Parafrasando Tolstoj, tutte le famiglie normali si assomigliano, ogni famiglia strana è strana a modo suo.
Con questo post inauguriamo la serie "We are Family" ovvero "gli assurdi personaggi che ruotano intorno al Bruco".
Innanzitutto è bene chiarire questo concetto: la parte paterna della famiglia del Bruco è pressochè normale, a tratti mulinobianchesca, in qualche caso con punte di perfezione (eccezion fatta per il padre stesso, l'Interista, che qualche stranezza ce l'ha); la parte materna della famiglia invece potrebbe essere accreditata nel cast di uno qualunque dei film di Rob Zombie, in quanto assomma una quantità incredibile di anomalie, devianze, comportamenti non allineati e quant'altro.
Manco a dirlo, il Bruco li ama tutti, ma con una compulsione esagerata per la parte freak.
E vabbè. Lo accettiamo, è uno di noi ;)
Ore 20.24, a casa di Orlando.
"C'è lo szio Davide?"
"Amore lo zio Davide è a casa sua"
"Vojo vedele lo szio Davide!"
Dunque, lo zio Davide vive perlopiù rintanato in casa, e negli ultimi 30 anni di vita ha pressochè esclusivamente visto film, ascoltato musica e letto libri. Ha la locandina di Arancia Meccanica tatuata sul polpaccio destro e passa le giornate tra esperimenti con la videocamera o suonando strumenti vari. E' autodidatta, non mangia nulla che non si stato aperto sotto i suoi occhi e sopravvive vendendo vinili su ebay.
Un paio di settimana fa, a casa della NonnaLuciana.
"Senti, dovresti prestarmi il nano"
"Per cosa?"
"Ma no, niente... sto facendo delle prove per un corto sugli zombie..."
"E ti serve uno zombie di due anni?"
"Dovrebbe percorrere il corridoio con un coltello in mano, ma per il trucco non c'è problema"
(sto ancora deglutendo)
Due giorni fa il Bruco è stato un paio d'ore a casa della NonnaLuciana, evento piuttosto raro.
Dimentica della suddetta conversazione, l'ho lasciato là senza troppi timori.
Due sere fa, a casa di Orlando.
"Mamma gualda!"
(il Bruco si butta per terra e resta immobile)
"Amore! Amore che succede, tutto bene???"
(rotea gli occhi e ride)
"Sto felmo come un szombie"
Quando si dice le gioie della famiglia.
lunedì 23 gennaio 2012
giovedì 19 gennaio 2012
Attenti a quei (terribili) Due
In nomen omen.
Doveva succedere, prima o poi, e dopo un paio d'anni da Innamorato, adesso si è trasformato nel Furioso. Quando ha compiuto due anni mi sono messa in allerta, temendo un'orda fulminante e inarrestabile di capricci. Ma era sempre lui, il Bruco, quello dolce e un po' minchione come il fanciullino pascoliano, tanto per intenderci.
Quindi mi son rilassata, ho pensato "vabbè è andata, vuol dire che non colpisce tutti". Sbagliavo.
Da circa un paio di settimane accadono cose che non lasciano adito a dubbi: siamo in pieno "Terrible Twos", quella fase della crescita in cui tuo figlio diventa un perfetto stronzo in miniatura, tanto per sintetizzare.
Scena 1. A casa di Laura, amica con figlio 6mesenne.
Invitati per il tè, la fanciulla ci mette a disposizione l'intero parco giochi di casa sua.
Il Bruco scorrazza qua e là, lancia i giochi in testa al bambinello ignaro, si infila sotto la palestrina per neonati, poi riemerge e cammina su alcuni libri sparsi per terra.
"Bruco, non si cammina sui libri, lo sai" dico io, ancora in versione madre zen.
"No".
Ci ripassa sopra, guardandomi con l'aria di Woody Harrelson nella prima scena di Natural Born Killers.
