Quando hai davanti a te un lungo inverno da passare e il padre di tuo figlio prima delle 20.30 è raro che si presenti a casa (e a volte neanche si presenta), quando hai giurato che la tv non starà accesa più di mezzora di cartoni animati al giorno ma non te la senti di fare la gara di macchinine per le due ore consecutive antecedenti alla cena, cosa fai? Trovi un'attività.
Sì insomma un corso, un impegno pomeridiano, una via di fuga dalle quattro mura della home sweet home che t'imprigiona con l'infante assetato di giochi anche dopo 8 ore di asilo.
E guardacaso ci è finito tra le mani un volantino con la pubblicità di un corso di musica per bimbi 0-6 anni, proprio vicino a casa: il Bruco ama la musica, mi son detta "facciamo la lezione di prova".
Mi son detta bene, è stata una di quelle esperienze che non si dimenticano.
Immaginatevi circa una quindicina di genitori, di cui molti presenti in formazione completa madre più padre con cravatta appena uscito dall'ufficio, seduti in cerchio senza scarpe, qualcuno in preda a palese paranoia da calzino bucato.
Immaginatevi un'insegnante che la Julie Andrews di Tutti insieme appassionatamente gli fa una pippa, un misto tra la suorina bionda di Sister Act e una corista da oratorio alla prese con la versione rock di "Grazie Signore Grazie".
No ma brava. Davvero, musicalmente bravissima.
Insomma costei non parla, canta. Perchè la musica e il ritmo devono permeare l'intera ora di lezione e "i vostri figli devono essere circondati solo dalla musica".
Ha cantato per quasi un'ora improbabili canzoncine mutuate da non so quale metodo inglese, pretendendo che i genitori la seguissero nella voce e nelle movenze.
Se qualcuno avesse spiato dalla finestra avrebbe visto 15 cretini scalzi e incravattati che battevano le mani e si muovevano in tondo a passo di canguro.
Io credo di aver fatto una brutta figura, mi veniva troppo da ridere, e non sono nota nè per le mie doti canore nè per quelle di ballerina.
Poi, sul finire della lezione, dopo 40 minuti di campanellini, bastoncini e tamburi, dopo un intermezzo di Air Guitar, l'invasata cantatrice impugna un violino, spegne le luci e con voce suadente, sempre cantando, dice "è il momento della nanna".
L'atmosfera è soft, le luci basse, i bambini sdraiati con la testa sulle ginocchia dei genitori.
Lei intona una melodia vagamente folk e s'accompagna col violino.
Tutti sembrano dormire, avvolti dal magico incantesimo della musica.
Ed è lì che, a sfregio del mondo, il Bruco scatta in piedi e urla a voce spiegata "Chicchirichì!!!".
Gli altri genitori ridono, la cantatrice un po' meno, una nonnetta ingessata mi guarda con aria di rimprovero.
Morale.
La musica è precisione, mio figlio è un anarchico, ma soprattutto: che la figura di merda sia con noi.
martedì 25 settembre 2012
venerdì 21 settembre 2012
Le faremo sapere
La settimana è trascorsa in un turbinio di staffette amical-parentali, col Bruco trasferito di mano in mano a tutti coloro che si sono offerti di babysitterarlo per qualche ora mentre io e l'Interista facevamo gli acrobati tra improbabili turni di lavoro e impegni di altra natura, appesantiti da incalzanti preoccupazioni.
"Interista, domani a chi lasciamo nostro figlio? Esce dall'asilo alle 11.30. Maledetto inserimento. Il Comune di Milano sta cercando di ucciderci lentamente, io lo so"
"Sono combattutto, non so chi scegliere"
"Oddio non abbiamo poi tutta questa scelta... Posso chiedere alla mamma di Viola se gli dà da mangiare e poi..."
"Non so se scegliere il Baffo o il Gobbo..."
"Scusa???!!?"
Ognuno ha le sue preoccupazioni. C'è chi si chiede dove lasciare il figlio e chi vive il dilemma di scegliere uno stagista.
Eh già. Perchè, come in tutte le redazioni che si rispettino, ci sono i cicli: stagista che vai, stagista che vieni. Ora è giunto il momento per l'Interista (che a sua volta lo fu anni orsono) di scegliere lo stagista di turno. Anzi, gli stagisti, visto che ne servono due. Trattati bene, eh. Retribuiti. E imparano pure un mestiere. E' bene dirlo perchè in Italia si sa che queste cose mica sono scontate. Io anni fa figuratevi che feci uno stage non pagato nella redazione di un reality show sul sesso. Tre mesi a chiedermi come fosse accaduto che dopo dieci anni di studio del latino mi ritrovavo circondata da falli finti fluorescenti e altre amenità. No ma mi son divertita, eh.
Ma torniamo agli aspiranti stagisti nerazzurri.
Dopo attenta selezione del Curriculum Vitae, ecco chi sono i candidati che tormentano le notti dell'Interista.
Il Baffo
Giovane, interista e disoccupato.
Formazione eterogena, esperto di pallavolo, cinefilo e dotato di importanti baffi scuri che gli danno un tocco retrò. Quando è entrato in redazione, qualcuno ha mormorato "adesso prendiamo anche i comunisti".
L'Interista l'ha amato da subito: "è ccomunista così" mi ha detto alzando il doppio pugno di Verdoniana memoria.
"Gli hai chiesto se sarebbe disposto a tagliarsi i baffi per andare in video?"
Ed è stata subito crisi.
Il Gobbo
Biondo, belloccio con naso importante, una specie di sosia di Owen Wilson.
Molto competente in materia calcistica, è juventino.
