venerdì 27 ottobre 2023

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E' passato quasi un mese, e io che di solito sono puntualissima con le ricorrenze, non ho scritto nulla per il tuo quattordicesimo compleanno. Ho pensato "scriverò domani", e poi i giorni sono passati mentre scrivevo altro e di altro ci preoccupavamo. Il fatto è che scrivere del te quattordicenne è difficile probabilmente come essere il te quattordicenne, ma accetto la sfida e non lo lascio passare via così, ché sarebbe il primo compleanno in 14 anni e non si può. Insomma sei al liceo, hai superato tuo padre in altezza, tua madre in bellezza (ovviamente si scherza) ed entrambi per furbizia (o almeno questo è quello che credi). Con la lentezza dei cazzeggiatori professionisti ti aggiri per casa tra una frase di greco e l'altra, inseguendo la gatta che fugge terrorizzata, lanciando la palla in canestri immaginari, guardando compulsivamente reels su gente che dall'altra parte del mondo cucina burgers a 5 piani. Poi, al termine di questa sequenza, ti esprimi nel tuo cavallo di battaglia: il salto della foca. Col tuo metro e ottantatrè di spigoli (esteriori e interiori) ti lanci orizzontale e supino sul letto, e resti. Resti tipo foca, a pancia in giù, col volto affondato nel cuscino, le braccia lunghe attaccate ai fianchi, come una foca stanca, come un siluro che dopo aver attraversato mondi si è spiaggiato su un arenile deserto. Chissà cosa pensi, se pensi, chissà quanto ci stai scomodo dentro quel corpo cresciuto veloce, dinoccolato e magro, dentro quel viso ancora implume ma pieno di brufoli, dolce tuttavia, e lo si capisce quando ridi genuino, il che succede poco perchè le ombre, in questo momento, sono più delle luci.

Io ti guardo e fatico, perchè prendere le misure della terra di mezzo è durissima: come un caleidoscopio cambiano in continuazione, ingannano se stesse, sbilanciano e si ri-centrano, tutto arriva e parte ad una velocità impressionante, quella dei siluri. In questo movimento incessante e rapido, quello che faccio è concentrarmi sulla foca, la parte che resta e aspetta, la parte che magari latita, si nasconde silente, la parte grassa dell'anima, dove stanno stipate le cose buone che servono in tempi di rigido gelo. Lì dentro, mi dico, c'è un armamentario che io in buona parte ti ho dato, e anche se non si vede, deve esserci.

Tanti auguri, mia foca-siluro. Sono sempre qui che ti aspetto mentre "diventi".

venerdì 23 giugno 2023

Omnia fert aetas

Non so esattamente come sia successo, ma da oggi la scuola media diventa un ricordo e in casa mi resta un liceale, quasi quattordicenne, introverso, scontroso, di una bellezza acerba che ovviamente a lui sembra bruttezza definitiva e senza speranza. Ma sto mentendo (sulla prima frase): so esattamente com'è successo, perchè in questi tre anni, iniziati in piena pandemia e finiti con un grande concerto dell'orchestra scolastica e innumerevoli feste di "saluto", ci siamo portati addosso il peso specifico di ogni singolo giorno. La fatica dei compiti infiniti, le interrogazioni la sera prima sì ho studiato/ma se non sai niente, la rincorsa di materiali tra una dimensione e l'altra che neanche il Doctor Strange, i compassi che sparivano, le matite con la mina dell'esatto numero dell'esatta lettera nel buco nero delle cartellette di arte e tecnologia, e le fotocopie che no ma è a scuola sotto il banco, e la limatura unghie che ci è valsa qualche nota dall'insegnante di chitarra perchè qui in casa non siamo esattamente gente da centro estetico. E quella volta in cui hai corretto un mancato congiuntivo alla prof. causandone un'ira funesta tale che al confronto il Pelide Achille sembrava un agnellino. E quando ha chiamato tuo padre nel mezzo di un importantissimo pranzo di lavoro per dire che avevi fatto una cosa gravissima, e noi subito a pensare a quello che abbiamo visto succedere nei bagni di scuola negli anni '90, ma era solo che ti eri dimenticato di spegnere il cellulare. Entrato un metro e 60 con un volto da putto botticelliano e vocino delicato, ne esci un metro e 80 con una collezione di brufoli e due mascelle di un certo rilievo, la voce non provo neanche a definirla. Ieri pomeriggio me ne sono rimasta lì, dentro quella scuola dove non andrai più, a fotografare il corridoio mentre lontanissima arrivava l'eco della tua esposizione sulla rivoluzione digitale, mentre blateravi cose su Baricco e Steve Jobs e Turing e sa dio cos'altro. Ad un certo punto ho sentito i professori ridere. Chissà che pirloneria avrai detto. Meno male che un po' di sense of humor l'hai ereditato, col tempo ti servirà. Fin qui tutto bene. A che piano siamo arrivati, cadendo al ritmo vertiginoso che ha il tempo di quando si cresce? Omnia fert aetas. Però ora fermati un attimo, estate, lasciaci per un po' sospesi tra un piano e l'altro, nello stupore che c'è tra ogni fine e ogni inizio. E sii buona. Buona estate!


