giovedì 27 agosto 2015

La Grande Madre

Dalla propria madre non si può prescindere: piaccia o no, le cose stanno così, e quei mesi passati nel grembo materno sono l'unica esperienza che ci accomuna tutti, un tempo-esperienza condivisi a livello universale dall'umanità, un tempo sufficiente a mutuare un archetipo comune, quello della Madre. Non lo dico io, ne ha parlato a lungo la poetessa e femminista americana Adrienne Rich in un celebre saggio, "Nato di donna", una delle letture che hanno fornito le basi per l'ideazione di una bella e complessa mostra aperta ieri a Palazzo Reale, Milano.
"La Grande Madre" non è una mostra per il grande pubblico, non è una mostra da cui si esce con quell'idea stereotipata e conciliante della madre che molti hanno e continuano ad avere (ma non certo le madri, tranne quello che mentono a se stesse), e non è una mostra (solo) sulla maternità.
Sulla donna, piuttosto, la donna-madre, creatrice e creativa, la donna femminista che ha lottato per conquistarsi il potere negato, la donna liberata e da liberare, una mostra sul corpo femminile, incubatore di miti, di archetipi, di iconografie.
E' un percorso espositivo che richiede tempo, quello della visione e quello dell'approfondimento, perché le opere in mostra sono molte (più di 400), e non tutte di artisti/e conosciuti: c'è parecchio da scoprire, bisogna guardare e leggere, essere disponibili a lasciare che l'arte ci disturbi (ma questo dovrebbe essere scontato).
Nelle 29 sale in cui si snoda il progetto, trovate davvero di tutto: tanta fotografia (perché oltretutto la fotografia è la tecnologia madre del '900 in quanto tecnologia della memoria), scultura, video, pittura, trovate persino delle vere madri con dei veri bambini che imparano a camminare, grazie a Roman Ondàk, che ha portato alla mostra l'installazione vivente #TeachingToWalk (se avete un bimbo tra gli 8 e i 12 mesi potete anche partecipare chiamando questo numero, tel. 02760641).
Tanto per dire, tra le sale della mostra trovate una foto di Roland Barthes in braccio alla propria madre, un autoritratto di Diane Arbus incinta, trovate le disturbanti sculture di Louise Bourgeois, non-bambole che mettono in scena le fasi di una maternità; trovate il dolore su tela di Frida Khalo  e della sua maternità impossibile nella sua Cerva ferita, i volti belli e insidiati dal tempo delle quattro sorelle ritratte dal fotografo Nicholas Nixon, Umberto Boccioni e le madri di Plaza de Mayo, il machismo dei surrealisti e i parti meccanici dei Dadaisti. Ma elencare tutto è davvero inutile.
Storia, non solo dell'arte, e tanta psicoanalisi: tanti mondi quante le opere in mostra, quante le madri nel mondo.
Del resto, come scriveva Elsa Morante "Dalle altre femmine, uno può salvarsi, può scoraggiare il loro amore; ma dalla madre chi ti salva?".
Ah, manco a dirlo, c'è anche lei: la mamma di Psycho, in una foto da cui sembra echeggiare il motto del film "il miglior amico di un ragazzo è la propria madre".
Sogni e incubi per tutti, dunque: avete tempo fino al 15 novembre per visitare la mostra.


La Grande Madre 
a cura di Massimiliano Gioni
promossa dal Comune di Milano Cultura ideata e prodotta dalla Fondazione Nicola Trussardi 
(dal 26.8 al 15.11, al piano nobile di Palazzo Reale, Milano)

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