"Scusa ma com'è possibile che un gobbo voglia fare uno stage in ambiente interista?"
"Si è definito 'juventino non moggiano'"
"Quindi potresti sceglierlo? In fondo è caruccio, bravo, competente..."
"Non se ne parla"
Le femmine
"Ma stagiste femmine stavolta niente?" (nella redazione dell'Interista sono molto attenti alle quote rosa)
"Ce ne sono un paio, però..."
"Però?"
"Una sembra brava, scrive già di sport, è carina..."
"Però?"
"Essendo femmina..."
"Mi sto già incazzando, ti avverto..."
"No, è che oggettivamente non ci sono molte donne, anche calciofile, che sanno descrivere una diagonale verticale"
"Ok, faccio finta di non aver sentito. L'altra?"
"L'altra... ha lasciato trapelare simpatie milaniste"
"Oddio. Ma che hanno 'sti giovani? Cioè, dico io, non c'è più la fede calcistica di una volta"
Secondo voi chi saranno i prescelti?
Ovviamente, vi faremo sapere.
"Interista, domani a chi lasciamo nostro figlio? Esce dall'asilo alle 11.30. Maledetto inserimento. Il Comune di Milano sta cercando di ucciderci lentamente, io lo so"
"Sono combattutto, non so chi scegliere"
"Oddio non abbiamo poi tutta questa scelta... Posso chiedere alla mamma di Viola se gli dà da mangiare e poi..."
"Non so se scegliere il Baffo o il Gobbo..."
"Scusa???!!?"
Ognuno ha le sue preoccupazioni. C'è chi si chiede dove lasciare il figlio e chi vive il dilemma di scegliere uno stagista.
Eh già. Perchè, come in tutte le redazioni che si rispettino, ci sono i cicli: stagista che vai, stagista che vieni. Ora è giunto il momento per l'Interista (che a sua volta lo fu anni orsono) di scegliere lo stagista di turno. Anzi, gli stagisti, visto che ne servono due. Trattati bene, eh. Retribuiti. E imparano pure un mestiere. E' bene dirlo perchè in Italia si sa che queste cose mica sono scontate. Io anni fa figuratevi che feci uno stage non pagato nella redazione di un reality show sul sesso. Tre mesi a chiedermi come fosse accaduto che dopo dieci anni di studio del latino mi ritrovavo circondata da falli finti fluorescenti e altre amenità. No ma mi son divertita, eh.
Ma torniamo agli aspiranti stagisti nerazzurri.
Dopo attenta selezione del Curriculum Vitae, ecco chi sono i candidati che tormentano le notti dell'Interista.
Il Baffo
Giovane, interista e disoccupato.
Formazione eterogena, esperto di pallavolo, cinefilo e dotato di importanti baffi scuri che gli danno un tocco retrò. Quando è entrato in redazione, qualcuno ha mormorato "adesso prendiamo anche i comunisti".
L'Interista l'ha amato da subito: "è ccomunista così" mi ha detto alzando il doppio pugno di Verdoniana memoria.
"Gli hai chiesto se sarebbe disposto a tagliarsi i baffi per andare in video?"
Ed è stata subito crisi.
Il Gobbo
Biondo, belloccio con naso importante, una specie di sosia di Owen Wilson.
Molto competente in materia calcistica, è juventino.
"Scusa ma com'è possibile che un gobbo voglia fare uno stage in ambiente interista?"
"Si è definito 'juventino non moggiano'"
"Quindi potresti sceglierlo? In fondo è caruccio, bravo, competente..."
"Non se ne parla"
Le femmine
"Ma stagiste femmine stavolta niente?" (nella redazione dell'Interista sono molto attenti alle quote rosa)
"Ce ne sono un paio, però..."
"Però?"
"Una sembra brava, scrive già di sport, è carina..."
"Però?"
"Essendo femmina..."
"Mi sto già incazzando, ti avverto..."
"No, è che oggettivamente non ci sono molte donne, anche calciofile, che sanno descrivere una diagonale verticale"
"Ok, faccio finta di non aver sentito. L'altra?"
"L'altra... ha lasciato trapelare simpatie milaniste"
"Oddio. Ma che hanno 'sti giovani? Cioè, dico io, non c'è più la fede calcistica di una volta"
Secondo voi chi saranno i prescelti?
Ovviamente, vi faremo sapere.
martedì 18 settembre 2012
Primo giorno
Ieri sera alle 22.13 faceva lo spavaldo saltando sul letto al grido "Vojo andare a scuola, vojo andare a scuola" (che poi tecnicamente è l'asilo ma lui lo chiama scuola e tant'è).
Stamattina alle 8.50 cristonavo per tirarlo giù dal letto come nella miglior tradizione de "la sera leoni e la mattina...".
Si è alzato trascinando le gambe e stropicciandosi gli occhi e mi ha raggiunta in cucina.
"Mamma, dove andiamo?"
"Alla nuova scuola, Bruco. Sei contento?"
"Come si chiamano le maestre?"
"Patrizia e Laura. Vuoi sapere anche i nomi dei tuoi compagni nuovi?"
"No, i compagni non m'interessano"
Mi sembra un ottimo inizio.
Arriviamo con un quarto d'ora d'anticipo davanti all'ingresso, dove una decina di bimbi urlanti aspetta di cominciare la nuova avventura.
"Guarda, Bruco, lì c'è uno dei tuoi nuovi compagni, Sasha!"
"No"
"Ok. Proviamo con Silvia, quella bimbetta laggiù?"
"Dove sono le maestre?"
Vabbè, sull'argomento compagni non è ricettivo.
