martedì 30 ottobre 2012

Andare e tornare

Il fatto è che da quando il Bruco è nato, io e lui abbiamo passato separati solo un giorno e una notte (in questa occasione). Non per scelta, come ormai sapete, ma per mancanza di nonni abili e arruolati.
Poi è successo che quest'anno c'era il sesto Congresso internazionale di Slow Food e Terra Madre.
Non so quanti di voi sappiano di che si tratti, ma è giunto il momento di svelare che la sottoscritta investe quasi tutto il suo tempo libero nelle attività legate a questa associazione, di cui è membro attivo, perchè è fermamente convinta che la battaglia per il diritto al cibo "buono" e per la salvaguardia della biodiversità sia la sfida definitiva.
Così sabato mattina all'alba sono partita per Torino in quanto delegata al congresso per la Lombardia, lasciando i due uomini di casa in balìa di se stessi. Per ben 3 giorni.

Presente quando ti ripeti ossessivamente "andrà tutto bene, andrà tutto bene, cosa vuoi che succeda"???
Ecco, quella cosa lì che ti sei sforzato di non pensare, succede.
Così, mentre io degustavo i casoncelli con la ricotta e l'aglio ursino nella pausa tra una sessione di congresso e l'altra, il Bruco vomitava a ripetizione sul divano, sulle mie ciabatte, sulla sua collezione di moto e infine sulla nonna paterna, chiamata d'urgenza dall'Interista che notoriamente è un essere più filosofico che pragmatico - ed è già buono che non abbia chiamato lo zio Davide al grido di "vuoi venire a girare una scena?" (splatter alert!).
Si sa che funziona così: se tu figlio sta sempre bene e tu non va mai via, quella volta che tu andrai via lui si ammalerà (di sabato o di domenica, ovviamente).

Oltre ad aver vomitato in ogni dove, il Bruco in 24 ore è stato a una doppia festa di compleanno, a pranzo dai cuginetti, a cena dalla nonna Luciana, e non so bene da chi altro, modello pacco postale.
In 24 ore l'Interista è andato e tornato dallo stadio, ha chiamato per sapere dov'erano i vestiti del Bruco, ha chiamato per sapere dov'era la sua divisa, ha chiamato per dire che gli mancavo molto.
In 24 ore io ho sentito parlare contadini provenienti da campagne lontanissime, fatto amicizia con uno chef del Vermont, dormito in un convento, chiamato l'Interista per chiedergli se era sicuro di non aver dato il latte scaduto al Bruco e avuto la conferma che, sì, quello per cui spendo il mio tempo libero vale davvero la pena.

Poi ci siamo svegliati ed era oggi, lunedì.
A colazione, il Bruco ha chiesto a suo padre se per caso la mamma si sarebbe degnata di sbucare dalla porta di casa, ma la mamma era ancora impegnata a sentir parlare di orti e di presìdi.
Poi, alle ore 14.37, con una valigia stracolma e due zaini in cui un pigiama e dei calzini dialogavano coi pacchi di pasta artigianale, e le confezioni di pomodoro siccagno infastidivano il kindle e il pc, mi sono fiondata su un frecciarossa nello strenuo tentativo di arrivare in tempo per l'uscita del Bruco dall'asilo (manco a dirlo ero incastrata tra un americano obeso e un finestrino opaco).

Sono arrivata in tempo. Quando mi ha visto mi è corso incontro e non si staccava più dall'abbraccio.

"Mamma! Ho fatto una pozzanghera di vomito, e poi il papà mi ha dato la cipolla. I bambini alla festa mi hanno cacciato via e nel mio armadietto c'è un uovo di pasqua"
"Uhm. Sì anche io ho avuto un weekend interessante, Bruco"

L'uovo di pasqua era un ovetto k. regalato da un compagno.
Su tutto il resto non ho ancora fatto chiarezza.
Tranne che su una cosa: andare ti fa capire quello che vorresti, tornare quello che hai.

Mi piacerebbe avere un orto. C'è chi parte dai semi, io son partita da un bruco: il resto crescerà intorno.



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