mercoledì 31 ottobre 2012

Con l'olio e col sale

Quando vai via tre giorni e poi rimetti piede in casa, ti chiedi come sia possibile che tante cose siano avvenute in un così breve lasso di tempo: un esercito di macchinine, omini Lego, pupazzi, pezzi di trenino e praticamente tutti gli animali dell'arca di Noè si sono trasferiti dalla cameretta in luoghi che evidentemente ritengono più consoni al loro status di entertainers  e occupano abusivamente la cucina, il divano, il pavimento della sala e persino la cuccia della gatta.
Il cesto della biancheria è esploso scaraventando il suo contenuto in ogni dove: ci sono dei calzini nel bidet e della felpe al posto degli accappatoi.
L'ultimo step è la cucina: pensavo peggio, a parte la polvere di caffè ovunque niente di grave.
Poi apro il frigo, e la tristezza mi assale.
Una zucchina mi guarda mogia dal secondo ripiano, un pezzo di formaggio un po' ammuffito sembra volersi suicidare lanciandosi dall'altro in direzione congelatore.
Del resto mica si può chiedere a un ragazzo-padre con figlio vomitante e partita della domenica di andare anche a fare la spesa.

"Mamma, ho fame. Cosa mangiamo stasera?"

Quando si dice il tempismo.
Sono le 19.15, il frigo piange, la dispensa pure, il congelatore è vuoto (perchè io di principio i 4 salti non li compro e quindi adesso imparo. Tiè).

"Senti, Bruco, stasera facciamo la cena del povero ricco"
"Ma cosa vuol dire?"
"Che cuciniamo con tutte le cose avanzate, scadute, tristi e derelitte"
"Bleah"
"Ma scherzi??? Vedrai che poi ti lecchi i baffi"
"Ma io non ho i baffi, mamma"
(mi dimentico sempre che i bambini non possiedono il senso della metafora)

Per prima cosa facciamo un censimento: uova che scadono domani, un avanzo di passata di pomodoro, il famoso formaggio che è più di là che di qua, la zucchina depressa, mezzo pacco di gnocchetti sardi.

"Allora Bruco, con le uova e la passata facciamo la trippa finta"
"Posso rompere le uova?"
"Sì, però nel piatto perchè già sono poche, già sono mezze scadute, se fai come l'ultima volta siamo rovinati"
"Io so rompere le uova, mamma" mi dice tutto serio, conscio della sua mission.
"Sai rompere un sacco di cose, amore, è proprio vero"
(non coglie l'allusione, per fortuna)

Insomma facciamo questa frittatina e poi la tagliamo a striscioline, e le ripassiamo in padella col pomodoro. Grattata di formaggio e via. Ricetta della zia. Successo garantito, a prova di Bruco.

Con gli gnocchetti, la zucchina moscia e il formaggio in fin di vita facciamo una pasta ripassata al forno, e la cena è pronta. Anche riciclare il cibo "vecchio" è un modo di non sprecare.

"Hai visto, Bruco? Allora com'era la cena?"
"Buona"
"Del resto sai cosa diceva la nonna vecchia?"
"Quella col bastone che non c'è più?"
"Lei"
"Cosa diceva?"
"Con l'olio e col sale è buono ogni stivale"
"Ma gli stivali non si mangiano!"

Ancora il problema della metafora...
Vabbè, un problema alla volta: intanto abbiamo risolto quello della cena, alla metafora ci pensiamo domani.


martedì 30 ottobre 2012

Andare e tornare

Il fatto è che da quando il Bruco è nato, io e lui abbiamo passato separati solo un giorno e una notte (in questa occasione). Non per scelta, come ormai sapete, ma per mancanza di nonni abili e arruolati.
Poi è successo che quest'anno c'era il sesto Congresso internazionale di Slow Food e Terra Madre.
Non so quanti di voi sappiano di che si tratti, ma è giunto il momento di svelare che la sottoscritta investe quasi tutto il suo tempo libero nelle attività legate a questa associazione, di cui è membro attivo, perchè è fermamente convinta che la battaglia per il diritto al cibo "buono" e per la salvaguardia della biodiversità sia la sfida definitiva.
Così sabato mattina all'alba sono partita per Torino in quanto delegata al congresso per la Lombardia, lasciando i due uomini di casa in balìa di se stessi. Per ben 3 giorni.