Finalmente il portone si apre, entriamo diretti verso la classe verde.
Il Bruco paralizzato mi si attacca alla gamba e guarda con orrore la schiera di quattrenni e cinquenni che costituiscono il comitato di accoglienza.
Da sfasata quale sono ho dimenticato le ciabatte, le foto, l'asciugamano, la qualunque.
Tanto per far sentire mio figlio a suo agio, ecco.
E' solo il primo giorno e io non ce la sto facendo.Yuppi.
Ore 10.14: il Bruco si dirige verso la minicucina e litiga con una bimba pakistana per il possesso dei mestoli di legno.
Ore 10.20: seduto al tavolo con foglio e pennarelli, la maestra gli chiede cosa vuole disegnare e lui in un accesso di follia inizia a picchiare le punte sul tavolo emettendo versi simili a grugniti.
Ore 10.39: il Bruco deve fare la pipì, ma essendoci 4 minicessi tutti in fila e volendo provarli tutti, la fa a rate, un po' in ciascun minicesso, con pessimi risultati.
Ore 10.45: torna sorridente con un foglio tutto scarabocchiato.
Ore 10.50: la maestra Laura viene a dirmi che "Orlando fa tanto il duro ma poi si scioglie subito". (praticamente è un babbo di minchia come sua madre e l'hanno già sgamato)
Ore 11: usciamo e recuperiamo l'Interista, che nel frattempo si è aggirato per il parco con un passeggino vuoto, arrovellandosi nel dilemma dei nuovi stagisti da scegliere (ma questa è un'altra storia e ve la racconto domani perchè è troppo divertente per tacerla)
La buona notizia della giornata è che questo è l'ultimo Bruco-inserimento della nostra vita.
Stamattina alle 8.50 cristonavo per tirarlo giù dal letto come nella miglior tradizione de "la sera leoni e la mattina...".
Si è alzato trascinando le gambe e stropicciandosi gli occhi e mi ha raggiunta in cucina.
"Mamma, dove andiamo?"
"Alla nuova scuola, Bruco. Sei contento?"
"Come si chiamano le maestre?"
"Patrizia e Laura. Vuoi sapere anche i nomi dei tuoi compagni nuovi?"
"No, i compagni non m'interessano"
Mi sembra un ottimo inizio.
Arriviamo con un quarto d'ora d'anticipo davanti all'ingresso, dove una decina di bimbi urlanti aspetta di cominciare la nuova avventura.
"Guarda, Bruco, lì c'è uno dei tuoi nuovi compagni, Sasha!"
"No"
"Ok. Proviamo con Silvia, quella bimbetta laggiù?"
"Dove sono le maestre?"
Vabbè, sull'argomento compagni non è ricettivo.
Finalmente il portone si apre, entriamo diretti verso la classe verde.
Il Bruco paralizzato mi si attacca alla gamba e guarda con orrore la schiera di quattrenni e cinquenni che costituiscono il comitato di accoglienza.
Da sfasata quale sono ho dimenticato le ciabatte, le foto, l'asciugamano, la qualunque.
Tanto per far sentire mio figlio a suo agio, ecco.
E' solo il primo giorno e io non ce la sto facendo.Yuppi.
Ore 10.14: il Bruco si dirige verso la minicucina e litiga con una bimba pakistana per il possesso dei mestoli di legno.
Ore 10.20: seduto al tavolo con foglio e pennarelli, la maestra gli chiede cosa vuole disegnare e lui in un accesso di follia inizia a picchiare le punte sul tavolo emettendo versi simili a grugniti.
Ore 10.39: il Bruco deve fare la pipì, ma essendoci 4 minicessi tutti in fila e volendo provarli tutti, la fa a rate, un po' in ciascun minicesso, con pessimi risultati.
Ore 10.45: torna sorridente con un foglio tutto scarabocchiato.
Ore 10.50: la maestra Laura viene a dirmi che "Orlando fa tanto il duro ma poi si scioglie subito". (praticamente è un babbo di minchia come sua madre e l'hanno già sgamato)
Ore 11: usciamo e recuperiamo l'Interista, che nel frattempo si è aggirato per il parco con un passeggino vuoto, arrovellandosi nel dilemma dei nuovi stagisti da scegliere (ma questa è un'altra storia e ve la racconto domani perchè è troppo divertente per tacerla)
La buona notizia della giornata è che questo è l'ultimo Bruco-inserimento della nostra vita.
venerdì 14 settembre 2012
Ehi McFly
L'avevo già detto in tempi meno sospetti: frequentare i parchi pubblici (in particolare le aree gioco)
fa male all'autostima.
Al Parco, ieri, ore 17.20.
"Mamma... ma dove sono i miei amichetti?"
"Eh, Bruco... mi sa che oggi non ci sono"
Si guarda in giro sconfortato.
"E io come faccio?"
"Puoi fare nuove amicizie" (disse la madre, nota al mondo per i suoi atteggiamenti misantropi e antisociali)
"No" (disse il figlio, dimostrando la veridicità della teoria della mela e dell'albero)
E in quel mentre si palesano due bambini, un maschio e una femmina coetanei del Bruco, attratti dal di lui scintillante e nerazzurro Supertele.
"Ciao bambino!"
"Possiamo giocare?"
"No" (la cosa che mi fa impazzire di questo ragazzino è che neanche ci prova a dare una motivazione, ti dice un "no" secco, ti lancia uno sguardo alla Vincent Vega e ciao)
"Ma noi vogliamo giocare con la tua palla!"
Il Bruco non risponde, abbarbicato al Supertele.
"Ci fai giocare?" incalza il maschietto.