Lo prendo per un braccio e lo blocco fisicamente, mentre ripeto "Non si cammina sui libri".
Segue scena stile "quando sarò genitore non permetterò mai a mio figlio di comportarsi così": mezzora di pianti isterici per terra con urla tipo "Aria della Regina della Notte" ma meno intonate, finchè riesco a caricarlo sul passeggino e scappo via con la vergogna dipinta in volto.
Seguirà in serata sms di Laura che mi chiede "come hai fatto a restare così calma".
La poverina non sa che, appena arrivata a casa, l'aria della Regina della Notte l'ho cantata io.
Scena 2. A casa di Orlando.
"Amoreeee... dove sei?" (silenzio)
"Brucooooo... Mi devo preoccupare?"
"No" (altri 5 minuti di silenzio. Mi devo preoccupare)
Vado di soppiatto in camera.
Lui, l'ex fanciullino pascoliano, sta immobilizzando la gatta sedendogli sulla schiena mentre cerca di tagliarle la coda con la forbice per le unghie.
(nella mia mente passano flashback dalla prima puntata di Dexter)
"Sei impazzito???? Cosa stai facendo?" (voce da gallina strozzata)
"Tagliale peli, mamma"
"Ma no, ma perchè?"
(nessuna risposta)
Scena 3. All'ingresso dell'asilo.
"Nooooooooooooooooooooo! Non vojo asilooooo!"
Prima si genuflette, poi si butta a terra come nella miglior tradizione del dramma italico.
Mi chino a raccoglierlo, e mi rifila qualcosa che sembra uno schiaffo in piena regola.
Al che, lo scaravento direttamente nella sezione "Farfalle" augurando alle maestre tante care cose.
Tutte le sere, a casa di Orlando.
Momento pigiama-denti-buonanotte. Sguardo languido, mi fa una carezza sulla guancia.
"Sei allabbiata, mamma?"
No, amore. Calpestami pure. Ma solo fino ai tre anni, perchè da lì in poi la pedagogia moderna non ti offre altre scuse.
Doveva succedere, prima o poi, e dopo un paio d'anni da Innamorato, adesso si è trasformato nel Furioso. Quando ha compiuto due anni mi sono messa in allerta, temendo un'orda fulminante e inarrestabile di capricci. Ma era sempre lui, il Bruco, quello dolce e un po' minchione come il fanciullino pascoliano, tanto per intenderci.
Quindi mi son rilassata, ho pensato "vabbè è andata, vuol dire che non colpisce tutti". Sbagliavo.
Da circa un paio di settimane accadono cose che non lasciano adito a dubbi: siamo in pieno "Terrible Twos", quella fase della crescita in cui tuo figlio diventa un perfetto stronzo in miniatura, tanto per sintetizzare.
Scena 1. A casa di Laura, amica con figlio 6mesenne.
Invitati per il tè, la fanciulla ci mette a disposizione l'intero parco giochi di casa sua.
Il Bruco scorrazza qua e là, lancia i giochi in testa al bambinello ignaro, si infila sotto la palestrina per neonati, poi riemerge e cammina su alcuni libri sparsi per terra.
"Bruco, non si cammina sui libri, lo sai" dico io, ancora in versione madre zen.
"No".
Ci ripassa sopra, guardandomi con l'aria di Woody Harrelson nella prima scena di Natural Born Killers.
Lo prendo per un braccio e lo blocco fisicamente, mentre ripeto "Non si cammina sui libri".
Segue scena stile "quando sarò genitore non permetterò mai a mio figlio di comportarsi così": mezzora di pianti isterici per terra con urla tipo "Aria della Regina della Notte" ma meno intonate, finchè riesco a caricarlo sul passeggino e scappo via con la vergogna dipinta in volto.
Seguirà in serata sms di Laura che mi chiede "come hai fatto a restare così calma".
La poverina non sa che, appena arrivata a casa, l'aria della Regina della Notte l'ho cantata io.
