venerdì 31 maggio 2013

Pigri si corre

Sono nata pigra. Sono, pigra. Da bambina volevo sempre fare un sacco di attività sportive: la ballerina, la pattinatrice su ghiaccio, la ginnasta. Però i miei avevano pochissimo tempo, ancor meno soldi e tre figli da gestire; in più, non è che io avessi proprio il physique du rôle: somigliavo più a un sacco di patate che a una promessa del corpo di ballo della Scala.
Così ho fatto i miei anni di piscina (che le madri su questa cosa della piscina spesso sono intransigenti e sembra che se da bambino non vai in piscina si ferma il mondo), e poi più niente.
Durante gli anni del liceo passavo i pomeriggi sul letto, a studiare, a scrivere, a leggere e chissà cos'altro, ma non mi ha mai sfiorato di andare, chessò, a fare una passeggiata fuori. Tantomeno in palestra. Tanto più che da ragazzina ero un'acciuga.
Poi, nel corso degli anni, ci ho provato più volte, a fare qualche attività sportiva, non ultimo qualche mese fa: ma niente, era proprio una tortura cinese.

Di solito siamo circondati di gente che ci tiene a farci sapere che "mi vai bene così come sei" e "ti vogliamo bene comunque". Io no. Io sono circondata di gente che mi rompe proprio i coglioni e che non me ne lascia passare una. Persone che mi hanno parlato con parole dure, a volte.
Inutile dire che in cuor mio non ho reagito benissimo. A nessuno piace sentir sottolineare da altri quanto o come mangia. Certo che io non è che ci stessi benissimo con quei dieci chili in più.
Poi sono successe delle cose.

Tipo che a San Valentino l'Interista mi ha regalato un paio di scarpe da running (da vero interista, è abituato a non mollare mai).

Tipo che ho iniziato a leggere, qua e là, su twitter, di questo gruppo virtuale di mamme sparse in tutta Italia, che andavano a correre, ognuna dove e come poteva, le #runningformommies.

Tipo che mio cognato durante il pranzo di Pasqua mi ha estorto la promessa di andare a correre con lui la mattina dopo. (e ci sono andata, perchè sono un'orgogliosa e piuttosto entro in crisi respiratoria ma tu non te ne devi accorgere).

Non so cosa sia successo, ma qualcosa è successo.
Sono due mesi che mi alzo la mattina alle 6 e vado a correre, tre volte a settimana.
Quasi sempre ascolto Johnny Cash, a volte devo rallentare, a volte prendo la pioggia, a volte passo in mezzo agli orti del parco e vorrei fermarmi a guardare gli iris che crescono tutt'intorno.
Ho capito che per me correre è una specie di training verso altro. Che se riesco ad alzarmi alle 6 per correre, posso farlo anche per scrivere.
Torno dopo un'ora e devo lavarmi, vestirmi, preparare la colazione, svegliare il Bruco, portarlo a scuola e poi andare a lavoro. Ma sono felice, quei giorni lì.

In un momento di follia mi sono anche iscritta a una corsa, la We own the night, solo 10 chilometri, solo donne, non competitiva.
10 chilometri. E' stasera. Non lo so se ce la faccio a farli tutti, ma non importa.
In qualche modo ho già vinto.

ps: a oggi non ho perso un etto, ma il motivo per cui mi alzo alle 6 e infilo le scarpe non è più solo quello.
 
ps2: il gruppo virtuale delle #runningformommies stasera sarà reale perchè alcune di loro le incontrerò alla partenza ;)

ps3: se qualcuno vuole venire all'arrivo con una bombola di ossigeno è ben accetto!

martedì 28 maggio 2013

Giovani, carini e disadattati

Qualche giorno fa sono andata alla riunione di fine anno della classe del Bruco.
Perchè sì, insomma, andiamo ancora in giro col cappotto però ormai è giugno, l'anno è finito, il pensiero vola alla spiaggia, è tempo di bilanci, tempo di "fare il punto sul programma didattico dell'anno in corso e relazionare i genitori sulla risposta dei bambini".
A quanto pare, è come col vino: ogni annata ha le sue caratteristiche, solo che coi bambini non sai esattamente da quali fattori dipendano, non puoi chiamare in causa la troppa pioggia (anche se quest'anno ne han presa parecchia, in effetti) o la troppa siccità.
Escono fuori in un certo modo, ed è curioso che tutti abbiano caratteristiche simili.