 


giovedì 19 gennaio 2023

Io ti vedo

A un certo punto della terza media mi dissero che avrei dovuto iscrivermi alla scuola superiore. Correva l'anno1991, e andò più o meno così:

Prof. di matematica (la mitica Marchesini): "Allora, che vorresti fare l'anno prossimo?"

Io tredicenne: "Boh, forse il liceo artistico, mi piace disegnare"

Prof. di matematica: "Ma che corbellerie. Devi dire a tua mamma di iscriverti al classico".

Mia madre si fece due conti sulla logistica: l'artistico era lontanissimo da casa, il classico 5 minuti a piedi. Così mi ritrovai al ginnasio, con uno zaino che pareva contenere pietre, e invece era il Rocci di terza mano di una cugina. Sono stata fortunata, quella scuola - che non avevo scelto io - mi ha dato opzioni di vita che non avrei mai considerato. Sono stata fortunata anche perchè il processo per arrivarci è stato quasi impalpabile, di certo non ho sentito il peso della scelta. 

Ora invece esiste l'ORIENTAMENTO. Ovvero il decimo girone infernale. Comincia a ottobre, quando iniziano a girare per le chat locandine di appuntamenti dai titoli sottilmente angoscianti tipo "Io mi oriento", "Che fare dopo la terza media", "Come scegliere per non sbagliare". E' ancora autunno, ma inizi già a sentirti un po' male, non fosse altro per la quantità di tempo che dovrai dedicare a incontri quasi sempre di una noia mortale in cui ti fanno lo spoiler dei prossimi 5 anni della tua vita. 

Poi cominciano ad arrivare gli open day, e l'ansia aumenta esponenzialmente perchè anche l'iscrizione all'open day è una prova di abilità: devi mettere una sveglia alle 7.55 del giorno tal dei tali, collegarti al sito, attendere che apra il form online e tenere pronto al click fatale il dito: naturalmente mica c'è posto per tutti, pure l'open day è roba esclusiva. La cosa bella è che il tredicenne (ignaro del presente, figuriamoci del futuro) non ha ancora neanche scelto il tipo di scuola ma tu devi già iscriverlo agli open day dei vari istituti, quindi nel dubbio rischi di farne una decina o più. 

Dopo essere riuscito sgomitando digitalmente a procurarti l'open day nella data e nell'orario desiderato, ed esserti fottuto tutti i sabati fino a Natale e oltre, scopri che l'ultima frontiera sono le "lezioni aperte", anche dette stage, in cui il povero malcapitato deve portare i suoi improbabili capelli e brufoli tutti in classe con gente di quarta superiore che finge di partecipare, e con allegria, a una lezione di fisica dove la parola d'ordine è spontaneità. 

Tra un open day e una lezione aperta, tra un interminabile powerpoint proiettato in Aula Magna a suon di trombe con l'elenco di 50 potenziamenti diversi a fasce orarie alternate (chè la scuola normale non ci basta più), capita poi di andare a eventi in cui tutte le scuole della città e dell'hinterland si presentano: una specie di fiera dell'istruzione con tanto di stand e materiale pubblicitario da cui torni con una valanga di depliant e un'incoercibile voglia di decidere del tuo futuro.

- Allora, Orlando, c'è qualche scuola che ti ha interessato più delle altre?