"..."
"Ma sa parlare? " mi chiede la femmina.
"Certo" rispondo io, chiedendomi che fine abbia fatto la logorrea del Bruco.
Lei inizia a fissarlo, insistente come solo le femmine sanno essere. Gli sventola la mano a due centimetri dal naso e gli dice: "Ehi, c'è nessuno???!!".
Il maschietto gli prende la palla di prepotenza.
A me va la saliva di traverso, mentre certe reminescenze cinematografiche mi salgono alla memoria, e comincio a presagire lacrime e sventura pomeridiana.
Lui mi guarda.
Sfodera il suo minuscolo dito indice, e mi dice: "Questo non è giusto, mamma"
"Hai ragione, amore. 'Spetta che vado là e gli dò un pugno"
Ma no, ovvio che la seconda parte non l'ho detta.
Però il Marty McFly che è in me l'ha pensata.
Dopo aver diplomaticamente recuperato la palla, dopo qualche giro di scivolo solitario, il Bruco decide che vuole tornare a casa.
"Mi sento molto solino, oggi, mamma"
"Bruco mi dispiace. Ma non sempre al parco si trova compagnia..."
"Mamma... ma la Viola non abita mica da quella parte?"
"Sì perchè?"
"Perchè non possiamo abitare a casa sua?"
"Perchè ogni famiglia ha la propria casa"
"Perchè? E' più divertente se abitiamo insieme"
I casi sono due: o sto crescendo un piccolo hippie, o io e l'Interista dobbiamo fare un corso di aggiornamento in simpatia.
fa male all'autostima.
Al Parco, ieri, ore 17.20.
"Mamma... ma dove sono i miei amichetti?"
"Eh, Bruco... mi sa che oggi non ci sono"
Si guarda in giro sconfortato.
"E io come faccio?"
"Puoi fare nuove amicizie" (disse la madre, nota al mondo per i suoi atteggiamenti misantropi e antisociali)
"No" (disse il figlio, dimostrando la veridicità della teoria della mela e dell'albero)
E in quel mentre si palesano due bambini, un maschio e una femmina coetanei del Bruco, attratti dal di lui scintillante e nerazzurro Supertele.
"Ciao bambino!"
"Possiamo giocare?"
"No" (la cosa che mi fa impazzire di questo ragazzino è che neanche ci prova a dare una motivazione, ti dice un "no" secco, ti lancia uno sguardo alla Vincent Vega e ciao)
"Ma noi vogliamo giocare con la tua palla!"
Il Bruco non risponde, abbarbicato al Supertele.
"Ci fai giocare?" incalza il maschietto.
"..."
"Ma sa parlare? " mi chiede la femmina.
"Certo" rispondo io, chiedendomi che fine abbia fatto la logorrea del Bruco.
Lei inizia a fissarlo, insistente come solo le femmine sanno essere. Gli sventola la mano a due centimetri dal naso e gli dice: "Ehi, c'è nessuno???!!".
Il maschietto gli prende la palla di prepotenza.
A me va la saliva di traverso, mentre certe reminescenze cinematografiche mi salgono alla memoria, e comincio a presagire lacrime e sventura pomeridiana.
Lui mi guarda.
Sfodera il suo minuscolo dito indice, e mi dice: "Questo non è giusto, mamma"
"Hai ragione, amore. 'Spetta che vado là e gli dò un pugno"
Ma no, ovvio che la seconda parte non l'ho detta.
Però il Marty McFly che è in me l'ha pensata.
Dopo aver diplomaticamente recuperato la palla, dopo qualche giro di scivolo solitario, il Bruco decide che vuole tornare a casa.
"Mi sento molto solino, oggi, mamma"
"Bruco mi dispiace. Ma non sempre al parco si trova compagnia..."
"Mamma... ma la Viola non abita mica da quella parte?"
"Sì perchè?"
"Perchè non possiamo abitare a casa sua?"
"Perchè ogni famiglia ha la propria casa"
"Perchè? E' più divertente se abitiamo insieme"
I casi sono due: o sto crescendo un piccolo hippie, o io e l'Interista dobbiamo fare un corso di aggiornamento in simpatia.
martedì 11 settembre 2012
Pavè. A breakfast post
Diciamolo chiaramente: i locali baby friendly in Italia non è che siano poi molti.
Milano non fa eccezione.
Ma soprattutto è difficile trovare luoghi capaci di accogliere tutti trasversalmente, che siano bambini o studenti universitari, che abbiano l'outfit giusto (scusate, da poco ho imparato questa nuova parola molto in voga tra le fashion victims milanesi e volevo usarla a tutti i costi un po' a presa di culo) oppure calzino Birkenstock e indossino pantaloni col cavallo basso.
Diciamo che di solito il confine è piuttosto marcato: ci sono i locali in cui i bambini sono ammessi e a volte auspicati, e quelli in cui se per caso ne porti uno ti guardano schifato e iniziano a grattarsi perchè in molti hanno l'allergia, ai bambini, e sono segretamente iscritti al movimento Childfree (che per la cronaca esiste davvero, non è una mia invenzione).
E poi succede che qualche volta trovi un posto che entri, lo guardi, pensi che è troppo bello e ben frequentato e che "adesso prendo una brioche al volo e me ne esco prima che il Bruco mi faccia vergognare", e invece poi vai in bagno e ci trovi il fasciatoio. E il seggiolone.