Poca propensione all'ascolto.
Difficoltà nel seguire lo svolgersi delle narrazioni.
Scarse abilità manuali.
Zero rispetto delle regole.
Attrazione esclusiva per il gioco fisico.
Inquietante difficoltà di relazionarsi gli uni con gli altri.

"I vostri figli, soprattutto i maschi, vivono completamente in una realtà a parte. Arrivano ogni giorno con la maglietta di un supereroe e non rispondono all'appello se non li si chiama col nome di quel supereroe" (questo a cosa lo ascriviamo, sdoppiamento di personalità o nerditudine incipiente?)

Esempi citati:

"Orlando, vai a lavarti le mani"
"Io non sono Orlando, sono Iron Man"

"Alessandra, di che colore devi disegnare la faccia di Orlando?"
"Verde"
"No, è rosa"
"Ma io la faccio verde"

"Giorgio, allora, che fine fa il lupo?"
"Muore"
"Ma no, Pierino lo porta allo zoo"
"E muore anche lui?"

In poche parole: giovani, carini e disadattati.

(Anche se a me piace pensare che crescendo muteranno i presunti difetti in pregi, mi piace pensare a una generazione futura capace di liberarsi, di ritrovare il senso del contatto fisico, di vivere le storie e la Storia senza farsene scudo, mi piace pensare a uomini e donne guidati dai sogni ma non nei sogni imprigionati: che quella realtà a parte in cui sembrano vivere adesso sia solo un mondo migliore che stanno preparando per se stessi e per gli altri)



lunedì 20 maggio 2013

Solo una fase

Scena tipo numero 1.

"Mamma, vorrei un gelato"
"Ma sono le 18.45!"
"Me l'hai promesso"
"Ma erano le due del pomeriggio! Vabbè. Che gusti vuoi?"
"Fiordilatte e panna montata"
"Mi viene l'intolleranza al lattosio solo a sentirtelo dire"

Il Bruco finisce il suo gelato.
"Mamma"
"Sì?"
"Ne voglio un altro"
"Cosa???!! No, zero"

Segue pianto isterico al grido di "sei brutta! sei cattiva!" protratto fino a casa.

Scena tipo numero 2.

"Mamma, ho sete"
"Siamo quasi a casa, aspetta, è questione di due minuti"
"No, io ho sete adesso!!!"
"Fai come vuoi"

Il Bruco si appende a un drago verde e si bagna interamente le felpa.
Scatta il "te l'avevo detto di aspettare a casa".

Segue pianto isterico al grido di "sei brutta! sei cattiva!".
Un agglomerato di ottantenni ci guarda passare e fissa con compassione il povero bimbo maltrattato.
"C'è qualche problema?"
Alzano le mani impauriti
"Allora giratevi dall'altra parte!"


Scena tipo numero 3.

"Mamma, guarda cosa mi ha regalato Simone per il suo compleanno?"
Nell'armadietto trovo ben 3 chupa chups (mi astengo dal commentare l'usanza di regalare porcate ai bambini degli altri quando il tuo compie gli anni).
"Bruco, lo sai che i dolcetti si mangiano solo nelle occasioni speciali"
"Ma oggi è un'occasione speciale, è il compleanno di Simone"
"Va bene (gli dico, e in cuor mio maledico il buon Simone e tutta la sua famiglia), ma solo uno"
"Mamma, ma perchè non posso mangiare sempre i chupa chups?"
"Perchè ti fanno cadere i denti"
"Ma guarda che poi a sei anni ti ricrescono, mamma"

Stamattina, alla scuola materna.

