mercoledì 27 marzo 2013

Metti un weekend a Napoli

Alla fine no, non siamo rimasti a Posillipo. Nonostante il sole totale e 24 gradi, nonostante le sfogliatelle calde a ogni ora del giorno e della notte, nonostante il mare, nonostante quella vita da turisti senza pensieri che ormai è proprio cosa rara, siamo tornati.

Al terzo giorno senza Bruco, mi sembrava che mi mancasse qualcosa. Tipo una mano, o un piede.
E' la condanna dei figli, che poi il mondo non è più lo stesso, anche se sei in vacanza in un posto fichissimo. Comunque, fino a quel momento, è stato uno spasso.

Ecco i miei 5 best of Napoli:

1. Gli arancini della "Nonna" del mercato alla Torretta, personaggio mitologico ormai ultraottantenne che prepara da mangiare per tutti i napoletani della zona. Il posto è di quelli trucidi e lontani dalle rotte turistiche, ma i "cibi cotti" della Nonna valgono da soli la visita in città. Per un attimo ho temuto che l'Interista volesse terminare la sua vita lì, ingozzandosi di salsiccia e friarielli.

2. Le "capuzzelle" al cimitero delle Fontanelle. A parte il fatto che il Rione Sanità è obbligatorio da vedere molto più del Maschio Angioino, questo posto è un concentrato di follia umana, religione e superstizione che la dice lunga sui tempi oscuri in cui viviamo. E comunque io, per non saper nè leggere nè scrivere, ho lasciato il mio bel centesimino a Concettuzza. Cioè, al teschio di Concettuzza. (siete autorizzati ad avere i brividi, sì)

3. La visita alla città sotterranea. Sarà che ho visto troppi film horror e che mi si è spenta la candela nel mezzo di un tunnel di 100 metri largo 50 centimetri e alto 150, ma ho creduto di morire lì dentro. Il fatto di esserne uscita viva mi ha rincuorato sulla bontà della mia vocazione. In ogni caso, avevo appena mangiato la migliore pizza della mia vita e sarei morta contenta.

4. I dialoghi tra napoletani nei bar. E' come essere a teatro dalla mattina alla sera: li guardi, e non ci puoi credere che parlano davvero con tale animosità, gestualità, impostazione vocale e senso del ritmo. So che molti non apprezzano: io sinceramente mi sono goduta lo spettacolo.

5. Le sfogliatelle, ricce o frolle, calde. Qualcuno lo chiama "comfort food". Per me è parecchio di più. E non parliamo del caffè, delle zeppole di San Giuseppe, della pastiera e via dicendo. Se io vivessi a Napoli avrei dei problemi seri di dipendenza. E anche di obesità, ma tanto non ci vivo quindi siamo tutti tranquilli compreso l'Interista su cui invece i dolci non esercitano alcun fascino.

Poi c'è anche l'altro lato della medaglia. Le strade sono sporche, gli abitanti vanno in giro in auto o motorino come se non ci fosse un domani, i ragazzi che affollano di sera la splendida piazza Bellini dovrebbero capire che buttare le bottiglie di birra vuote dentro un cestino non è una cosa complicata.
Però questa non è la sede per analisi sociologiche sulla città.

Domenica sera, a casa di Orlando.

"Bruco, mi spiace che questo weekend non ci siamo stati, però adesso la mamma è tornata ed è tutto normale"
"Domani cosa facciamo?"
"Ehm... domani è lunedì. C'è scuola..."
"Mamma, secondo me domani non è lunedì. E' Pasqua"
"Hai ragione, Bruco. Anche secondo me sono ancora in vacanza"

Quando si dice accettare la realtà.













3 commenti:

  1. Solo due punti dedicati al cibo?
    Non ti riconosco più.
    :)

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  2. Che bella descrizione (soprattutto la parte gastronomica). Mi fai venire voglia di andarci!

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