Scena 2. A casa di Orlando.
"Amoreeee... dove sei?" (silenzio)
"Brucooooo... Mi devo preoccupare?"
"No" (altri 5 minuti di silenzio. Mi devo preoccupare)
Vado di soppiatto in camera.
Lui, l'ex fanciullino pascoliano, sta immobilizzando la gatta sedendogli sulla schiena mentre cerca di tagliarle la coda con la forbice per le unghie.
(nella mia mente passano flashback dalla prima puntata di Dexter)
"Sei impazzito???? Cosa stai facendo?" (voce da gallina strozzata)
"Tagliale peli, mamma"
"Ma no, ma perchè?"
(nessuna risposta)
Scena 3. All'ingresso dell'asilo.
"Nooooooooooooooooooooo! Non vojo asilooooo!"
Prima si genuflette, poi si butta a terra come nella miglior tradizione del dramma italico.
Mi chino a raccoglierlo, e mi rifila qualcosa che sembra uno schiaffo in piena regola.
Al che, lo scaravento direttamente nella sezione "Farfalle" augurando alle maestre tante care cose.
Tutte le sere, a casa di Orlando.
Momento pigiama-denti-buonanotte. Sguardo languido, mi fa una carezza sulla guancia.
"Sei allabbiata, mamma?"
No, amore. Calpestami pure. Ma solo fino ai tre anni, perchè da lì in poi la pedagogia moderna non ti offre altre scuse.
lunedì 16 gennaio 2012
Generazione differenziata
Se c'è una cosa che i bambini sanno fare, è creare mitologie.
A partire da cose anche molto, molto legate alla realtà. Tipo la spazzatura.
ore 7.59, a casa di Orlando
(voci dal lettino) "Mammaaaaaa! Plesto!"
"Oddio, Bruco, cosa succede?"
"E' paltito? 'N c'è più?"
"Ma chi, il papà? No tranquillo, l'Inter ha vinto il derby quindi è tornato a casa!"
Per un attimo mi guarda come fossi un'idiota, e infatti un po' lo sono.
"No, camion velde! Camion velde! Vojo vedello"
Aaaaaaaaaaaaaaaaah. Certo. Il camion verde.
La mattina non si va all'asilo se prima il Bruco non ha visto il camion verde dell'Amsa.
Per coincidenza si ferma di fronte al nido quasi tutte le mattine alla stessa ora, e per lui è il momento clou della giornata. Tappa obbligata di 5 minuti finchè il camion non ha raccolto tutto e non è ripartito, con gli operatori in pettorina fluo che ormai ci salutano e mi rivolgono sguardi compassionevoli.
"Plende i sacchi?"
"Sì"
"E li mangia?"
"No, li porta in discarica"
(silenzio. mi sa che gli piaceva di più l'altra opzione)
"Cosa c'è dentlo?"
"La spazzatura, Bruco. Te l'ho già spiegato cento volte no?"
"Cosa c'è dentlo?"
Ok. Articoliamo il concetto di spazzatura.
"Tutte le cose che buttiamo via. Che ne so, la lisca del pesce, i vasetti di yogurt vuoti, la carta dei biscotti..."
"Tutti insieme?"
"Sì. Cioè, no. Insomma... (come lo spiego il concetto di raccolta differenziata a un duenne?)
Facciamo così. Da stasera mettiamo le etichette colorate sui bidoni e ogni volta che c'è da buttare una cosa la butti tu secondo il colore. Ok?"
"Sì. Butto nel camion velde?"
Vabbè dai. Per istruirlo ho tempo fino a maggio, quando a Milano inizierà anche la raccolta dell'umido.
E vediamo se la nuova generazione sarà capace di "differenziarsi" ;)
A partire da cose anche molto, molto legate alla realtà. Tipo la spazzatura.
ore 7.59, a casa di Orlando
(voci dal lettino) "Mammaaaaaa! Plesto!"