"Senta, ma qui a scuola tutto bene? No perchè a casa ci sta facendo impazzire, fa capricci assurdi, è sempre arrabbiato, ogni cosa che faccio mi dice che sono brutta e cattiva e a volte mi lancia dietro i giochi"
"E' tutto normale, signora: verso i 4 anni vivono una specie di adolescenza, giusto un assaggio di quello che sarà"

Dunque: il primo anno non si dorme, ci sono le coliche il reflusso e il mal di schiena da apprendisti camminatori, il secondo anno arrivano i terrible two, il terzo esplode la fase edipica, il quarto una sorta di adolescenza... no ma comunque "è solo una fase, signora".
E la fase del "genitore felice e privo di sbattimenti" quando arriva? Già arrivata? Ah, quando non ero genitore, dice? Ah. Ok.

"Pronto, interista? Stasera esco. Sì, anche stasera. Non so se torno. Ma tu non preoccuparti. E' solo una fase"


giovedì 9 maggio 2013

Sì, lo voglio(no)

"Il matrimonio è l'arte di risolvere in due i problemi che non hai quando sei solo", diceva la bisnonna Poupette nel Tempo delle mele. Che per inciso ho visto quando avevo circa 15 anni, quindi il fatto che questa citazione mi sia rimasta in mente da allora è piuttosto preoccupante.
Non ho mai pensato di dovermi sposare, e infatti non mi sono sposata.
Non ho mai pensato al principe azzurro, e infatti mi è capitato in sorte un non-principe nerazzurro.
Negli ultimi 10 anni, ovvero da quando stiamo insieme, io e l'Interista siamo stati invitati a 22 matrimoni, abbiamo partecipato a 16 di questi, di cui 13 insieme e 3 in separata sede.
Se ripenso a tutti questi matrimoni (oltre a pensare a quanto ammonterebbe oggi il mio conto in banca se non ci fossi andata), di ciascuno ricordo un dettaglio in particolare: ricordo quello in cui ho mangiato la cosa più buona, quello in cui faceva più caldo, quello coi centrotavola più belli, quello con la band migliore.
Alcuni sono stati lontano, ad altri non conoscevo praticamente nessuno tranne gli sposi, certi sono stati faticosi perchè il Bruco era piccolo e stare a tavola 5 ore di fila non era semplicissimo.
Onestamente sono davvero pochi i matrimoni per cui mi sono emozionata, perchè in pochi casi avevo condiviso davvero qualcosa con la sposa o lo sposo.
I matrimoni a cui mi piacerebbe tanto andare sono:
- quello della mia migliore amica, che sto ancora aspettando, e per il quale ho già pronto un discorso imbarazzante stile Four weddings and a funeral (nota per la diretta interessata: muoviti cazzo che non ci voglio venire coi capelli bianchi e le rughe!)
- quello di due persone che in qualche modo si sono conosciute grazie a me (e questo già sembra più palpabile del precedente)
- quello di due amici che ritengo impossibile si sposino
- quello di un qualche parente (esatto, 22 matrimoni e neanche uno di un parente), ma contando che i miei parenti sono quasi tutti stronzi e quelli dell'Interista sono quasi tutti sposati, la vedo male.
- quello a cui andrò sabato

Il matrimonio numero 23 sarà il primo a cui non porteremo il Bruco, il primo per cui ho provato una dozzina di vestiti senza averne trovato uno che mi stesse bene, il primo di cui ho la certezza che se ci andassi in ciabatte la sposa non strabuzzerebbe gli occhi ma si farebbe una risata (o forse entrambe le cose!), il primo prima del quale sono stata a un addio al nubilato in cui mi sono divertita come una matta.
Il primo, solo il primo, del 2013.
Quello tra noi e i matrimoni è un feeling costante e inesauribile: pensiamo di aver finito e invece arriva l'invito.
E nonostante il senso del romanticismo sia assente dal mio Dna, i matrimoni mi piacciono un sacco: tutta quella gente bella e sorridente, tutte quelle posate sui tavoli, il mal di piedi, il vestito che alla decima portata non ci stai più dentro, la fila per salutare la sposa, l'ansia perchè non si sa come l'Interista alle cerimonie arriva sempre in ritardo manco dovesse sposarsi lui...
Non so cosa direbbe la bisnonna Poupette del matrimonio numero 23, so solo che io sarò felice di esserci, perchè gli sposi sono due persone fantastiche, diversissimi tra loro e soprattutto innamorati come se si fossero conosciuti ieri.
Come direbbe Snoopy, li ho amati dal primo giorno che li ho visti. Qualunque sia stato.
Auguri, ragazzi.

