E così domani è Febbraio, e il mese più deprimente dell'anno è andato.
Ciao ciao Gennaio, è stato bello, a parte che oggi è l'ultimo giorno delle mie vecchie abitudini e io ancora non mi ci sono abituata, grazie, sei stato clemente e non mi hai fatto ammalare (sarà che lavorare in una redazione a 11° ammazza qualunque germe?).
Ieri è stato il giorno del colloquio alla scuola materna del Bruco.
A 5 mesi dal suo ingresso nel nuovo mondo dei piccoli-grandi è emerso che:
1. Il Bruco è un bambino entusiasta e sereno (mio figlio? è sicura? ah. bene! no, perchè io e suo padre saremmo due pessimisti cinici cronici malmostosi...)
2. Il Bruco ogni tanto impazzisce e diventa sordo, gli parli e non ascolta, si fa proprio i fatti suoi (ah ecco. adesso sì che lo riconosco. no perchè la mela mica cade lontano dall'albero, dicono...)
3. Gioca tutto il giorno con gli animali e con le macchinine (ma contemporaneamente o in fasi separate? da solo o con gli altri bambini?)
4. E' un bambino che non rifiuta nessuno, ma non è un mostro di socialità (ah ecco, è proprio figlio mio, bbello de mamma)
5. Non gli frega niente di disegnare (parole testuali. oddio il figlio ingegnere non l'avevo considerato...), ma soprattutto se gli dici di riprodurre un gatto lui disegna una medusa (ok, no, dai un po' di creatività gliel'abbiamo passata)
6. Adora leggere (vabbè qui ho pianto) e impazzisce per la musica (e qui piangerà lo zio Davide)
Analisi finale (mia): da grande sarà un sognatore antropofobico ma utopista che scrive trattati teoretici sull'influenza della musica sugli animali in via di estinzione.
Vabbè dai. Hanno anche detto che gli piace muoversi, e che è molto preciso nei percorsi (questo o riporto solo per accontentare l'Interista).
Nota a parte
101. Rinvenire una cassa di rosso barricato del 2003 tra i rottami della tua ormai ex-redazione. Stapparne una bottiglia e brindare coi colleghi in un loft ormai totalmente smantellato l'ultimo giorno prima che arrivino le ruspe.
Andare al primo colloquio con le maestre della materna con l'alito che puzza di alcool.
Non era nella lista delle mie cento cose, ma lo inserisco adesso. Fatto.
giovedì 31 gennaio 2013
lunedì 28 gennaio 2013
Leggiamoci sopra
Quando siamo costretti a un cambiamento, anche solo quando lo intravediamo come possibile, nella maggior parte dei casi tendiamo a rifiutarlo. Non so dire se sia la tanto decantata "forza dell'abitudine", ma sembra proprio che sia il nostro corpo stesso a rifiutarlo, e questo è in parte giustificato col fatto che quello che conosciamo, proprio perchè lo conosciamo, non può farci troppo male. Mentre del nuovo non si può dire lo stesso.
Tra pochi giorni avrò una nuova sede di lavoro, perderò le mie abitudini, le mie tempistiche e le mie colleghe. E questo mi spezza il cuore, ancor prima che avvenga. Sarà che ho il trauma della separazione, ma il risultato non cambia: ho il groppo in gola, e chissà quando passerà.
Poi ci sono tutti quei cambiamenti che non ci riguardano direttamente, ma in realtà ci riguardano assai: molti sono lenti e li recepiamo una volta che sono già avvenuti, altri sono veloci e più che altro ci travolgono. In entrambi i casi, funziona come sopra: tendiamo a respingerli.
Sto parlando dei libri digitali: com'è avvenuta la mia "conversione" (ma forse dovrei dire accettazione) l'ho già raccontato qui, ma ho tanti amici e conoscenti che ripudiano anche solo l'idea di abbandonare il caro vecchio libro di carta, quello che ha un peso, un formato, un odore, una fisica visibile, ecco.
Del resto l'oggetto "libro" è qualcosa che esiste da talmente tanto tempo che non sappiamo più neanche immaginarla, quell'era in cui il libro non esisteva se non nelle parole e nei canti tramandati degli uomini. Si capisce che il passaggio alla sua versione digitale non sia una cosa semplicissima da accettare.
E tanto meno lo è quando si parla di libri per bambini: io stessa al Bruco (che per la cronaca appartiene alla generazione dei "nativi digitali") non l'ho mai messo in mano, un libro digitale.