Presente quando ti ripeti ossessivamente "andrà tutto bene, andrà tutto bene, cosa vuoi che succeda"???
Ecco, quella cosa lì che ti sei sforzato di non pensare, succede.
Così, mentre io degustavo i casoncelli con la ricotta e l'aglio ursino nella pausa tra una sessione di congresso e l'altra, il Bruco vomitava a ripetizione sul divano, sulle mie ciabatte, sulla sua collezione di moto e infine sulla nonna paterna, chiamata d'urgenza dall'Interista che notoriamente è un essere più filosofico che pragmatico - ed è già buono che non abbia chiamato lo zio Davide al grido di "vuoi venire a girare una scena?" (splatter alert!).
Si sa che funziona così: se tu figlio sta sempre bene e tu non va mai via, quella volta che tu andrai via lui si ammalerà (di sabato o di domenica, ovviamente).

Oltre ad aver vomitato in ogni dove, il Bruco in 24 ore è stato a una doppia festa di compleanno, a pranzo dai cuginetti, a cena dalla nonna Luciana, e non so bene da chi altro, modello pacco postale.
In 24 ore l'Interista è andato e tornato dallo stadio, ha chiamato per sapere dov'erano i vestiti del Bruco, ha chiamato per sapere dov'era la sua divisa, ha chiamato per dire che gli mancavo molto.
In 24 ore io ho sentito parlare contadini provenienti da campagne lontanissime, fatto amicizia con uno chef del Vermont, dormito in un convento, chiamato l'Interista per chiedergli se era sicuro di non aver dato il latte scaduto al Bruco e avuto la conferma che, sì, quello per cui spendo il mio tempo libero vale davvero la pena.

Poi ci siamo svegliati ed era oggi, lunedì.
A colazione, il Bruco ha chiesto a suo padre se per caso la mamma si sarebbe degnata di sbucare dalla porta di casa, ma la mamma era ancora impegnata a sentir parlare di orti e di presìdi.
Poi, alle ore 14.37, con una valigia stracolma e due zaini in cui un pigiama e dei calzini dialogavano coi pacchi di pasta artigianale, e le confezioni di pomodoro siccagno infastidivano il kindle e il pc, mi sono fiondata su un frecciarossa nello strenuo tentativo di arrivare in tempo per l'uscita del Bruco dall'asilo (manco a dirlo ero incastrata tra un americano obeso e un finestrino opaco).

Sono arrivata in tempo. Quando mi ha visto mi è corso incontro e non si staccava più dall'abbraccio.

"Mamma! Ho fatto una pozzanghera di vomito, e poi il papà mi ha dato la cipolla. I bambini alla festa mi hanno cacciato via e nel mio armadietto c'è un uovo di pasqua"
"Uhm. Sì anche io ho avuto un weekend interessante, Bruco"

L'uovo di pasqua era un ovetto k. regalato da un compagno.
Su tutto il resto non ho ancora fatto chiarezza.
Tranne che su una cosa: andare ti fa capire quello che vorresti, tornare quello che hai.

Mi piacerebbe avere un orto. C'è chi parte dai semi, io son partita da un bruco: il resto crescerà intorno.



