venerdì 23 marzo 2012

Marina, il casco e l'autocoscienza

In questi giorni a casa di Orlando c'è più entropia del solito (se possibile).
Padri che vanno e vengono da Londra, mobili che entrano ed escono dalla camera da letto, percorsi di autocoscienza e dichiarazioni di colpevolezza.

Mercoledì sera, ore 20.03.

"Bruco, posso girare un attimo che voglio farti vedere papà in tv?"
(non l'ha mai visto e sono curiosa di vedere la sua reazione)
"Nooooo vojo vedele i Cibis!" (Cibis, alias Waybuloo, ovvero la versione radical chic dei Teletubbies)
(cambio canale mentre lui protesta)
"Gualda, mamma! E' papito?"
"No amore, papà non corre così veloce. E non è neanche così giovane. Però senti, questa è la sua voce!"
(il Bruco ascolta per un minuto, la telecronaca è a due voci)
"Ecco, questa è la voce di Papito!"
Ehm. Veramente questa è la voce del Villa, Bruco, il collega del papà.
No, non ci siamo. Torna a veder i Cibis, amore, che è meglio.

Giovedì sera, ore 20.34.

La camera è un campo di battaglia. Lo zio Vatter (come lo chiama il Bruco) sta smontando/montando il letto nuovo perchè il vecchio è deceduto sotto le percosse dell'Interista che ad ogni sconfitta gli assestava un montante (e quest'anno non ce l'ha fatta ad arrivare a fine campionato, poi i mobili Ikea non è che resistano proprio a tutto, figurati a un interista inferocito).
Il Bruco si aggira con un martello, mostrando la stessa predisposizione paterna a distruggere più che a costruire.
"Zio Vatter mi dai il cacciavite?"
"Per fare cosa, Bruco?"
"Devo fale una cosa impoltante"
"Anch'io, Bruco: dormire stanotte. Super importante! Quindi metti giù quel martello e stai quieto"
Si è addormentato alle 22.14 dopo aver detto che il letto nuovo non gli piaceva.

Venerdì mattina, ore 7.53.

Mi sveglio con l'ansia da prestazione. Devo partecipare alla performance di Marina Abramovich, ho mal di testa, i capelli da scappata di casa e la prospettiva di un romantico we a due, io e il Bruco.
Mi alzo, preparo la colazione, lo sveglio.
"Buongiorno, amore..."
"No"
Sento che sarà, come dire, una giornata propizia.


Ore 9.24, al telefono.

"Com'è andata col Bruco? L'hai consegnato all'asilo?"
"Sì... tutto bene, solo..."
"Cosa? Ha pianto? Siete arrivati tardi? E' caduto in cortile? Non c'era la sua fidanzata? Cosaaaaa?"
"Ha voluto andare all'asilo col casco"
"Quale casco?"
"Il casco della moto, il mio"
"Ma perchè?"
"Ha detto che aveva freddo"

A proposito di percorsi di autocoscienza. Questo a 6 anni ci hackera il conto in banca.

2 commenti:

  1. u signur, col casco all'asilo.

    A parte qualche vite ripescata da fessure con la pinzetta per le sopraciglia, è stato bravo e ha partecipato attivamente alla costruzione.

    firmato
    zio Vatter

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  2. Essendo precisino, oltre che MacGyver, in realtà il Bruco mi chiama ssio Vattel.
    :)

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