E non ci puoi credere. E ti dici che quindi esiste un mondo in cui possiamo convivere tutti insieme nella bellezza e nella bontà, un mondo dove io madre 34enne esente da qualsivoglia crisi da outfit (scusate, c'ho preso gusto) non mi devo autoghettizzare davanti al 25enne hipster che legge NME icons sul suo MacBook. Che anzi possiamo condividere lo stesso tavolo, e che due sedie più in là c'è un pensionato che legge la Gazzetta dello Sport.
Esiste, da qualche mese, a Milano, e si chiama Pavè.
Non l'abbiamo trovato per caso passeggiando, ci siamo andati diretti perchè uno dei tre ragazzi che l'hanno creato, in tempi ormai lontani è stato uno degli stagisti dell'Interista, per l'esattezza "il più in gamba degli stagisti" dice lui (e lo dimostra il fatto che prima è emigrato in Australia e poi ha scelto un altro lavoro).
Da Pavè, mercoledì scorso, ore 10.25.
Il Bruco entra e si svacca su una delle poltrone vicine alla vetrina.
"Mamma è molto comoda questa poltrona. Posso togliermi le scarpe?"
"Ehm. Facciamo che per adesso le tieni"
Non ho neanche finito di rispondere che lui è già andato al bancone, da solo.
"Signora vojo un succo, peppiacere"
"Come lo vuoi?" gli chiede la fanciulla al bancone.
"Di pesca. Lo vojo nel bicchiere grande"
E così abbiamo fatto colazione, con in sottofondo The Mojomatics - "You are the reason for my troubles" che era il disco Pavè della settimana (ogni settimana ce n'è uno, in rotazione dal martedì al venerdì, dalle 10 alle 11), e due piattini con una brioche liscia e una 160, che dovevano essere per me e l'Interista e invece se le è spazzolate il Bruco, perchè se c'è una cosa di cui non vi posso spiegare la meraviglia sono le brioches di questa bakery.
Andateci e mangiatene tutti.
Guardate al di là del vetro nel laboratorio artigianale a vista da cui le sfornano, dopo averle impastate con burro e lievito madre. Guardate i dolci monoporzione al bancone. Assaggiate il pane fatto da loro. Guardatevi intorno e sorridete.
Poi aprite una dispensa e prendete un libro. Ci sono anche libri per bambini, nel caso non vi andasse di leggere la Repubblica. Come fareste a casa vostra.
C'è anche il wifi gratis. La mattina in cui ci siamo andati noi la password era "buongiorno".
Milano non fa eccezione.
Ma soprattutto è difficile trovare luoghi capaci di accogliere tutti trasversalmente, che siano bambini o studenti universitari, che abbiano l'outfit giusto (scusate, da poco ho imparato questa nuova parola molto in voga tra le fashion victims milanesi e volevo usarla a tutti i costi un po' a presa di culo) oppure calzino Birkenstock e indossino pantaloni col cavallo basso.
Diciamo che di solito il confine è piuttosto marcato: ci sono i locali in cui i bambini sono ammessi e a volte auspicati, e quelli in cui se per caso ne porti uno ti guardano schifato e iniziano a grattarsi perchè in molti hanno l'allergia, ai bambini, e sono segretamente iscritti al movimento Childfree (che per la cronaca esiste davvero, non è una mia invenzione).
E poi succede che qualche volta trovi un posto che entri, lo guardi, pensi che è troppo bello e ben frequentato e che "adesso prendo una brioche al volo e me ne esco prima che il Bruco mi faccia vergognare", e invece poi vai in bagno e ci trovi il fasciatoio. E il seggiolone.
E non ci puoi credere. E ti dici che quindi esiste un mondo in cui possiamo convivere tutti insieme nella bellezza e nella bontà, un mondo dove io madre 34enne esente da qualsivoglia crisi da outfit (scusate, c'ho preso gusto) non mi devo autoghettizzare davanti al 25enne hipster che legge NME icons sul suo MacBook. Che anzi possiamo condividere lo stesso tavolo, e che due sedie più in là c'è un pensionato che legge la Gazzetta dello Sport.
Esiste, da qualche mese, a Milano, e si chiama Pavè.
Non l'abbiamo trovato per caso passeggiando, ci siamo andati diretti perchè uno dei tre ragazzi che l'hanno creato, in tempi ormai lontani è stato uno degli stagisti dell'Interista, per l'esattezza "il più in gamba degli stagisti" dice lui (e lo dimostra il fatto che prima è emigrato in Australia e poi ha scelto un altro lavoro).
Da Pavè, mercoledì scorso, ore 10.25.
Il Bruco entra e si svacca su una delle poltrone vicine alla vetrina.
"Mamma è molto comoda questa poltrona. Posso togliermi le scarpe?"
"Ehm. Facciamo che per adesso le tieni"
Non ho neanche finito di rispondere che lui è già andato al bancone, da solo.
"Signora vojo un succo, peppiacere"
"Come lo vuoi?" gli chiede la fanciulla al bancone.
"Di pesca. Lo vojo nel bicchiere grande"
E così abbiamo fatto colazione, con in sottofondo The Mojomatics - "You are the reason for my troubles" che era il disco Pavè della settimana (ogni settimana ce n'è uno, in rotazione dal martedì al venerdì, dalle 10 alle 11), e due piattini con una brioche liscia e una 160, che dovevano essere per me e l'Interista e invece se le è spazzolate il Bruco, perchè se c'è una cosa di cui non vi posso spiegare la meraviglia sono le brioches di questa bakery.
Andateci e mangiatene tutti.
Guardate al di là del vetro nel laboratorio artigianale a vista da cui le sfornano, dopo averle impastate con burro e lievito madre. Guardate i dolci monoporzione al bancone. Assaggiate il pane fatto da loro. Guardatevi intorno e sorridete.