mercoledì 24 ottobre 2012

Personal trainer ovvero Della pigrizia

Ho sempre vissuto felice nella mia pigrizia.
Magra per costituzione, golosa per vocazione, sono cresciuta scofanando dolci senza metter su un etto. La parola palestra non era contemplata nel mio vocabolario.
Poi ho conosciuto l'Interista, dedito in tutto e per tutto al Dio Sport.
Durante una delle prime uscite insieme il poverino mi portò a camminare in montagna, e quando mi accasciai in crisi respiratoria a un terzo del cammino, mi guardò e mi disse: "Beh, sei proprio la fidanzata sportiva che sognavo"
Io per tutta risposta gli chiesi: "Dov'è che si mangia il cervo con la polenta?".
Poi, con quell'impegno tipico degli innamorati, per farlo contento mi iscrissi allo stesso corso di pugilato che frequentava lui, e dopo un anno - udite udite - vinsi pure una medaglia come "atleta rivelazione dell'anno". Adesso so che me la diedero per la simpatia, ma allora ci credetti.
Dopo due anni di attività pugilistica indefessa, rimasi incinta del Bruco.
Una vera atleta avrebbe ripreso l'allenamento quanto prima, ma io ahimè non lo sono, e ho passato gli ultimi tre anni a non fare niente di fisico (a parte il sollevamento Bruchi in ore notturne o le corse all'asilo durante il giorno, che a quanto pare non fanno nessun effetto).
Risultato: 9 chili in più rispetto all'era pre-Interista, 5 rispetto all'era pre-Bruco.

La settimana scorsa, approfittando di una mirabolante offerta, mi sono iscritta nella palestra sotto la redazione (sotto, nel senso che devo solo prendere l'ascensore), che per la cronaca è la palestra più fighetta di Milano.
E' popolata da sciure settantenni con le chiappe di marmo che camminano sul tapis-roulant mentre il filo di perle gli rimbalza sul body nero, da stangone similmodelle con le chiappe molli e un buco al posto della pancia, e da performanti quarantenni brizzolati che pronunciano frasi tipo "io a colazione mangio pollo ai ferri e verdure grigliate, a pranzo pollo alla piastra e verdure bollite, a cena insalata di pollo".

E niente, io ogni volta faccio il conto di quello che mi sono mangiata a colazione e mi dico che no, non sono decisamente in tono con l'ambiente.
Ancor più lo capisco quando vedo queste tizie sbucate fuori da chissà quale ufficio dei piani alti all'ombra della Madonnina che ti fanno dire "non puoi essere alta, bionda, magra, elegante, sempre pettinata, e pure un genio della finanza".
Dopo mezzora di camminata - anzi di walking, diamoci un tono - sul tapis-roulant e relativa doccia, io esco con l'occhio stravolto, una fame devastante, la giacca allacciata storta e i capelli Sora Lella style: loro, i geni della finanza, non si sa come, dopo una session di Body Pump sembrano appena scese da una passerella di Miuccia Prada, col trucco, il parrucco e tutto il resto al posto giusto.

Oggi avevo una lezione omaggio col Personal Trainer.
"Piacere, sono Marco"
"Piacere, sono pigra"
Il poveretto mi ha fatto fare degli esercizi assurdi con una macchina infernale per tonificare l'esterno coscia, poi ha pronunciato la fatidica frase "e comunque è l'alimentazione che conta: pollo alla piast..."
"Guardi, io come secondo lavoro recensisco ristoranti. Comunque a volte mangio anche il pollo alla piastra, a volte"
Sorride e mi dice: "Dai, tonifichiamo il tricipite".

Dice anche che i muscoli hanno una memoria.
Io credo proprio che i miei non si ricordino un cazzo.

Ma la domanda che spesso mi faccio è: da chi avrà preso il Bruco? Dal suo sportivissimo padre o dalla sua pigrissima madre? Le scommesse sono aperte.

venerdì 19 ottobre 2012

Attenti al koala bianco

Voi lettori del blog che non avete (ancora) figli, appuntatevi questo post perchè un giorno vi sarà utile.

Il fatto è che quando non si hanno figli si dicono un sacco di cose. Ma con convinzione, eh.

Scena tipo: tu, giovane (o anche no) uomo o donna childfree, sei in coda al supermercato con la busta di gnocchi alla sorrentina surgelati pronti in 2 minuti e davanti a te c'è un bambino posseduto che urla e scalcia perchè vuole comprare l'ovetto k.
Guardi l'indemoniato, guardi la madre esaurita che gli sclera dietro e ti dici inorridito/a "io quando avrò un figlio mica gli permetterò di comportarsi così".
Ed è qui che io vorrei virtualmente darvi una pacca sulla spalla e dirvi: "Ma certo che gli asini volano. Ma certo".