- Ma non posso fare altri due anni di medie?

Avrà bisogno di tempo, ti dici, deciderà quando sarà il momento. Ovviamente non è vero, e lo sai. E' già dicembre, e lo step successivo del girone sono i colloqui coi professori, che preludono al consiglio orientativo, un'invenzione geniale che magari ti rovina l'esistenza perchè non sempre si incontrano professori illuminati e perchè... com'era quella cosa sui consigli? La gente dà buoni consigli se non può dare il cattivo esempio? Comunque. Andiamo a parlare coi professori, magari ci diranno qualcosa che non avevamo capito.

Professore 1: Suo figlio è decisamente portato per le materie umanistiche, è molto colto e vedo che si sente solo perchè non sa con chi parlare delle sue letture (ma quando mai?). Però non lo vedo al classico. (ok, bene, abbiamo le idee chiare)

Professore 2: Suo figlio deve assolutamente fare il liceo linguistico, perchè poi col classico se no cosa fa, il professore? (guardi, le mie compagne di liceo classico sono tutte ingegneri e medici, io sono l'unica scioperata che insegna italiano, come dire... miopia portami via)

Professore 3: Guardi, suo figlio può fare tutto quello che vuole, quindi le consiglio di considerare un istituto tecnico. (scusi, ma dice sul serio?)

Professore 4: Non saprei, sicuramente non ha talento per il disegno. (E fu così che un ragazzino entrato alle medie con la passione del disegno ne uscì detestando la storia dell'arte. Ma forse non era vera passione, ci si dice)

Non è finita. Nel frattempo il tredicenne viene sottoposto in orario scolastico a sessioni di classe con le psicologhe del Progetto Orientamento, che gli fanno compilare test e moduli a nastro, riassumibili in "la risposta è dentro di te, e però è sbagliata". Li conservo gelosamente e ogni tanto li rileggo, li userò come faro negli anni a venire. L'unica certezza che ne emerge è la mancanza di autostima (del resto poveretto, coi due genitori che si ritrova, dagli torto), mentre il riquadro compilato in maniera più esilarante è quello dei "lavori che ti piacerebbe fare": zoologo, esperto di marketing, disegnatore di fumetti, storico, security analist, sportivo. Ah, anche poeta? Ed è subito meme della Signorina Silvani.

Qui possiamo finire la parte in cui lo trovo divertente e passare al tragico (ma io ho fatto il classico, che vuoi che sia, è un esercizio che conosco bene). Farò quello che mi dicono i professori, ha dichiarato il diretto interessato a un certo punto, causando giornate di refresh compulsivo sul registro elettronico in attesa del famoso consiglio. Bene, tutto a posto allora, l'abbiamo risolta, adesso dobbiamo solo decidere quale istituto etc etc. Eh no. Non poteva essere così semplice. Ti ricordi quel famoso test per quella famosa scuola che avevi fatto nel lontano dicembre quando ancora non sapevi nulla (o comunque meno di quello che sai oggi)? Quando ci siamo messi in coda con 700 cristi e altrettanti genitori? Chè a noi ci piace fare esperienze di vita, quindi tendenzialmente non ci sottraiamo. Ecco, quel test, lo hai passato. E adesso, che si fa? Niente, figlio, si fa quello che si fa quando bisogna scegliere: si soffre, convinti che ci siano una scelta giusta e una sbagliata. "Strana sensazione, quando ti decidi e non riesci a deciderti" dice il protagonista di uno dei romanzi meno letti di Dostoevskij, L'adolescente, guarda caso.

Non vorrei essere nei tuoi panni, ma del resto non voglio essere neanche nei miei. E a differenza dei tuoi professori non ho consigli da darti, a differenza delle psicologhe non ho test da sottoporti, a differenza dei discorsi motivazionali non ho bugie da propinarti, a differenza delle scadenze che incombono io non me ne vado. Sono sempre stata qui, siamo sempre stati qui. Non risolve il tuo dilemma, lo so, ma io "ti vedo, figlio", alla Avatar, e avere accanto qualcuno che ti vede forse è più importante che scegliere "la scuola giusta". 

 

PS: è tutto vero. Soprattutto la parte dell'Aula Magna.