E' ancora per lo più territorio inesplorato, e comprende nella riflessione che lo riguarda anche tutto il discorso dell'accesso dei bambini a determinati dispositivi tecnologici.
Ora, intorno a tutti questi discorsi, affrontati come avevamo segnalato in occasione del convegno L'editoria per l'infanzia volta pagina organizzato lo scorso novembre nell'ambito di Bookcity Milano, si è sviluppata una rete di soggetti che hanno creato un questionario allo scopo di raccogliere dati significativi e capire lo stato dell'arte sui libri digitali per bambini.
Io l'ho compilato stamattina: è proprio una cosa da cinque minuti, ed è rivolto ai genitori ma anche ai bibliotecari o ai librai, a chiunque possa dare un contributo in materia.
Lo trovate qui, mentre per ulteriori approfondimenti vi rimando al post dedicato di Happi Ideas, che è uno dei promotori dell'iniziativa insieme a Nati per Leggere e AIB (Associazione Italiana Biblioteche), tanto per dirne due ma sono molti di più.
Insomma, il cambiamento lo vivremo che lo vogliamo o no.
E mentre cerchiamo anche di capirlo, leggiamoci sopra.
Tra pochi giorni avrò una nuova sede di lavoro, perderò le mie abitudini, le mie tempistiche e le mie colleghe. E questo mi spezza il cuore, ancor prima che avvenga. Sarà che ho il trauma della separazione, ma il risultato non cambia: ho il groppo in gola, e chissà quando passerà.
Poi ci sono tutti quei cambiamenti che non ci riguardano direttamente, ma in realtà ci riguardano assai: molti sono lenti e li recepiamo una volta che sono già avvenuti, altri sono veloci e più che altro ci travolgono. In entrambi i casi, funziona come sopra: tendiamo a respingerli.
Sto parlando dei libri digitali: com'è avvenuta la mia "conversione" (ma forse dovrei dire accettazione) l'ho già raccontato qui, ma ho tanti amici e conoscenti che ripudiano anche solo l'idea di abbandonare il caro vecchio libro di carta, quello che ha un peso, un formato, un odore, una fisica visibile, ecco.
Del resto l'oggetto "libro" è qualcosa che esiste da talmente tanto tempo che non sappiamo più neanche immaginarla, quell'era in cui il libro non esisteva se non nelle parole e nei canti tramandati degli uomini. Si capisce che il passaggio alla sua versione digitale non sia una cosa semplicissima da accettare.
E tanto meno lo è quando si parla di libri per bambini: io stessa al Bruco (che per la cronaca appartiene alla generazione dei "nativi digitali") non l'ho mai messo in mano, un libro digitale.
E' ancora per lo più territorio inesplorato, e comprende nella riflessione che lo riguarda anche tutto il discorso dell'accesso dei bambini a determinati dispositivi tecnologici.
Ora, intorno a tutti questi discorsi, affrontati come avevamo segnalato in occasione del convegno L'editoria per l'infanzia volta pagina organizzato lo scorso novembre nell'ambito di Bookcity Milano, si è sviluppata una rete di soggetti che hanno creato un questionario allo scopo di raccogliere dati significativi e capire lo stato dell'arte sui libri digitali per bambini.
Io l'ho compilato stamattina: è proprio una cosa da cinque minuti, ed è rivolto ai genitori ma anche ai bibliotecari o ai librai, a chiunque possa dare un contributo in materia.
Lo trovate qui, mentre per ulteriori approfondimenti vi rimando al post dedicato di Happi Ideas, che è uno dei promotori dell'iniziativa insieme a Nati per Leggere e AIB (Associazione Italiana Biblioteche), tanto per dirne due ma sono molti di più.
Insomma, il cambiamento lo vivremo che lo vogliamo o no.
E mentre cerchiamo anche di capirlo, leggiamoci sopra.
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mercoledì 23 gennaio 2013
Affetti personali
La premessa al post che segue è che di questi tempi la grande fortuna è quella di avere un lavoro, e che la sottoscritta ne è consapevole. Un lavoro che ti piace, poi, è quasi una rarità.
Però. (sì, c'è un però, si intuiva?)
Come molti della mia generazione, credo, ho cambiato circa una trentina di lavori in pochi anni.
Dall'Università alla mia attuale occupazione ho fatto parecchi lavori, anche molto diversi tra loro, anche molto fantasiosi. Del resto quando ti laurei in Lettere, vuoi scrivere e vivi in Italia, ti candidi automaticamente all'Annuario delle Occupazioni di Fantasia.