Ecco dunque per il vostro sollazzo quattro cose che avevo giurato di fare nell'era pre-Bruco e che non ho fatto (e viceversa).

1- Ascolterò sempre mio figlio
Non come quelle madri distratte che si trascinano dietro il loro bambino mentre questo fa domande e loro non rispondono, oppure lui parla e loro dicono "sì, sì" e sentono a malapena il suono delle sue parole.

A casa di Orlando, ieri mattina, ore 9.07. 

Sulla soglia, in ritardo tremebondo.
"Mamma, ho visto un koala"
"Bruco mettiti la sciarpa e non dire stupidaggini"
"Mamma ti giuro, ho visto un koala bianco"
"Interista, nostro figlio si fa di acido, lo senti cosa dice??? Oddio mi aiuti a trovare le scarpe???"
"..."
"Mamma, il koala come fa a non cadere dall'albero?"
"Bruco mi sto preoccupando. Sei pronto?"
"Sì. Prima sposto il koala"
E niente, sulla soglia c'era una di quelle ecoborse del supermercato con su disegnato un koala bianco appeso a un albero.

2- Quando andremo al ristorante mio figlio starà seduto a mangiare con noi.
Non come quei bambini che corrono tra i tavoli disturbando gli altri clienti e facendo un baccano infernale. Mi ricordo ancora di un'osteria meravigliosa, Il Mecenate, a Lucca. Il Bruco aveva 19 mesi. Abbiamo provato a distrarlo in ogni modo. A tenerlo in braccio, a fargli le facce, a dargli i pupazzetti. Niente. Ha passato la serata a rubare le olive dai tavoli degli altri e a tentare il suicidio dallo scalone che porta al piano di sotto. Noi abbiamo trangugiato più veloce possibile il risotto al piccione e pietanze sublimi e non siamo più andati al ristorante per i dodici mesi successivi.
Adesso che ha tre anni, il Bruco continua a vagare tra i tavoli. Noi, semplicemente, lo portiamo solo in posti dove sappiamo che ciò non costituisce un problema, per il proprietario e per gli avventori.
Se c'è una cosa che un figlio t'insegna è che al carattere non si comanda e che a volte è giusto scendere a compromessi.
 
3- Se dovrò andare alla presentazione di un libro mio figlio verrà con me.
Ma certo. E ho tentato, perchè poi certe convinzioni son dure a morire. Quando aveva 18 mesi ho portato il Bruco alla presentazione di un libro fichissimo (alla cui realizzazione peraltro la sottoscritta ha anche collaborato e che se vi interessa trovate qui). Già tendenzialmente un bambino di 18 mesi non starà fermo e tranquillo a sentire dei tizi parlare di film "dispersi". Poi ad aggravare la cosa è stato che la presentazione era da Bloodbuster, un inferno di scaffali pieni di dvd e gadgets. Il piccolo Bruco si è trasformato subitaneamente in una piovra quando ha visto una riproduzione di Godzilla e gli zombie in miniatura. E niente, quando ti crollano addosso gli zombie, capisci che il momento di andartene e di smetterla di portare tuo figlio alle presentazioni dei libri.

4- Non userò mai la televisione come babysitter
Nonostante che l'Interista in televisione ci lavori, noi alla tv preferiamo il cinema, gli stadi e le serie guardate sul pc. Non voglio demonizzare la tv, ma sono fondamentalmente d'accordo con Popper quindi ho sempre cercato di tenerne il Bruco più lontano possibile. E ci sono abbastanza riuscita perchè - eccezion fatta per Peppa Pig - al Bruco non è che freghi molto dei cartoni e credo sia l'unico treenne che non è mai andato oltre l'ottavo minuto di Cars.
Però. C'è un però.
Quando torni a casa alle sette dopo numerose acrobazie di varia natura e devi cucinare e il telefono squilla e la gatta miagola per la fame infrangendo la barriera del suono, tu invochi Lei.
Sì, Lei, la tv.

A casa di Orlando, ieri sera, ore 19.16.