"Oddio, Bruco, cosa succede?"
"E' paltito? 'N c'è più?"
"Ma chi, il papà? No tranquillo, l'Inter ha vinto il derby quindi è tornato a casa!"
Per un attimo mi guarda come fossi un'idiota, e infatti un po' lo sono.
"No, camion velde! Camion velde! Vojo vedello"
Aaaaaaaaaaaaaaaaah. Certo. Il camion verde.
La mattina non si va all'asilo se prima il Bruco non ha visto il camion verde dell'Amsa.
Per coincidenza si ferma di fronte al nido quasi tutte le mattine alla stessa ora, e per lui è il momento clou della giornata. Tappa obbligata di 5 minuti finchè il camion non ha raccolto tutto e non è ripartito, con gli operatori in pettorina fluo che ormai ci salutano e mi rivolgono sguardi compassionevoli.
"Plende i sacchi?"
"Sì"
"E li mangia?"
"No, li porta in discarica"
(silenzio. mi sa che gli piaceva di più l'altra opzione)
"Cosa c'è dentlo?"
"La spazzatura, Bruco. Te l'ho già spiegato cento volte no?"
"Cosa c'è dentlo?"
Ok. Articoliamo il concetto di spazzatura.
"Tutte le cose che buttiamo via. Che ne so, la lisca del pesce, i vasetti di yogurt vuoti, la carta dei biscotti..."
"Tutti insieme?"
"Sì. Cioè, no. Insomma... (come lo spiego il concetto di raccolta differenziata a un duenne?)
Facciamo così. Da stasera mettiamo le etichette colorate sui bidoni e ogni volta che c'è da buttare una cosa la butti tu secondo il colore. Ok?"
"Sì. Butto nel camion velde?"
Vabbè dai. Per istruirlo ho tempo fino a maggio, quando a Milano inizierà anche la raccolta dell'umido.
E vediamo se la nuova generazione sarà capace di "differenziarsi" ;)
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giovedì 12 gennaio 2012
Sarà come l'arca di Noè?
In strada. Camminiamo per mano.
1° incontro: un Labrador crema più alto di lui.
"Mamma gualda! Glosso cagnone!"
"Hai visto, Bruco? Gigante, vero?"
2° incontro: Rottweiler di circa 90 chili.
"Mamma, belloooooo! E' mio amico?"
"Sì, amore però stai att...". Come non detto, lo sta già abbracciando mentre il cane lo lecca in ogni dove.
3° incontro: un bastardino grande sì e no quanto un gatto.
"Hai visto, Bruco, carino vero?"
"Sì. Cagnolino. Mangia le croste del folmaggio?"
"Non lo so amore, può essere"
A casa di Orlando, la sera.
"Mamma mi compli un cane?"
"Un cane? No, Bruco. Intanto i cani non si comprano. E poi noi abbiamo la Minuzza, e a lei non piacciono molto i cani"
A casa di Orlando, questa mattina.
"Mamma. Non lo voglio più il cane"
"Bravo amore, vedo che hai capit.."
"Possiamo complale una pecola?"
1° incontro: un Labrador crema più alto di lui.
"Mamma gualda! Glosso cagnone!"
"Hai visto, Bruco? Gigante, vero?"
2° incontro: Rottweiler di circa 90 chili.
"Mamma, belloooooo! E' mio amico?"
"Sì, amore però stai att...". Come non detto, lo sta già abbracciando mentre il cane lo lecca in ogni dove.
3° incontro: un bastardino grande sì e no quanto un gatto.
"Hai visto, Bruco, carino vero?"
"Sì. Cagnolino. Mangia le croste del folmaggio?"
"Non lo so amore, può essere"
A casa di Orlando, la sera.
"Mamma mi compli un cane?"
"Un cane? No, Bruco. Intanto i cani non si comprano. E poi noi abbiamo la Minuzza, e a lei non piacciono molto i cani"
A casa di Orlando, questa mattina.