Ragion per cui sono passata dalla traduzione di incunaboli in latino al preparare buffet in un chiringuito insieme a una ragazza rumena che poteva lavorare solo nel seminterrato perchè a quell'epoca i rumeni non erano ancora comunitari, dall'assistere un regista teatrale full day al compilare fatture in una multinazionale giapponese in cui ho provato l'ebbrezza ansiogena del timbrare il cartellino, dallo scrivere una sceneggiatura per un mistico cattolico in Venezuela al reparto account di una odiosa agenzia di pubblicità (impiego che a tutt'oggi resta il peggiore della mia vita perchè raramente ho trovato tanti stronzi radunati in un edificio solo).
E ancora e ancora.
Tanto che per me cambiare lavoro (e quindi sede) era come respirare: neanche me ne accorgevo.
Ora lavoro da sei anni e mezzo nello stesso posto.
Roba di un'altra epoca, eh? Eppure è accaduto.
Un posto che dopo tutto questo tempo è praticamente una filiale di casa mia, tanto che nella mia cassettiera ci sono un paio di ciabatte, diverse stoviglie, le bustine del thè, lo spazzolino col dentifricio, libri, insomma quelli che comunemente vengono chiamati "effetti personali".
Poi venerdì entra il capo, e mi dice: "Inizia a fare pulizia perchè il 31...".
E fa quel gesto, con le mani. Il gesto che equivale alle parole "fuori dai coglioni".
Guardo il calendario. E' il 18... 31... 13 giorni? Cioè ho solo 13 giorni della mia vecchia comoda poltronissima vita? Ok. E dove andiamo?
"Ancora non si sa"
"Ok. Mi sembra un posto fantastico"
Il fatto è che io ho qualche difficoltà con i cambiamenti. Il fatto è che da tre giorni sto svuotando gli armadi, i faldoni, i cassetti. Trovando tracce di tutto quello che è accaduto, qua e là, in questi anni.
Piccole memorie sepolte dall'abitudine. E dalla polvere. Se vi concentrate un po' potete sentirmi starnutire.
Articoli che non ricordavo di aver scritto, libri che non ricordavo di aver letto, numeri di persone che mi affiorano nella mente tra nebbie di montaliana memoria, lasciti casuali della mia ex-collega (tra cui una scatoletta di filetti di sgombro che spero venga a riprendersi a breve).
Li chiamano effetti personali, io voglio chiamarli affetti personali.
E siccome, proprio come la mia nonna centocinquenne mancata un paio d'anni fa, non riesco a buttare via niente, ho preso una scatola e ce li ho messi dentro tutti per riportarli a casa.
E adesso sono lì, in attesa di destinazione.
Io, per parte mia, spero solo che la nuova sede sia vicina a un posto pulito e illuminato bene, che faccia delle brioches decenti e con qualcuno, dietro al bancone, che abbia qualche storia da raccontare.
Beh se poi è anche vicino alla metro gialla è anche meglio.
(no dai scherzo. l'importante sono le brioches)
Però. (sì, c'è un però, si intuiva?)
Come molti della mia generazione, credo, ho cambiato circa una trentina di lavori in pochi anni.
Dall'Università alla mia attuale occupazione ho fatto parecchi lavori, anche molto diversi tra loro, anche molto fantasiosi. Del resto quando ti laurei in Lettere, vuoi scrivere e vivi in Italia, ti candidi automaticamente all'Annuario delle Occupazioni di Fantasia.
Ragion per cui sono passata dalla traduzione di incunaboli in latino al preparare buffet in un chiringuito insieme a una ragazza rumena che poteva lavorare solo nel seminterrato perchè a quell'epoca i rumeni non erano ancora comunitari, dall'assistere un regista teatrale full day al compilare fatture in una multinazionale giapponese in cui ho provato l'ebbrezza ansiogena del timbrare il cartellino, dallo scrivere una sceneggiatura per un mistico cattolico in Venezuela al reparto account di una odiosa agenzia di pubblicità (impiego che a tutt'oggi resta il peggiore della mia vita perchè raramente ho trovato tanti stronzi radunati in un edificio solo).
E ancora e ancora.
Tanto che per me cambiare lavoro (e quindi sede) era come respirare: neanche me ne accorgevo.
Ora lavoro da sei anni e mezzo nello stesso posto.