"Bruco, non è che vorresti guardare un po' di cartoni mentre la mamma prepara la cena?"
"No mamma, adesso non mi servono i cartoni. Ho le mie moto".
"Hai le tue moto, certo. Scommetto che vuoi anche fare una gara"
"Sì"
"Magari in cucina"
"Infatti, mamma"
"E devo partecipare anche io, magari"
"Certo"
Coi figli devi sempre sapere che ogni insegnamento è un boomerang. Nel bene e nel male.

Come parziale conforto posso dire che ci sono molti altri propositi a cui ho tenuto fede.
Non mi sono tagliata i capelli "perchè sono più comodi".
Non ho mai fatto il brodo col dado.
Non ho mai sculacciato il Bruco.

Buon weekend a tutti... e attenti al koala bianco!!!

lunedì 15 ottobre 2012

Barattando s'impara

Domenica grigia d'autunno, a casa di Orlando.
Le prime ventate d'arietta più freschina, cielo carico che promette diluvio, Bruco con la sindrome leopardiana della domenica pomeriggio.
Approfitto per "fare ordine", cioè quella cosa misteriosa e misconosciuta che viene a trovarci raramente, essendo noi dei disordinati senza speranza.

Apro l'armadio, quello in cui convivono nello stesso cassetto i costumi da bagno coi maglioni di lana, le tute aziendali dell'Interista con le felpe da ventenne da cui non vuole separarsi, il cimitero dei calzini spaiati (abbiamo dovuto crearne uno all'interno dell'armadio perchè la situazione era insostenibile) insieme al mio unico paio di scarpe coi tacchi che ho messo tipo due volte nella vita.

"Bruco, è ora di liberarsi del passato. Vuoi aiutarmi?"
"No. Sono triste perchè la mia moto si è rotta"
"Amore, se le fai fare il triplo carpiato da una parte all'altra della stanza è probabile che si rompa"

Ecco che inizia ad arricciare il mento come quando sta per piangere.
"Senti Bruco, scommetto che nell'armadio se cerchiamo bene c'è pure qualche macchinina nuova. Dai aiutami che dobbiamo fare due torri altissime: quella delle cose che teniamo, e quella delle cose che non teniamo".

Dopo un'ora di duro lavoro, le due torri erano quasi alte uguali.
"Guarda Bruco, queste torri son quasi più alte di te! Adesso prendiamo un sacchettone e ci mettiamo dentro tutte le cose che non teniamo"
"Ok. Le porto io in pattumiera, mamma"
"Pattumiera? Chi ha parlato di pattumiera?"
"Questa è la torre delle cose da buttare, mamma"
"Ma và, Bruco. Questi vestiti sono ancora buoni. Solo che... ehm, la metà non mi entra più, l'altra metà ce l'ho da così tanto tempo che mi ha stufato"
"E non li buttiamo?"
"No, li portiamo al baratto della zia Franci"
"Il baratto? E cos'è?"
"E' quando tu dai delle cose tue e prendi delle cose di altri. Senza soldini"
"Posso dare la mia moto rotta e prenderne una nuova?"
"No, ecco, non funziona proprio così... Questo è un baratto di vestiti. Però potremmo organizzarne uno di giochi, hai ragione. Non giochi rotti, giochi a posto".
"Allora ci devo pensare"

Quando non c'erano le monete (o quando ce n'erano poche) una delle transazioni commerciali più usate era il baratto. Che, tradotto e declinato in tempi di consumismo, è un modo per liberarsi di cose che non usiamo più ma sostanzialmente nuove, senza sentirsi in colpa e senza sprechi. E di portarsi a casa una maglietta che ci piace a costo zero.

Una delle zie del Bruco, ogni autunno organizza questo baratto di vestiti, ed è sempre un successo.
Quello che avanza, và naturalmente in dono a chi ne ha bisogno. Si ricicla, si risparmia e ci si diverte pure.