ps: Silvia non ti preoccupare, mi son fatta prestare un paio di decolletè col tacco.


venerdì 3 maggio 2013

Vincere non è tutto (è l'unica cosa che conta)

L'animo preferisce la vittoria alla pace, scriveva Tito Livio di Annibale.
E di sicuro la preferisce l'animo del Bruco, togliendola a me, la pace.

Finchè era più piccolino pensavo che fosse una tappa della crescita, ora che va verso i quattro anni comincio a pensare che sia un tratto del suo carattere e, come dire, la situazione non è buona.
Lo so, lo so che a nessun bambino piace perdere, però lui va un po' oltre.
La sua reazione tipo è:
- mi gonfio e divento verde come l'incredibile Hulk
- urlo come se dentro il mio corpo stesse per verificarsi un big bang
- tiro calci e pugni a qualsiasi essere inanimato (almeno questo, per ora!) si trovi di fronte a me
- scoppio in un pianto disperato a bocca aperta e toni acuti prolungati che neanche la Callas
- dico no a qualunque tentativo di mia madre di consolarmi
- rinforzo il pianto se mi dicono cose tipo "non si può vincere sempre"

Il tutto non avviene se, ad esempio, perde una partita.
Avviene al primo tiro in porta che non para.

Al parco, ieri pomeriggio.

- Mamma, io vado in porta come "Andavonich", guardami!
- (oh no, cazzo, ha trovato una palla e degli amichetti, me tapina, me misera) Ok, amore, ti guardo!

Non faccio in tempo a finire la frase che la palla ovviamente è entrata.
Lui è già a terra che piange e si flagella.
"Anche suo padre fa così quando prende un goal?" chiedo a un compagno di calcetto dell'Interista (che per la cronaca gioca in porta in una squadra di calcetto per ex-giovani molto motivati, spesso contro avversari nati pochi anni prima di suo figlio).
"A parte le lacrime, sì" risponde lui ridendo.
"Beh, è sempre bello sapere che dopo 10 anni insieme a una persona puoi ancora scoprire cose nuove"

Quello che segue è un copione già recitato: lacrime, disperazione, pianti in braccio a me che cerco invano di trasmettergli il concetto "l'importante è partecipare", mentre le mamme del parco mi guardano con aria di disapprovazione (a proposito, lo rimando da troppo tempo questo post sulle mamme stronze, dovrò decidermi a scriverlo).

- Dai, Bruco, adesso andiamo a casa che è tardi, vedrai che la prossima volta andrà meglio.
- Mamma puoi mettermi la maglia?
(nb, io vado in giro con una maglietta dell'Inter numero 3 col suo nome stampato sopra, che è praticamente la sua copertina di Linus - nessun commento grazie)
- Ok, Bruco, eccola qua. Poi a casa la togli però.

- Ciao! - sbuca fuori un cinquenne riccioluto - Perchè hai la maglietta dell'Inter?
- Perchè io sono Andavonich.
- No, Bruco, hai la maglietta dell'Inter perchè tieni l'Inter.
- Ma guarda che l'Inter perde sempre.
- Senti, come ti chiami?
- Giovanni
- Secondo me la tua mamma ti sta cercando, Giovanni. Ciao, eh. Alla prossima.

- Mamma.
- Dimmi, Bruco.
- E' vero che l'Inter perde sempre?
- No, amore. Non sempre.

Prevedo anni duri. Anzi durissimi, senza vittoria, nè pace.