Poi aprite una dispensa e prendete un libro. Ci sono anche libri per bambini, nel caso non vi andasse di leggere la Repubblica. Come fareste a casa vostra.
C'è anche il wifi gratis. La mattina in cui ci siamo andati noi la password era "buongiorno".
lunedì 10 settembre 2012
Gioco vecchio fa buon brodo
Sarà che tra settembre e dicembre si concentrano la maggioranza dei compleanni dei Brucofriends.
Sarà che anche il suo compleanno è in questo periodo.
Sarà che il suddetto periodo festaiolo culmina col Natale.
Ma insomma mi sembra una buona occasione per parlare di giochi.
Il mondo dei giochi per bambini è un business infernale fatto di pubblicità con orrende canzoncine, colori acidi, packaging estremi e invenzioni perverse come le bambole tatuate che si abbronzano al sole. E tanta, tanta plastica. E tanto, tanto spreco.
No, non voglio tirarvi una pezza infinita sui giochi di legno, e quelli di una volta che si sono estinti, e si stava meglio quando eravamo poveri e giocavamo nei cortili (anche se...).
Però, qualcosa mi sento di dirla in virtù della mia quasi triennale esperienza in materia:
1. ai bambini servono molti meno giochi di quelli che hanno
2. dopo i primi 3 giorni, il gioco nuovo che se non glielo compravi veniva giù il mondo non se lo filano più neanche di striscio
3. ai bambini importa di più con chi giocano e non con cosa giocano
4. i bambini, se non indotti dai genitori, non fanno caso se un gioco è nuovo o usato
5. alcuni giochi si possono costruire in casa con pochissima spesa (anche di tempo) e massima resa
6. il gioco del vicino è sempre più bello (e questo la dice lunga sul valore)
7. non esistono giochi da maschi e giochi da femmine (anche se l'Interista non la pensa così)
Il Bruco in materia di giochi è fortunato, perchè avendo due cuginetti più grandi ne ha ereditati un sacco, compresi vari mezzi di trasporto come monopattini, biciclette, tricicli e varie altre cose che non gli avrei mai comprato.
A casa di Orlando, ieri, ore 20.43.
"Bruco cosa vorresti per il tuo compleanno?"
"La zia mi ha detto che mi compra il trenino"
"Sei sicuro che ha detto proprio "compra"? Ma se invece un giorno andiamo da loro e scegli un gioco che i tuoi cugini non usano più?"
"Ok, mamma"
(non è perchè è un bambino bravissimo, è solo che non conosce l'esistenza di posti come il Toys)
"Però Babbo Natale poi me lo porta lo stesso il biliardino?"
"Certo! Te lo porta in cambio del ciuccio"
"E lo va a prendere a casa dei miei cugini?"
"No amore"
"E dove lo prende?"
"Lo costruisce lui"
"Ma lo sa che io lo vojo grande però?"
"Vai tranquillo che lo sa. Però per far spazio al biliardino dobbiamo eliminare un po' di giochi vecchi"
"E dove li mettiamo?"
"Li regaliamo ai bambini del tuo ex-asilo?"
Nicchia. Alla fine è sempre un bambino e cedere i propri giochi è una cosa difficile da fare.
"Però Teddy lo tieno. E anche le mie moto piccole"
"Ma certo, Bruco. Scegli tu cosa vuoi tenere e cosa no"
E anche per questo compleanno dovremmo essercela cavata. Per l'operazione biliardino ci penseremo tra un po'.
PS: Ieri siamo stati al compleanno di un'amichetta.
Per la prima volta mi sono scoperta felice di aver avuto un figlio maschio: non credo che potrei vivere sotto lo stesso tetto con una Sbrodolina.
(poi vivo con una porta da calcio in salotto, ma questa è un'altra storia)
Sarà che anche il suo compleanno è in questo periodo.
Sarà che il suddetto periodo festaiolo culmina col Natale.
Ma insomma mi sembra una buona occasione per parlare di giochi.
Il mondo dei giochi per bambini è un business infernale fatto di pubblicità con orrende canzoncine, colori acidi, packaging estremi e invenzioni perverse come le bambole tatuate che si abbronzano al sole. E tanta, tanta plastica. E tanto, tanto spreco.
No, non voglio tirarvi una pezza infinita sui giochi di legno, e quelli di una volta che si sono estinti, e si stava meglio quando eravamo poveri e giocavamo nei cortili (anche se...).
Però, qualcosa mi sento di dirla in virtù della mia quasi triennale esperienza in materia:
1. ai bambini servono molti meno giochi di quelli che hanno
2. dopo i primi 3 giorni, il gioco nuovo che se non glielo compravi veniva giù il mondo non se lo filano più neanche di striscio
3. ai bambini importa di più con chi giocano e non con cosa giocano
4. i bambini, se non indotti dai genitori, non fanno caso se un gioco è nuovo o usato
5. alcuni giochi si possono costruire in casa con pochissima spesa (anche di tempo) e massima resa
6. il gioco del vicino è sempre più bello (e questo la dice lunga sul valore)
7. non esistono giochi da maschi e giochi da femmine (anche se l'Interista non la pensa così)
Il Bruco in materia di giochi è fortunato, perchè avendo due cuginetti più grandi ne ha ereditati un sacco, compresi vari mezzi di trasporto come monopattini, biciclette, tricicli e varie altre cose che non gli avrei mai comprato.
A casa di Orlando, ieri, ore 20.43.
"Bruco cosa vorresti per il tuo compleanno?"