"Mamma, ci  ho pensato"
"Bene, cosa porti al baratto?"
"Il cappello blu che me lo fai sempre mettere e io non vojo"
"Uhm. Allora speriamo di trovare un altro cappello, se no come fai senza?"
"Secondo me non ci sono altri cappelli al baratto"

Chi può dirlo? Il baratto a volte riserva molte sorprese...


martedì 9 ottobre 2012

L'incredibile Lhuk

Oggi fa un mese che il Bruco frequenta la scuola materna.
Non sembra averla presa molto bene.

Ogni mattina, a casa di Orlando, ore 7.55.

"Buongiorno, Bruco! Il galletto ha cantato... dai, scendi dal letto che ci vestiamo"
"Dove andiamo oggi?"
"Amore, perchè me lo chiedi tutte le mattine? Io vado a lavoro, e tu vai a scuola"
"Noooooooooooooooooo!!!!!!! Basta con questa scuola!!!! Non mi fanno neanche andare in giardino!!!"
(per la serie "questa non è 'na vita, è 'na galera")

"Bruco mi dispiace che la scuola non ti piaccia, ma io devo lavorare"
"E il papà?"
"Il papà anche"
"Non è vero, lui gioca in partita"
"No amore, fidati. Se lui "giocasse in partita" io non dovrei andare a lavoro"

(tentativo numero 2)
"Mamma, ho male alla gamba"
"Come mai, Bruco?"
"Mi hanno picchiato a scuola"
(a stento non scoppio a ridere)
"Bruco non si dicono le bugie"

(tentativo numero 3)
"Mamma, se vado a scuola divento come l'incredibile Lhuk"
"Uhm. Questo è grave, in effetti. E come diventa l'incredibile Lhuk?"
"Tutto verde"
"Apperò. E come mai diventa verde?"
"Perchè mangia troppo veloce"
"E tu mangi troppo veloce?"
"Sì. Perchè sono un supereroe"

Care maestre, pare che per i prossimi tre anni avrete in classe un piccolo supereroe verde.
Vi farei pervenire delle istruzioni per l'uso, ma confido che sarà lui stesso a fornirle: oltre ad essere verde e a mangiare veloce, ha la lingua parecchio sciolta.


domenica 7 ottobre 2012

Tre

In matematica è un numero primo, idoneo, perfetto, triangolare.
In chimica è il numero atomico del litio.
In religione è il numero della trinità.
In casa Inter, il numero della maglia che apparteneva a Giacinto Facchetti, ritirata in suo onore.
A casa di Orlando, da oggi e per i prossimi 364 giorni, è il numero dei tuoi anni, Bruco.

Tre anni fa a quest’ora un’ostetrica mi mise in braccio un fagotto azzurrino e io dissi a tuo padre qualcosa tipo “sì, carino, però adesso riprenditelo che ho un sonno devastante”.
Ho fatto in tempo a vedere soltanto che avevi mani giganti e uno sguardo che non si schioda finchè non ha preso dall’altro quello che vuole.

Ora sei entrato in quell’era della vita in cui la gente, quando non ti vede da un po’, ti dice “Ma come sei cresciuto!”, e io invece in quella in cui mi dicono “Ma come è cresciuto, ha già tre anni!”.
Ecco. “Già” non è che renda proprio l’idea.
Son passati, e ne abbiamo sentito tutto il peso specifico, com’è giusto che sia, con le notti insonni e certi giorni d’inverno che a volte non finiscono mai.

Ora hai iniziato la scuola materna, sei capace di andare al bancone di un bar, farti elencare tutti i succhi di frutta che hanno e poi ordinare “un bicchiere di acqua naturale peppiacere”; decidi tu che musica ascoltare e quali libri vuoi leggere la sera. Sai "fare lo zombie" e racconti in giro che il papà per lavoro "gioca a palla".
Hai ancora il ciuccio in bocca e non perdi occasione per farti prendere in braccio, ma sai che ti dico? Fai bene. Perché poi a un certo punto queste cose finiscono per sempre, quindi perché non approfittarne finchè si può? Non c’è fretta di diventare grandi.