Roba di un'altra epoca, eh? Eppure è accaduto.
Un posto che dopo tutto questo tempo è praticamente una filiale di casa mia, tanto che nella mia cassettiera ci sono un paio di ciabatte, diverse stoviglie, le bustine del thè, lo spazzolino col dentifricio, libri, insomma quelli che comunemente vengono chiamati "effetti personali".
Poi venerdì entra il capo, e mi dice: "Inizia a fare pulizia perchè il 31...".
E fa quel gesto, con le mani. Il gesto che equivale alle parole "fuori dai coglioni".
Guardo il calendario. E' il 18... 31... 13 giorni? Cioè ho solo 13 giorni della mia vecchia comoda poltronissima vita? Ok. E dove andiamo?
"Ancora non si sa"
"Ok. Mi sembra un posto fantastico"
Il fatto è che io ho qualche difficoltà con i cambiamenti. Il fatto è che da tre giorni sto svuotando gli armadi, i faldoni, i cassetti. Trovando tracce di tutto quello che è accaduto, qua e là, in questi anni.
Piccole memorie sepolte dall'abitudine. E dalla polvere. Se vi concentrate un po' potete sentirmi starnutire.
Articoli che non ricordavo di aver scritto, libri che non ricordavo di aver letto, numeri di persone che mi affiorano nella mente tra nebbie di montaliana memoria, lasciti casuali della mia ex-collega (tra cui una scatoletta di filetti di sgombro che spero venga a riprendersi a breve).
Li chiamano effetti personali, io voglio chiamarli affetti personali.
E siccome, proprio come la mia nonna centocinquenne mancata un paio d'anni fa, non riesco a buttare via niente, ho preso una scatola e ce li ho messi dentro tutti per riportarli a casa.
E adesso sono lì, in attesa di destinazione.
Io, per parte mia, spero solo che la nuova sede sia vicina a un posto pulito e illuminato bene, che faccia delle brioches decenti e con qualcuno, dietro al bancone, che abbia qualche storia da raccontare.
Beh se poi è anche vicino alla metro gialla è anche meglio.
(no dai scherzo. l'importante sono le brioches)
martedì 15 gennaio 2013
Arriva un giorno
Arriva un giorno, nella vita di ogni madre, in cui tuo figlio va in bagno da solo, e torna trotterellando e dice tutto fiero "Mamma, sono andato in bagno da solo e non mi sono pulito!".
Arriva un giorno in cui quel figlio vuole sapere che lavoro fanno tutti quelli intorno a lui, in cui ti chiede cosa fa un falegname e tu glielo spieghi e lui ti dice che vuole fare il dottore, e tu gli rispondi che sarebbe meglio il falegname, perchè tutti i tuoi amici medici - che nel tuo immaginario deviato dopo 9 serie di Grey's Anatomy salvano vite - ti hanno assicurato che no, abitualmente non salvano vite e che no, non trombano tra colleghi in lavanderia camici a ogni pausa.
Arriva un giorno in cui quel figlio non vuole più che tu lo prenda in braccio per portarlo a nanna perchè "so andarci da solo, mamma".
Arriva un giorno in cui, dopo 3 anni e passa di strenua educazione pacifista e antimilitarista (e soli 3 mesi di scuola materna), tuo figlio va in giro con le manine posizionate a pistola fingendo di sparare a chiunque, e tu ti dici che alla fine viviamo nel mondo in cui viviamo e che nei film di Tarantino non fanno che sparare e a te piacciono, i film di Tarantino, e quindi prima o poi bisogna che gliela spieghi, questa cosa delle armi, perchè fingere che non esistano non funziona.
Arriva un giorno in cui tuo figlio vuole sapere perchè non può mangiare le caramelle, uno in cui ti chiede quali altre squadre esistano al mondo oltre all'Inter, uno in cui ti dice che vuole mettersi solo le calze che arrivano al ginocchio, uno in cui ti racconta che un suo compagno d'asilo gli ha lanciato un gioco in faccia sbregandogliela ma che gli ha chiesto scusa, e quindi non è successo niente.
Ma soprattutto, arriva un giorno in cui tuo figlio ti chiede a bruciapelo i nomi dei 7 nani: e tu balbetti, arranchi, abbozzi, dissimuli, ma alla fine, cazzo, non li sai.
E lui ha imparato a contare fino a 7.
Ti sforzi, riprovi, e te ne manca sempre uno.