"Mamma. Non lo voglio più il cane"
"Bravo amore, vedo che hai capit.."
"Possiamo complale una pecola?"
martedì 10 gennaio 2012
La Sindrome
Tutto è cominciato domenica.
L'Interista si è svegliato - o meglio è stato svegliato a gran voce dal Bruco per la colazione.
Ha assunto la posizione eretta col volto cinereo, è andato in bagno con le labbra strette e lo sguardo basso, poi si è lasciato cadere sulla sedia e ha incrociato le braccia sul tavolo senza proferire parola.
Preoccupata da tanta gravità, gli dico "che succede? tutto bene? il caffè non lo bevi stamattina?"
Noto che il Bruco inizia a incurvare gli angoli della bocca, intuisco che sta per spaventarsi e per sdrammatizzare gli dico "Amore gli portiamo un caffè al papà? Forse il papà non sta bene stamattina, eh?"
"Lintergol, mamma"
(Lintergol è l'espressione con cui il Bruco sintetizza diverse cose: il lavoro di suo padre, le serate in cui va allo stadio, la richiesta di giocare a palla, la partita sullo schermo della Tv e da oggi evidentemente anche qualcos'altro)
Mi sa che hai ragione, Bruco.
Finalmente Lui riemerge dalla sua cupa disperazione e dichiara: "Domenica c'è il Derby".
Ma certo. Come ho fatto a non pensarci.
Questa amore, gli spiego, è la Sindrome Pre-Derby.
Una malattia che colpisce gli interisti e ha circa una settimana di incubazione.
Rimane latente tutto l'anno, e pare che sia geneticamente trasmissibile.
"Poi gualisce, mamma?"
"No, amore. Questa è di quelle che ti porti nella tomba".
L'Interista si è svegliato - o meglio è stato svegliato a gran voce dal Bruco per la colazione.
Ha assunto la posizione eretta col volto cinereo, è andato in bagno con le labbra strette e lo sguardo basso, poi si è lasciato cadere sulla sedia e ha incrociato le braccia sul tavolo senza proferire parola.
Preoccupata da tanta gravità, gli dico "che succede? tutto bene? il caffè non lo bevi stamattina?"
Noto che il Bruco inizia a incurvare gli angoli della bocca, intuisco che sta per spaventarsi e per sdrammatizzare gli dico "Amore gli portiamo un caffè al papà? Forse il papà non sta bene stamattina, eh?"
"Lintergol, mamma"
(Lintergol è l'espressione con cui il Bruco sintetizza diverse cose: il lavoro di suo padre, le serate in cui va allo stadio, la richiesta di giocare a palla, la partita sullo schermo della Tv e da oggi evidentemente anche qualcos'altro)
Mi sa che hai ragione, Bruco.
Finalmente Lui riemerge dalla sua cupa disperazione e dichiara: "Domenica c'è il Derby".
Ma certo. Come ho fatto a non pensarci.
Questa amore, gli spiego, è la Sindrome Pre-Derby.
Una malattia che colpisce gli interisti e ha circa una settimana di incubazione.
Rimane latente tutto l'anno, e pare che sia geneticamente trasmissibile.
"Poi gualisce, mamma?"
"No, amore. Questa è di quelle che ti porti nella tomba".
lunedì 9 gennaio 2012
Se telefonando
Il Bruco ha scoperto il telefono. A dire la verità l'aveva già scoperto a 3 mesi di vita, però adesso che parla (e possiede un vocabolario da far invidia a certi adulti) ha capito a cosa serve.
Mettici poi che suo padre ha un cellulare come naturale estensione del braccio (avete presente Capitan Uncino? Ecco, lui è Capitan Telefonino) ed ecco il risultato: un duenne che si aggira per casa con un cellulare, ovviamente disattivo, simulando conversazioni di ogni sorta con personaggi reali e non solo.