In certe cose mi somigli un sacco, tipo quando non hai voglia di parlare e a ogni domanda rispondi "niente niente niente", ma per altre vieni proprio da un pianeta lontano.
Parli in continuazione, come tuo padre, ridi spesso, piangi se arrivi ultimo, e t'inventi un sacco di cose buffe. Ancora non ti ho capito del tutto: a volte sembri fragile, altre volte impermeabile al mondo.

Una cosa è certa: prima di averti, ti immaginavo completamente diverso da come sei. 
No, non sei per niente il figlio che sognavo di avere. 
Sei meglio.

Tanti auguri, Bruco.

martedì 2 ottobre 2012

Chi dice nonna

Gli zii li avete già conosciuti. E non mi sento di aggiungere altro.
Mi sembra giusto, a questo punto, che conosciate anche colei che li ha partoriti, ovvero la nonna del Bruco.
E poichè oggi è pure la festa dei nonni, il post cade a fagiuolo.

La nonna del Bruco è una di quelle nonne contemporanee che non ne hanno neanche per le palle di spendere il loro tempo con i nipoti.
Dopo aver cresciuto tre figli da casalinga, un giorno ha deciso che doveva recuperare il tempo perduto e ha iniziato a lavorare, non si sa bene nè dove nè quando perchè lo svolgimento delle sue giornate è ammantato di mistero.
Dopo aver ripreso a lavorare si è iscritta al recupero scolastico, conseguendo la licenza di terza media nonostante tra le materie d'esame ci fosse anche l'inglese.
La nonna del Bruco cambia la disposizione della casa all'incirca ogni tre mesi, per cui quando vai a trovarla ti devi resettare ogni volta: le camere cambiano locazione, puoi trovare il bagno al posto della cucina, o un muro rosa laddove c'era una porta marrone, ma soprattutto puoi trovare nella stessa stanza cose che non c'entrano niente l'una con l'altra, tipo una piattaia da cucina dell'800 e un tavolo in finto marmo Scavolini.
Dove spariscano i mobili e chi li sposti fuori e dentro la casa non è dato sapere.
Un'altra delle sue caratteristiche è l'acquisto compulsivo di cose inutili, tipo borse enormi e pesantissime, che regolarmente finiscono stipate nell'armadio in camera del Bruco, e oggetti kitsch come orologi a cucù assemblati in chissà quale sperduta provincia cinese.
E' ossessionata dalle rane, che ricoprono in varie forme l'intero bagno, e dagli aforismi di scrittori famosi, possibilmente depressi, di cui ricopre ogni centimetro libero della casa.
Vive con due gatti persiani e un bulldog inglese, che - dice - non sono suoi, però non ha mai voluto cederli, e li odia cordialmente.
Cucina ottime lasagne vegetariane e impiega il suo tempo libero dipingendo scenografie splatter (tipo teste finte o mani mozzate) per gli esperimenti cinematografici dello zio Davide.
Se vuoi andare a pranzo da lei la porta è aperta, però devi autoinvitarti perchè lei non t'invita mai, soprattutto se sei uno dei suoi figli.

Domenica, a casa della nonna del Bruco.

"Mamma, vado a giocare a macchinine sul divano con lo zio"
"Va bene, Bruco"

Dopo circa 40 minuti, il Bruco torna con in mano una statuetta di Undertaker, un famoso wrestler degli anni '80.
"Mamma. Da grande vojo essere come lui"
"Certo, amore. Chi te l'ha dato questo mostriciattolo?"
"Lo zio Davide"
"Certo. Adesso mettilo via che la nonna sta scolando la pasta"
"Mamma?"
"Sai che a me non piace la polizia?"
"Sai che adesso uccido tuo zio? Interistaaaaaaaaaaa! Ma insomma, non vedi che lo zio Davide sta rovinando tre anni di faticosa educazione del Bruco??? Tu cosa stavi facendo nel mentre???"

L'Interista solleva la testa dal suo telefonino e mi guarda con l'occhio lucido.
"L'avevamo richiamato e avevano detto che aveva trovato un altro lavoro... Ma ha cambiato idea! Il Baffo è tra noi!".
"Bene... hai sentito cosa ti ho detto? Il Bruco dice che da grande vuole fare il wrestler!"
"L'unico problema sarà che non potremo cazziarlo se sbaglia. Come fai a cazziare uno coi baffi?"