E tu pensi, citando tra te e te Pretty Woman, "stronzi nanetti!".
Ps: Eolo. Era Eolo. Per colpa di Eolo il Bruco non crede più che io sia quella rassicurante figura materna che ha sempre una risposta a tutto. Grazie Eolo. Fanculo, Eolo.
(Si possono insultare i 7 nani su un mommyblog? E' troppo tardi? Ok.)
Arriva un giorno in cui quel figlio vuole sapere che lavoro fanno tutti quelli intorno a lui, in cui ti chiede cosa fa un falegname e tu glielo spieghi e lui ti dice che vuole fare il dottore, e tu gli rispondi che sarebbe meglio il falegname, perchè tutti i tuoi amici medici - che nel tuo immaginario deviato dopo 9 serie di Grey's Anatomy salvano vite - ti hanno assicurato che no, abitualmente non salvano vite e che no, non trombano tra colleghi in lavanderia camici a ogni pausa.
Arriva un giorno in cui quel figlio non vuole più che tu lo prenda in braccio per portarlo a nanna perchè "so andarci da solo, mamma".
Arriva un giorno in cui, dopo 3 anni e passa di strenua educazione pacifista e antimilitarista (e soli 3 mesi di scuola materna), tuo figlio va in giro con le manine posizionate a pistola fingendo di sparare a chiunque, e tu ti dici che alla fine viviamo nel mondo in cui viviamo e che nei film di Tarantino non fanno che sparare e a te piacciono, i film di Tarantino, e quindi prima o poi bisogna che gliela spieghi, questa cosa delle armi, perchè fingere che non esistano non funziona.
Arriva un giorno in cui tuo figlio vuole sapere perchè non può mangiare le caramelle, uno in cui ti chiede quali altre squadre esistano al mondo oltre all'Inter, uno in cui ti dice che vuole mettersi solo le calze che arrivano al ginocchio, uno in cui ti racconta che un suo compagno d'asilo gli ha lanciato un gioco in faccia sbregandogliela ma che gli ha chiesto scusa, e quindi non è successo niente.
Ma soprattutto, arriva un giorno in cui tuo figlio ti chiede a bruciapelo i nomi dei 7 nani: e tu balbetti, arranchi, abbozzi, dissimuli, ma alla fine, cazzo, non li sai.
E lui ha imparato a contare fino a 7.
Ti sforzi, riprovi, e te ne manca sempre uno.
E tu pensi, citando tra te e te Pretty Woman, "stronzi nanetti!".
Ps: Eolo. Era Eolo. Per colpa di Eolo il Bruco non crede più che io sia quella rassicurante figura materna che ha sempre una risposta a tutto. Grazie Eolo. Fanculo, Eolo.
(Si possono insultare i 7 nani su un mommyblog? E' troppo tardi? Ok.)
mercoledì 9 gennaio 2013
Creepy little things
Creepy little thing number 1.
Martedì, ore 8.27, a casa di Orlando, a colazione.
"Mamma"
"Dimmi, Bruco"
"Vojo andare a scuola"
"Davvero???? Cioè... evviva, bene, sono contenta... oddio cosa si dice in questi casi???"
Niente, l'ha detto ed era vero. E' entrato tutto saltellante in classe verde e manco m'ha salutata.
Poi quando l'ho ritirato alle 17 mi ha detto "Mamma scusa ma devo fare un gioco veloce".
Siamo usciti dall'asilo alle 17.40.
Vabbè domani vado dal parrucchiere e lo ritiro alle 18.
Creepy little thing number 2.
Martedì, ore 18.00, sulla via di casa.
"Mamma, guarda!"
"Cosa, Bruco?"
"Non hanno ancora distrutto l'albero di Natale!" (quello in piazza della chiesa, ndr)
"Si dice disfatto, non distrutto. Si vede che non hanno avuto tempo..."
"Oh, mamma guarda!"
"Oddio, cosa?"
"E' arrivato il bambino Gesù nella caverna! Possiamo vederlo da vicino? Mamma vojo vedere il bambino Gesù nella caverna"
Mio figlio ha ripetuto le parole "bambino Gesù" per ben 3 volte nella stessa frase nonostante in casa non le abbia mai sentite nominare negli ultimi 3 anni. Ho ingoiato il chewingum.
"Va bene... se ci tieni"
"Eccolo... guarda, mamma, ha solo le mutande! Come Batman. Lui che poteri ha?"