"La zia mi ha detto che mi compra il trenino"
"Sei sicuro che ha detto proprio "compra"? Ma se invece un giorno andiamo da loro e scegli un gioco che i tuoi cugini non usano più?"
"Ok, mamma"
(non è perchè è un bambino bravissimo, è solo che non conosce l'esistenza di posti come il Toys)
"Però Babbo Natale poi me lo porta lo stesso il biliardino?"
"Certo! Te lo porta in cambio del ciuccio"
"E lo va a prendere a casa dei miei cugini?"
"No amore"
"E dove lo prende?"
"Lo costruisce lui"
"Ma lo sa che io lo vojo grande però?"
"Vai tranquillo che lo sa. Però per far spazio al biliardino dobbiamo eliminare un po' di giochi vecchi"
"E dove li mettiamo?"
"Li regaliamo ai bambini del tuo ex-asilo?"
Nicchia. Alla fine è sempre un bambino e cedere i propri giochi è una cosa difficile da fare.
"Però Teddy lo tieno. E anche le mie moto piccole"
"Ma certo, Bruco. Scegli tu cosa vuoi tenere e cosa no"
E anche per questo compleanno dovremmo essercela cavata. Per l'operazione biliardino ci penseremo tra un po'.
PS: Ieri siamo stati al compleanno di un'amichetta.
Per la prima volta mi sono scoperta felice di aver avuto un figlio maschio: non credo che potrei vivere sotto lo stesso tetto con una Sbrodolina.
(poi vivo con una porta da calcio in salotto, ma questa è un'altra storia)
martedì 4 settembre 2012
Top five (dei Brucolibri)
E alla soglia dei tre anni, è arrivato anche il momento delle classifiche: non avendo ancora vissuto abbastanza da poter elaborare la top five delle "cinque più memorabili fregature di tutti i tempi" come il protagonista di Alta Fedeltà, il Bruco ha tuttavia deciso di fare la classifica dei suoi cinque libri preferiti, ovvero quelli che negli ultimi due anni ho dovuto leggere ad alta voce qualcosa come un trilione di volte, tanto che li so a memoria e spesso, quando li vedo sugli scaffali delle librerie, m'insorgono istantaneamente tic di vario genere.
Quelli di voi che hanno figli possono prendere spunto per i loro pargoli, tutti gli altri sono autorizzati a pensare a quanto è bello poter leggere solo quello che scegli tu, quando lo vuoi tu, e nel silenzio della tua testina.
Anche se, devo dirvelo, fare le voci strane e profondersi in versi sconvenienti con la scusa che stai intrattenendo tuo figlio, non ha prezzo.
Ecco la top five libresca del Bruco, o come dice lui "i miei preferiti libri" (nonostante legga molto questa cosa della sintassi non l'ha ancora metabolizzata).
1. Papà, non riesco a dormire!
E' la storia di un panda che ha deciso di rompere i coglioni a suo padre il quale, a pagina 2, è stato obbligato dalla madre a stirare mentre lei guarda la partita (sì lo so, sembra folle ma è tutto vero).
Il piccolo panda chiama suo padre ventimila volte creandogli un esaurimento nervoso, dopo aver contato le pecore, ma anche le mucche, i maiali, i rinoceronti e tutti gli animali del creato.
Finisce che il padre entra in camera del figlio e vede una riunione planetaria di bestie impazzite che reclamano un bicchiere di latte.
Consigliato per: far sapere ai vostri figli insonni che non sono gli unici scassamaroni dell'universo mondo.
Papà, non riesco a dormire!
Michael Foreman (Il battellino a vapore - Piemme, 2002)
2. Urlo di mamma
Storia di una madre esaurita che sclera col figlio e urla come una pazza (cioè la storia di mia madre): il figlio - per la cronaca stiamo parlando di una famiglia di pinguini - si scompone in mille pezzi per la fifa, poi alla fine la madre li raccatta tutti e li ricuce insieme. Onestamente, ogni volta che la leggo un po' mi commuovo perchè vi sfido a trovare una madre che non ha mai urlato contro il figlio, e un figlio che non si è mai sentito malissimo perchè sua madre gli ha urlato dietro.
Consigliato per: far sapere ai vostri figli che le madri sclerano e urlano ma che, no, non c'è bisogno di chiamare il telefono azzurro perchè poi si ripigliano e (quelle in gamba) hanno il coraggio e di chiederti scusa.
Urlo di mamma
Jutta Bauer (Salani Editore, 2002)
3. Posso guardare nel tuo pannolino?
Insopportabile vicenda di un topo ficcanaso che rompe l'anima a mezza arca di Noè per vedere cosa c'è nel loro pannolino, per poi farsi figo che lui ha imparato a non cacarci più dentro.
Variazione sul tema "forma e colori della cacca per bimbi in fase di spannolinamento" parzialmente mutuata dalla famosa talpa del Chi me l'ha fatta in testa?. Del resto i bambini, si sa, a un certo punto della loro vita si sublimano pronunciando la parola "cacca". In attesa di chiamarla "merda" come tutto il resto del mondo.
Consigliato per: far sapere ai vostri figli che ognuno caga a modo suo ma che, di base, tutti cagano. E quindi sarebbe bene che pure loro imparassero.
Posso guardare nel tuo pannolino?
Guido Van Genechten (Clavis, 2009)
4. Il fatto è
Storia di una paperetta a cui tutti vorrebbero dire quando fare il bagno, ma che se ne strafrega del resto del mondo e lo percula pure facendo il bagno quando e come lo dice lei.
Premio Nati per Leggere 2011 come miglior libro per bambini dai 6 ai 36 mesi, illustrazioni splendide, è il Brucolibro preferito dall'Interista, che notoriamente è propenso a sposare le cause di chi resiste alle opinioni idiote della massa.
