mercoledì 23 gennaio 2013

Affetti personali

La premessa al post che segue è che di questi tempi la grande fortuna è quella di avere un lavoro, e che la sottoscritta ne è consapevole. Un lavoro che ti piace, poi, è quasi una rarità.

Però. (sì, c'è un però, si intuiva?)

Come molti della mia generazione, credo, ho cambiato circa una trentina di lavori in pochi anni.
Dall'Università alla mia attuale occupazione ho fatto parecchi lavori, anche molto diversi tra loro, anche molto fantasiosi. Del resto quando ti laurei in Lettere, vuoi scrivere e vivi in Italia, ti candidi automaticamente all'Annuario delle Occupazioni di Fantasia.
Ragion per cui sono passata dalla traduzione di incunaboli in latino al preparare buffet in un chiringuito insieme a una ragazza rumena che poteva lavorare solo nel seminterrato perchè a quell'epoca i rumeni non erano ancora comunitari, dall'assistere un regista teatrale full day al compilare fatture in una multinazionale giapponese in cui ho provato l'ebbrezza ansiogena del timbrare il cartellino, dallo scrivere una sceneggiatura per un mistico cattolico in Venezuela al reparto account di una odiosa agenzia di pubblicità (impiego che a tutt'oggi resta il peggiore della mia vita perchè raramente ho trovato tanti stronzi radunati in un edificio solo).
E ancora e ancora.
Tanto che per me cambiare lavoro (e quindi sede) era come respirare: neanche me ne accorgevo.
Ora lavoro da sei anni e mezzo nello stesso posto.
Roba di un'altra epoca, eh? Eppure è accaduto.

Un posto che dopo tutto questo tempo è praticamente una filiale di casa mia, tanto che nella mia cassettiera ci sono un paio di ciabatte, diverse stoviglie, le bustine del thè, lo spazzolino col dentifricio, libri, insomma quelli che comunemente vengono chiamati "effetti personali".

Poi venerdì entra il capo, e mi dice: "Inizia a fare pulizia perchè il 31...".
E fa quel gesto, con le mani. Il gesto che equivale alle parole "fuori dai coglioni".
Guardo il calendario. E' il 18... 31... 13 giorni? Cioè ho solo 13 giorni della mia vecchia comoda poltronissima vita? Ok. E dove andiamo?
"Ancora non si sa"
"Ok. Mi sembra un posto fantastico"

Il fatto è che io ho qualche difficoltà con i cambiamenti. Il fatto è che da tre giorni sto svuotando gli armadi, i faldoni, i cassetti. Trovando tracce di tutto quello che è accaduto, qua e là, in questi anni.
Piccole memorie sepolte dall'abitudine. E dalla polvere. Se vi concentrate un po' potete sentirmi starnutire.
Articoli che non ricordavo di aver scritto, libri che non ricordavo di aver letto, numeri di persone che mi affiorano nella mente tra nebbie di montaliana memoria, lasciti casuali della mia ex-collega (tra cui una scatoletta di filetti di sgombro che spero venga a riprendersi a breve).

Li chiamano effetti personali, io voglio chiamarli affetti personali.
E siccome, proprio come la mia nonna centocinquenne mancata un paio d'anni fa, non riesco a buttare via niente, ho preso una scatola e ce li ho messi dentro tutti per riportarli a casa.

E adesso sono lì, in attesa di destinazione.
Io, per parte mia, spero solo che la nuova sede sia vicina a un posto pulito e illuminato bene, che faccia delle brioches decenti e con qualcuno, dietro al bancone, che abbia qualche storia da raccontare.
Beh se poi è anche vicino alla metro gialla è anche meglio.
(no dai scherzo. l'importante sono le brioches)




Nessun commento:

Posta un commento