"Ehm... cammina sull'acqua" (è stata la prima cosa che mi è venuta in mente, siate magnanimi, su)
"Come me quando vado nelle pozzanghere?"
"Una specie"
Creepy little thing number 3.
La zia Lidia, che lavora in un posto in cui fabbricano manichini, ci ha portato in dono un sacchetto di mani. Erano per lo zio Davide, per i suoi esperimenti cinematografici. Ma non so se le avrà mai.
"Beeeeelle, mamma, posso prenderle?"
"E poi cosa ci fai, Bruco?"
"Ci gioco"
"Ok"
"Posso portarle a nanna con me?"
Ieri sera il Bruco è andato a letto con 3 mani di un manichino. Oltre agli abituali compagni di nanna ovvero la pecora Pepi, l'orsetto Teddy, Batman e la moto Ducati da 30 cm. E ha dormito sereno fino a stamattina.
Benvenuta in famiglia, Mano.
Martedì, ore 8.27, a casa di Orlando, a colazione.
"Mamma"
"Dimmi, Bruco"
"Vojo andare a scuola"
"Davvero???? Cioè... evviva, bene, sono contenta... oddio cosa si dice in questi casi???"
Niente, l'ha detto ed era vero. E' entrato tutto saltellante in classe verde e manco m'ha salutata.
Poi quando l'ho ritirato alle 17 mi ha detto "Mamma scusa ma devo fare un gioco veloce".
Siamo usciti dall'asilo alle 17.40.
Vabbè domani vado dal parrucchiere e lo ritiro alle 18.
Creepy little thing number 2.
Martedì, ore 18.00, sulla via di casa.
"Mamma, guarda!"
"Cosa, Bruco?"
"Non hanno ancora distrutto l'albero di Natale!" (quello in piazza della chiesa, ndr)
"Si dice disfatto, non distrutto. Si vede che non hanno avuto tempo..."
"Oh, mamma guarda!"
"Oddio, cosa?"
"E' arrivato il bambino Gesù nella caverna! Possiamo vederlo da vicino? Mamma vojo vedere il bambino Gesù nella caverna"
Mio figlio ha ripetuto le parole "bambino Gesù" per ben 3 volte nella stessa frase nonostante in casa non le abbia mai sentite nominare negli ultimi 3 anni. Ho ingoiato il chewingum.
"Va bene... se ci tieni"
"Eccolo... guarda, mamma, ha solo le mutande! Come Batman. Lui che poteri ha?"
"Ehm... cammina sull'acqua" (è stata la prima cosa che mi è venuta in mente, siate magnanimi, su)
"Come me quando vado nelle pozzanghere?"
"Una specie"
Creepy little thing number 3.
La zia Lidia, che lavora in un posto in cui fabbricano manichini, ci ha portato in dono un sacchetto di mani. Erano per lo zio Davide, per i suoi esperimenti cinematografici. Ma non so se le avrà mai.
"Beeeeelle, mamma, posso prenderle?"
"E poi cosa ci fai, Bruco?"
"Ci gioco"
"Ok"
"Posso portarle a nanna con me?"
Ieri sera il Bruco è andato a letto con 3 mani di un manichino. Oltre agli abituali compagni di nanna ovvero la pecora Pepi, l'orsetto Teddy, Batman e la moto Ducati da 30 cm. E ha dormito sereno fino a stamattina.
Benvenuta in famiglia, Mano.
lunedì 7 gennaio 2013
Di lunedì
La prima settimana dell'anno è quasi andata, e con lei anche il primo tragico lunedì, quello in cui devi puntare una vera sveglia, alzarti, constatare allo specchio i danni di due settimane di gozzovigli, preparare la colazione, e soprattutto convincere tuo figlio che la festa è finita e gli amici sono tutti all'asilo che lo aspettano.
Mettetevi nei panni di un treenne (non dovrebbe essere difficile visto che tutti lo siamo stati): per oltre due settimane ha vissuto senza orari, sommerso di regali, rimpinzato di dolci e in costante presenza di amici, amichetti e parentame vario.