Come dire, noi qui si passa delle domeniche emozionanti.

PS: Benvenuto Baffo, ora fai parte della family. Ti attendono tante domeniche emozionanti.



lunedì 1 ottobre 2012

Piccoli ciclisti crescono

E' difficile da credere, e da spiegare, ma quando si diventa genitori si diventa anche improvvisamente più intolleranti verso chiunque non rispetti le regole del vivere civile.
Traduzione: già crescere un bambino è uno sbattimento immondo, se poi la comunità ti mette pure i bastoni fra le ruote ecco che diventi un iena feroce e assetata di sangue.
Per l'esattezza, più che di bastoni fra le ruote, stiamo parlando di ruote sui marciapiedi: perchè sì, il milanese medio ha come priorità di vita quella di trovare un parcheggio per la sua auto, quindi spesso e volentieri, se vede un marciapiede libero, ci si fionda a sfregio dei pedoni, e del senso civico.

E lì arrivi tu, in principio mamma con carrozzina, poi mamma con passeggino, poi mamma con treenne sul triciclo, poi mamma con treenne kamikaze sul monopattino, fino a giungere alla bicicletta senza rotelle.
Il tutto declinato nelle diverse versioni: con ombrello, con capottina parapioggia fradicia, con sacchetti della spesa rotti, con sacche dell'asilo ricolme di bavaglie chiazzate di sbobba verdurosa, il tutto anche nell'opzione "in contemporanea".
E mentre tuo figlio acquista velocità sfrecciando lungo il marciapiede tu visualizzi la macchina di turno parcheggiata in front of you e maledici il genere umano.
Inizi col maledirlo in cuor tuo. E finisci, come faccio io a tutt'oggi, a urlare come una pazza sul marciapiede ingombro contro lo stronzo di turno, che ti costringe a scendere con tutto il tuo carico di roba, sacchetti, figlio, passeggino, monopattino, e chi più ne ha più ne metta.

"Brucooooooo! Ti ho detto che devi andare piano col monopattino! Non vorrai mica fare come il papà quando era giovane!"
"Cos'ha fatto il papà, mamma?"
"Si è schiantato col motorino nel retro di un autobus..."
"Ma qui non c'è un autobus, mamma"
"Però c'è una macchina, vedi? La macchina di qualche maleducato (e su questa parole alzo il tono di voce come si conviene a una sciura malmostosa e borbottante) che ancora non ha capito che i marciapiedi vanno lasciati liberi!"

Qualche giorno più tardi.

Diretti verso il parco con la bicicletta, su un marciapiede.
Una signora parcheggia una Golf proprio mentre noi stiamo arrivando.

"Aspetta, Bruco, fermati. Anzi attraversiamo, và"
Ovviamente il Bruco non aspetta.
Pedala come un forsennato fino alla Golf, e mentre la signora sta scendendo la apostrofa: "Signora, la sua macchina è proprio maleducata".
Io mi guardo intorno per cercare un'eventuale riserva a cui far impersonare la madre del Bruco al posto mio, ma la "signora" lo ignora bellamente, chiude la portiera e si allontana.

"Bruco... senti... perchè non fai come il papà quando era giovane e lanci la bicicletta a tutta velocità contro la portiera di questa macchina?"
Lo penso. Ma non lo dico. Non si può.
Perchè ai bambini bisogna insegnare le cose per come dovrebbero andare, non per come vanno.
Certo non che lo status quo aiuti granchè, in certi casi.

"Mamma perchè non ci sono le strade anche per le bici?" incalza lui.
"Eh. Bella domanda. E' che devono ancora costruirle. Però da qualche parte ci sono"
"E quelle per i monopattini?"
"Eh, adesso... Non esageriamo. Andrebbe già bene se la gente rispettasse le regole della strada normale"
"La gente è proprio maleducata, mamma"
"Hai ragione, Bruco. Però magari non andare in giro a dirlo a tutti"