Ieri ha telefonato, nell'ordine: allo zio Jonny, alla zia Giulia e alla zia Lidia, chiedendo come stavano e dicendo che "sìsìsì iotuttobene" senza che ovviamente nessuno di loro gliel'avesse chiesto.
Poi ha chiamato Fuffo, il più vecchio amico immaginario del Bruco, palesatosi per la prima volta quest'estate tramite una cabina telefonica nella piazza del paesino della nonna.
"Fuffo non viene commè stasela"
"Ah no, amore? Perchè?"
"Ha la febble"
Certo. Fuffo ha la febbre. E lui, il Bruco, è un bugiardo professionista in erba. Un vero e proprio cazzaro formato mini.
Casa di Orlando, ore 8.22.
"Plonto? Ci sei?"
Oddio, dico all'Interista, lo senti? Fa di nuovo finta di parlare al telefono, sarà normale? Tutta colpa tua, devi smetterla di passare così tanto tempo al cellulare...
"Sì, ciao, Sonny"
Sonny??!? Chi cazzo è Sonny?
"Cos'hai fatto ieli?"
Chi ci sarà dall'altra parte del filo? Ma è chiaro. Robert De Niro che risponde "Sono andato a letto presto".
Mettici poi che suo padre ha un cellulare come naturale estensione del braccio (avete presente Capitan Uncino? Ecco, lui è Capitan Telefonino) ed ecco il risultato: un duenne che si aggira per casa con un cellulare, ovviamente disattivo, simulando conversazioni di ogni sorta con personaggi reali e non solo.
Ieri ha telefonato, nell'ordine: allo zio Jonny, alla zia Giulia e alla zia Lidia, chiedendo come stavano e dicendo che "sìsìsì iotuttobene" senza che ovviamente nessuno di loro gliel'avesse chiesto.
Poi ha chiamato Fuffo, il più vecchio amico immaginario del Bruco, palesatosi per la prima volta quest'estate tramite una cabina telefonica nella piazza del paesino della nonna.
"Fuffo non viene commè stasela"
"Ah no, amore? Perchè?"
"Ha la febble"
Certo. Fuffo ha la febbre. E lui, il Bruco, è un bugiardo professionista in erba. Un vero e proprio cazzaro formato mini.
Casa di Orlando, ore 8.22.
"Plonto? Ci sei?"
Oddio, dico all'Interista, lo senti? Fa di nuovo finta di parlare al telefono, sarà normale? Tutta colpa tua, devi smetterla di passare così tanto tempo al cellulare...
"Sì, ciao, Sonny"
Sonny??!? Chi cazzo è Sonny?
"Cos'hai fatto ieli?"
Chi ci sarà dall'altra parte del filo? Ma è chiaro. Robert De Niro che risponde "Sono andato a letto presto".
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giovedì 5 gennaio 2012
La teoria della ghianda
Insomma è il 2012. A casa di Orlando non si fanno propositi per l'anno nuovo, perchè:
- io non ne ho mai rispettato uno in vita mia, e se l'ho fatto non era un "proposito di capodanno"
- tutto ciò che l'Interista desidera per il 2012 non dipende dalla sua volontà
- il Bruco ha da poco e a fatica compreso il concetto di giorno/notte, figurati la scansione del tempo in anni
- per mettersi a dieta c'è sempre tempo
Però c'è una cosa a cui tengo molto e che mi sembra giusta per inaugurare l'anno: la teoria della ghianda.
Per me, una di quelle rare cose che ti illuminano l'esistenza mentre brancoli nel buio.
Teoria.
"La nostra persona non è un processo o un evolversi. Noi siamo quell'immagine fondamentale, ed è l'immagine che si sviluppa, se mai lo fa. Come disse Picasso, 'Io non mi evolvo. Io sono'"*.
Pratica.