Nel dettaglio, il Bruco ha vissuto per ben tre giorni in casa con la sua amichetta Viola sviluppando un'immediata dipendenza dalle donne, ha riabbracciato la fidanzatina del nido Vittoria, ha soggiornato a momenti nella camera dei suoi cuginetti preferiti (praticamente una ludoteca), ha giocato con l'amico milanista Leo (eddai, tutti abbiamo un amico milanista prima o poi - e il Bruco l'ha accolto al grido di "ancora quella maglietta????!!!), ha esultato stracciando lo zio Ale a uno strano gioco da lui chiamato "mazz'e' golf", ha provato la vertigine di lanciarsi ripetute volte a mo' di kamikaze su un futon col suo compagno di merende unenne Giorgino, ha chiesto e ottenuto dalla Befana tre cannoncini ripieni di crema assicurandosi che "a te mamma ha portato il carbone?".
"Avrebbe dovuto?"
"No perchè io ti adoro"
"Grazie, Bruco, sei molto caro"
"Prego"
E così stamattina alle ore 8.10 è scattata la domanda: "Mamma, dove andiamo?"
"..." (attimo di suspence)
"A scuola"
Ha protestato. Parecchio.
Ma la parola d'ordine in questi casi è "distrazione".
Bisogna distrarli, per sopravvivere. Colpirli nei loro punti deboli, ammansire la furia accendendo l'interesse.
"Guarda, Bruco, hai ragione, oggi è proprio una giornata difficile. Secondo me ci serve l'aiuto dei Supereroi"
Lui si è placato.
Poi siamo andati a scuola con la canotta di Spiderman, la maglietta di Capitan America, le mutande dell'Incredibile Hulk, il pupazzo di Batman e pure un generico robot anni '80 che come scorta un robot armato di razzi fotonici fa sempre comodo.
C'è chi beve quattro caffè e chi si circonda di Supereroi.
Qualunque sia la vostra droga, buon primo lunedì dell'anno.
Mettetevi nei panni di un treenne (non dovrebbe essere difficile visto che tutti lo siamo stati): per oltre due settimane ha vissuto senza orari, sommerso di regali, rimpinzato di dolci e in costante presenza di amici, amichetti e parentame vario.
Nel dettaglio, il Bruco ha vissuto per ben tre giorni in casa con la sua amichetta Viola sviluppando un'immediata dipendenza dalle donne, ha riabbracciato la fidanzatina del nido Vittoria, ha soggiornato a momenti nella camera dei suoi cuginetti preferiti (praticamente una ludoteca), ha giocato con l'amico milanista Leo (eddai, tutti abbiamo un amico milanista prima o poi - e il Bruco l'ha accolto al grido di "ancora quella maglietta????!!!), ha esultato stracciando lo zio Ale a uno strano gioco da lui chiamato "mazz'e' golf", ha provato la vertigine di lanciarsi ripetute volte a mo' di kamikaze su un futon col suo compagno di merende unenne Giorgino, ha chiesto e ottenuto dalla Befana tre cannoncini ripieni di crema assicurandosi che "a te mamma ha portato il carbone?".
"Avrebbe dovuto?"
"No perchè io ti adoro"
"Grazie, Bruco, sei molto caro"
"Prego"
E così stamattina alle ore 8.10 è scattata la domanda: "Mamma, dove andiamo?"
"..." (attimo di suspence)
"A scuola"
Ha protestato. Parecchio.
Ma la parola d'ordine in questi casi è "distrazione".
Bisogna distrarli, per sopravvivere. Colpirli nei loro punti deboli, ammansire la furia accendendo l'interesse.
"Guarda, Bruco, hai ragione, oggi è proprio una giornata difficile. Secondo me ci serve l'aiuto dei Supereroi"
Lui si è placato.
Poi siamo andati a scuola con la canotta di Spiderman, la maglietta di Capitan America, le mutande dell'Incredibile Hulk, il pupazzo di Batman e pure un generico robot anni '80 che come scorta un robot armato di razzi fotonici fa sempre comodo.
C'è chi beve quattro caffè e chi si circonda di Supereroi.
Qualunque sia la vostra droga, buon primo lunedì dell'anno.
mercoledì 2 gennaio 2013
Vita brevis, lista longa
Buongiorno! E' il 2013, dice.
Per quel che valgono queste umanissime e artificiali suddivisioni del tempo che, come diceva Sant'Agostino, in realtà non esiste ed è solo una dimensione dell'anima.
Il Natale è passato tra interminabili canzoncine che il Bruco, con una dose preoccupante di esibizionismo, ci ha propinato a ripetizione circa venti volte al giorno (maledetta scuola materna!) e scene familiari degne di un film di Todd Solondz.
Il Capodanno, improvvisato all'ultimo nel nostro stile, è andato nel migliore dei modi in cui può andare una circostanza del genere, ovvero in compagnia di amici.
