si è presentato nella Bruco-camera dicendomi "vai di là, resto io qua con lui".

2. Verso le ore 14 del secondo giorno di vacanza, mentre addentavamo una pita alla Taverna Nikos di Gerakas, il Bruco chiamava dal fondo del playground: "Mamma, cacca!" (per inciso, un must di questa vacanza essendo in fase spannolinamento). "Arrivo Bruco, tienila!". Troppo tardi. Aveva già consegnato il suo ricordo tra l'albero e lo scivolo. "Interista, vieni a raccoglierla che io lo porto a lavare". Cinque minuti dopo: "Sei sicura che fosse sua? Neanche io ne faccio così tanta".

3. Domenica 24 giugno, Inghilterra-Italia. Trovato posto su uno dei divanetti del Magic Mushroom di Argasi, nota colonia inglese in Grecia, il Bruco improvvisamente nel mezzo del primo tempo si alza in piedi e grida "Italia Goal!", così a sfregio, rivelando la nostra italianità e facendo in modo che la clientela totalmente anglofona del posto si volti a guardarci con aria minacciosa. A scanso di equivoci, siamo andati via durante l'intervallo tra primo e secondo tempo.

4. Una mattina a metà vacanza il Bruco mi si para davanti con un elettrodomestico non identificato, reperito in chissà quale meandro di Villa Collina, e mi informa che "Mamma, sto aspirando i topi" e successivamente che "vado a fare lo spruzzagattino". Non ho voluto saperne di più, a volte bisogna prendersi una vacanza anche dalla follia dei propri cari.

5. Sul caicco per raggiungere la destinazione più famosa dell'isola, ovvero la Spiaggia del Relitto (emblematica della nostra condizione spirituale), mentre prendo in giro l'Interista, bianco come un cencio per la sua padanità (soffre la barca, l'aereo e quasi tutti i mezzi di trasporto a parte l'auto), il Bruco mi vomita addosso i circa venti litri di succo d'arancia che, da madre accorta quale sono, gli ho fatto ingurgitare 5 minuti prima di salpare.

A dire il vero, di momenti memorabili ce n'è un po' di più, ma non vorrei scrivere un post-fiume, quindi me li riservo per racconti futuri. Comunque, dai, concedetemi un po' di "Ferillità" adesso: il mare era fantastico, la Villa Collina una favola, il Bruco ha nuotato insieme alla tartaruga Caretta Caretta e l'Interista ha persino fatto un souvlaki decoroso tutto da solo.

A casa di Orlando, stamattina, ore 9.05.

"Mamma, perchè papà non c'è stamattina?"
"E' andato in ritiro con la squadra, Bruco"
"E che numero ha sulla majetta?"
"No, amore, mi sa che non hai capito. Guarda che siamo stati in vacanza a Zante, mica a Miami"