Consigliato per: far sapere ai vostri figli che, sotto sotto, quando disobbediscono ai vostri ordini, siete dalla loro parte. Perchè anche i bambini sono persone, e in quanto tali, dotati di volontà e di autodeterminazione. Tiè.
Il fatto è
Gek Tessaro (Lapis, 2011)
5. Il pinguino verde
"Questa è la storia bella ma strana/di un pinguino che voleva esser rana": filastrocca in rima e bellissimi collages per spiegare che ciascuno ha il diritto di provare a diventare ciò che vuole (a proposito di quello che si diceva nell'ultimo post), ma che è meglio farlo senza snaturarsi troppo.
E, non ultimo, è anche un libro sul potere della lettura di creare sogni.
Consigliato per: far sapere ai vostri figli che, prima o poi, potranno scegliersi l'abito che preferiscono.
Il pinguino verde
Valentina Muzzi (Sinnos edizioni, 2011)
Buona lettura...
Quelli di voi che hanno figli possono prendere spunto per i loro pargoli, tutti gli altri sono autorizzati a pensare a quanto è bello poter leggere solo quello che scegli tu, quando lo vuoi tu, e nel silenzio della tua testina.
Anche se, devo dirvelo, fare le voci strane e profondersi in versi sconvenienti con la scusa che stai intrattenendo tuo figlio, non ha prezzo.
Ecco la top five libresca del Bruco, o come dice lui "i miei preferiti libri" (nonostante legga molto questa cosa della sintassi non l'ha ancora metabolizzata).
1. Papà, non riesco a dormire!
E' la storia di un panda che ha deciso di rompere i coglioni a suo padre il quale, a pagina 2, è stato obbligato dalla madre a stirare mentre lei guarda la partita (sì lo so, sembra folle ma è tutto vero).
Il piccolo panda chiama suo padre ventimila volte creandogli un esaurimento nervoso, dopo aver contato le pecore, ma anche le mucche, i maiali, i rinoceronti e tutti gli animali del creato.
Finisce che il padre entra in camera del figlio e vede una riunione planetaria di bestie impazzite che reclamano un bicchiere di latte.
Consigliato per: far sapere ai vostri figli insonni che non sono gli unici scassamaroni dell'universo mondo.
Papà, non riesco a dormire!
Michael Foreman (Il battellino a vapore - Piemme, 2002)
2. Urlo di mamma
Storia di una madre esaurita che sclera col figlio e urla come una pazza (cioè la storia di mia madre): il figlio - per la cronaca stiamo parlando di una famiglia di pinguini - si scompone in mille pezzi per la fifa, poi alla fine la madre li raccatta tutti e li ricuce insieme. Onestamente, ogni volta che la leggo un po' mi commuovo perchè vi sfido a trovare una madre che non ha mai urlato contro il figlio, e un figlio che non si è mai sentito malissimo perchè sua madre gli ha urlato dietro.
Consigliato per: far sapere ai vostri figli che le madri sclerano e urlano ma che, no, non c'è bisogno di chiamare il telefono azzurro perchè poi si ripigliano e (quelle in gamba) hanno il coraggio e di chiederti scusa.
Urlo di mamma
Jutta Bauer (Salani Editore, 2002)
3. Posso guardare nel tuo pannolino?
Insopportabile vicenda di un topo ficcanaso che rompe l'anima a mezza arca di Noè per vedere cosa c'è nel loro pannolino, per poi farsi figo che lui ha imparato a non cacarci più dentro.
Variazione sul tema "forma e colori della cacca per bimbi in fase di spannolinamento" parzialmente mutuata dalla famosa talpa del Chi me l'ha fatta in testa?. Del resto i bambini, si sa, a un certo punto della loro vita si sublimano pronunciando la parola "cacca". In attesa di chiamarla "merda" come tutto il resto del mondo.
Consigliato per: far sapere ai vostri figli che ognuno caga a modo suo ma che, di base, tutti cagano. E quindi sarebbe bene che pure loro imparassero.
Posso guardare nel tuo pannolino?
Guido Van Genechten (Clavis, 2009)
4. Il fatto è
Storia di una paperetta a cui tutti vorrebbero dire quando fare il bagno, ma che se ne strafrega del resto del mondo e lo percula pure facendo il bagno quando e come lo dice lei.
Premio Nati per Leggere 2011 come miglior libro per bambini dai 6 ai 36 mesi, illustrazioni splendide, è il Brucolibro preferito dall'Interista, che notoriamente è propenso a sposare le cause di chi resiste alle opinioni idiote della massa.
Consigliato per: far sapere ai vostri figli che, sotto sotto, quando disobbediscono ai vostri ordini, siete dalla loro parte. Perchè anche i bambini sono persone, e in quanto tali, dotati di volontà e di autodeterminazione. Tiè.
Il fatto è
Gek Tessaro (Lapis, 2011)
5. Il pinguino verde
"Questa è la storia bella ma strana/di un pinguino che voleva esser rana": filastrocca in rima e bellissimi collages per spiegare che ciascuno ha il diritto di provare a diventare ciò che vuole (a proposito di quello che si diceva nell'ultimo post), ma che è meglio farlo senza snaturarsi troppo.
E, non ultimo, è anche un libro sul potere della lettura di creare sogni.
Consigliato per: far sapere ai vostri figli che, prima o poi, potranno scegliersi l'abito che preferiscono.
Il pinguino verde
Valentina Muzzi (Sinnos edizioni, 2011)
Buona lettura...
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