venerdì 21 giugno 2013

Del nascondersi all'ombra e del combattere

O si vive o si scrive, disse qualcuno. 
In effetti, nelle ultime due settimane abbiamo colorato i muri di una scuola, portato il Bruco al cinema per la prima volta, passato una giornata in cinque (ospitando i cuginetti, loro bravissimi - io ancora traumatizzata), andati a un concerto, tornati a piedi dal concerto perchè l'Interista ha chiuso le chiavi dello scooter nel bauletto, prenotato vacanze, mangiato gelato alla birra, compiuto trentacinque anni, scoperto cose che preferivamo non scoprire e altre che ci hanno sorpreso (tipo che il Bruco sa fare la rabona - che per inciso io non sapevo manco cosa fosse ma lui sì e forse mi devo rassegnare al fatto che i calciofili in casa mia si moltiplicano mio malgrado).
E non è che non abbia avuto qualche minuto per scrivere un post, è che a volte uno ha solo voglia di starsene all'ombra, e aspettare che il tempo passi, che i frutti maturino, le pagine si scrivano.

E mentre il tempo passa e le pagine si scrivono (con lentezza, fosse mai che mi perdo qualche dettaglio del panorama), anche quest'anno c'è uno scampolo di vacanza imminente. 

"Bruco, tra qualche giorno prendiamo l'aereo e andiamo un po' al mare, sei contento?"
"Non lo so, mamma"
"Come non lo sai? Perchè?"
"Nel mare dove andiamo ci sono le alghe?"
"Oddio, no, non credo"
"Non mi piace il mare con le alghe, mi fanno pizzicare i piedi"
"Allora cerchiamo di trovare un mare senza alghe, ok?"
"Se non lo troviamo mi posso togliere i piedi?"
"Ma che idee ti vengono, Bruco? Senza piedi come fai poi a camminare?"
"Ma i Barbapapà non ce li hanno i piedi, però camminano"

Come sempre ha vinto lui, che vive in un mondo in cui le creature dell'immaginazione hanno lo stesso valore di quelle reali.
E insomma andiamo via per qualche giorno: il Bruco alla ricerca di un mare senza alghe, io alla ricerca di alberi che facciano ombra sufficiente a nascondermi un po', l'Interista alla ricerca di un temporaneo oblio dalle sue preoccupazioni calcistico-lavorative.
Una fuga a tre, su un'isola greca come sempre perchè ci piace così, prima della lunga estate calda e cittadina e delle lotte che verranno. A questo proposito, mi è capitato tra le mani un pezzetto del "mestiere di vivere" di Pavese che recita così e che mi sembra quanto mai calzante con il nostro personale hic et nunc: "Il mito greco insegna che si combatte sempre contro una parte di sé, quella che si è superata, un antico se stesso. Si combatte soprattutto per non essere qualcosa, per liberarsi. Chi non ha grandi ripugnanze, non combatte".
(e noi siamo gente che combatte sempre, non a caso abbiamo dato al Bruco il nome di un paladino).


venerdì 7 giugno 2013

Un ghiacciolo al limon

Ci sono giorni difficili, quando si è madri.
Pure quando si è figli.
In assoluto, nella vita, ci sono giorni difficili. Difficilissimi.

Tipo lunedì scorso, quando mi sono svegliata alle 1, alle 2.30, alle 3.17 e alle 4.25, trascinandomi in camera del Bruco che prima aveva perso il ciuccio, poi la coperta, poi era caduto dal letto e alla fine ha chiesto "è mattino, mamma?"
No. E' notte fonda e questo ritorno alle sveglie ripetute dei primi mesi non è uno scherzo divertente.

Tipo lunedì scorso quando, dopo quattro risvegli notturni, mi è suonata la sveglia della 6 per andare a correre e non ce l'ho fatta perchè avevo un sonno devastante, e son rimasta a letto e mi sono sentita in colpa.

Tipo lunedì scorso quando sono salita sul treno che mi porta a lavoro, e mentre stavo sprofondata immobile su una poltrona, una signora mi ha fanculizzato perchè era inciampata nel mio piede.

"Ma insomma! Non vede che il suo piede arriva troppo in là?"
"E cosa faccio, me lo taglio?"
"Eh bè, lo sposti, almeno!"
"Signora guardi che io ero ferma, è lei che deve guardare davanti quando cammina!"
"Ma vada a cagare!"
"Scusi, vada a cagare lei!"

Già perchè c'è un bon ton anche nel fanculizzarsi reciprocamente, a volte.

Tipo lunedì scorso quando sono andata a prendere il Bruco a scuola, l'ho portato al parco, gli ho comprato un ghiacciolo che desiderava come se non ci fosse un domani e lui ha fatto una scenata da pazzo perchè il ghiacciolo, mentre lui lo leccava, si consumava.

L'intero parco ci fissava. Fissava il bambino pazzo e viziato e la madre incapace di educarlo.
Ho tentato la carta della simpatia per sdrammatizzare la situazione, e ho detto: "Amore qui non siamo mica nella fabbrica di Willy Wonka, non esiste il succhia-succhia che mai si consuma!"
Ma nessuno ha colto la citazione, e io mi sono sentita ancora più sola.

E niente, poi son tornata a casa col Bruco singhiozzante per mano, senza dire una parola per tutto il tragitto.
E ho pensato che forse è così che si cresce, tra un vaffanculo gratis e la rabbia per i propri sogni infranti, qualunque forma abbiano. Compresa quella di un ghiacciolo al limone.