Tanto per esser chiari, io i bilanci di fine anno proprio li detesto: i miei e pure quelli degli altri.
Concentriamoci sul presente, e anche un po' sul futuro.
La prima cosa che ho fatto nel 2013 è stata perdere una partita a Risiko.
La seconda svuotare la mia borsa cercando un ciuccio, trovandoci dentro circa una quindicina di foglietti con liste di cose che avrei dovuto fare (nel quotidiano) e che ho fatto solo in parte.
Il che mi ha dato lo spunto per scrivere una lista pseudo-definitiva e molto semi-seria delle 100 cose che vorrei fare prima di morire.
E siccome siamo già nel 2013, dice, è meglio darsi una mossa.
Quasi tutto è fattibile, quasi tutto richiede un sacco di soldi e di tempo a disposizione, alcune cose sono davvero davvero difficili, tipo il numero 13 o il 34, che so già l'Interista non approverà ma tanto lui è compreso nella maggior parte delle altre quindi si farà passare la disapprovazione.
"Mamma cosa stai facendo?"
"Scrivo una lista di desideri"
"Cosa sono i desideri?"
"Delle cose che ti piacerebbe fare"
"A me piace solo sciare"
(il Bruco è andato sul bob per la prima volta nella vita e ha deciso che quello è sciare e che vuole farlo per il resto dei suoi giorni, noncurante del fatto che sua madre odia tutto ciò che lo sci comporta tranne il vin brulè al tramonto)
Il Bruco non compare nella mia lista, perchè l'unico desiderio che ho per lui è che abbia presto una lista per sè, e che possa realizzarla da cima a fondo.
E già che siamo in inizio d'anno vorrei ringraziare quelle persone che, volendolo o no, nel 2012 hanno impresso nuovi indirizzi al corso del mio tempo.
Ah, ovviamente tra le cento cose c'è anche "vincere una partita a Risiko"...
Per quel che valgono queste umanissime e artificiali suddivisioni del tempo che, come diceva Sant'Agostino, in realtà non esiste ed è solo una dimensione dell'anima.
Il Natale è passato tra interminabili canzoncine che il Bruco, con una dose preoccupante di esibizionismo, ci ha propinato a ripetizione circa venti volte al giorno (maledetta scuola materna!) e scene familiari degne di un film di Todd Solondz.
Il Capodanno, improvvisato all'ultimo nel nostro stile, è andato nel migliore dei modi in cui può andare una circostanza del genere, ovvero in compagnia di amici.
Tanto per esser chiari, io i bilanci di fine anno proprio li detesto: i miei e pure quelli degli altri.
Concentriamoci sul presente, e anche un po' sul futuro.
La prima cosa che ho fatto nel 2013 è stata perdere una partita a Risiko.
La seconda svuotare la mia borsa cercando un ciuccio, trovandoci dentro circa una quindicina di foglietti con liste di cose che avrei dovuto fare (nel quotidiano) e che ho fatto solo in parte.
Il che mi ha dato lo spunto per scrivere una lista pseudo-definitiva e molto semi-seria delle 100 cose che vorrei fare prima di morire.
E siccome siamo già nel 2013, dice, è meglio darsi una mossa.
Quasi tutto è fattibile, quasi tutto richiede un sacco di soldi e di tempo a disposizione, alcune cose sono davvero davvero difficili, tipo il numero 13 o il 34, che so già l'Interista non approverà ma tanto lui è compreso nella maggior parte delle altre quindi si farà passare la disapprovazione.
"Mamma cosa stai facendo?"
"Scrivo una lista di desideri"
"Cosa sono i desideri?"
"Delle cose che ti piacerebbe fare"
"A me piace solo sciare"
(il Bruco è andato sul bob per la prima volta nella vita e ha deciso che quello è sciare e che vuole farlo per il resto dei suoi giorni, noncurante del fatto che sua madre odia tutto ciò che lo sci comporta tranne il vin brulè al tramonto)
Il Bruco non compare nella mia lista, perchè l'unico desiderio che ho per lui è che abbia presto una lista per sè, e che possa realizzarla da cima a fondo.
E già che siamo in inizio d'anno vorrei ringraziare quelle persone che, volendolo o no, nel 2012 hanno impresso nuovi indirizzi al corso del mio tempo.
Ah, ovviamente tra le cento cose c'è anche "vincere una partita a Risiko"...
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