Il Bruco ha ricevuto in dono (dalla scheggia impazzita della famiglia, cioè la nonna materna) una pianola Bontempi per bambini di almeno 6 anni. Gli ho fatto sentire i diversi suoni degli strumenti e giocherellare con i tasti. Poi un giorno ha scoperto che schiacciando un tasto uscivano "melodie" precomposte e dalla successione ritmica infinita. Roba dance. Al limite con l'unz tunz.
Ed è impazzito. Passa i pomeriggi azionando quel tasto e ballando che neanche al Pacha di Ibiza.
Fa coreografie, con le braccia e le mani che io non gli ho mai insegnato. Salta e piroetta. A tempo.
Grida "go go go!".
Io penso a Cebbècher e deglutisco, guardandolo.
Suo padre pensa al campo verde, poi a Billy Elliott, e scuote la testa, guardandolo.
Lui balla senza sosta, felice e tamarro dentro come pochi duenni nella vita.
Il fatto è che ognuno di noi ha un daimon, portatore della nostra essenza e del nostro destino.
E con questo i genitori, a dispetto di quello che la gente crede, non c'entrano nulla.
James Hillman, l'autore di questa teoria, la chiama "superstizione parentale": l'idea folle che ciascuno di noi è figlio dei propri genitori, e il comportamento di nostro padre e nostra madre è lo strumento primo del nostro destino.
Il fatto è che io guardo il Bruco. Vedo il suo daimon all'opera, e so che prescinde da me, dalla musica che gli propongo, dal numero di divise nerazzurre che gli verranno regalate nel corso della sua vita.
Lo guardo, è felice. E io anche, di accompagnarlo. Nel 2012, e 13, e 14, e 15... go go go ;)
*per chi volesse approfondire: Il codice dell'anima, James Hillman, Adelphi.
- io non ne ho mai rispettato uno in vita mia, e se l'ho fatto non era un "proposito di capodanno"
- tutto ciò che l'Interista desidera per il 2012 non dipende dalla sua volontà
- il Bruco ha da poco e a fatica compreso il concetto di giorno/notte, figurati la scansione del tempo in anni
- per mettersi a dieta c'è sempre tempo
Però c'è una cosa a cui tengo molto e che mi sembra giusta per inaugurare l'anno: la teoria della ghianda.
Per me, una di quelle rare cose che ti illuminano l'esistenza mentre brancoli nel buio.
Teoria.
"La nostra persona non è un processo o un evolversi. Noi siamo quell'immagine fondamentale, ed è l'immagine che si sviluppa, se mai lo fa. Come disse Picasso, 'Io non mi evolvo. Io sono'"*.
Pratica.
Il Bruco ha ricevuto in dono (dalla scheggia impazzita della famiglia, cioè la nonna materna) una pianola Bontempi per bambini di almeno 6 anni. Gli ho fatto sentire i diversi suoni degli strumenti e giocherellare con i tasti. Poi un giorno ha scoperto che schiacciando un tasto uscivano "melodie" precomposte e dalla successione ritmica infinita. Roba dance. Al limite con l'unz tunz.
Ed è impazzito. Passa i pomeriggi azionando quel tasto e ballando che neanche al Pacha di Ibiza.
Fa coreografie, con le braccia e le mani che io non gli ho mai insegnato. Salta e piroetta. A tempo.
Grida "go go go!".
Io penso a Cebbècher e deglutisco, guardandolo.
Suo padre pensa al campo verde, poi a Billy Elliott, e scuote la testa, guardandolo.
Lui balla senza sosta, felice e tamarro dentro come pochi duenni nella vita.
Il fatto è che ognuno di noi ha un daimon, portatore della nostra essenza e del nostro destino.
E con questo i genitori, a dispetto di quello che la gente crede, non c'entrano nulla.
James Hillman, l'autore di questa teoria, la chiama "superstizione parentale": l'idea folle che ciascuno di noi è figlio dei propri genitori, e il comportamento di nostro padre e nostra madre è lo strumento primo del nostro destino.
Il fatto è che io guardo il Bruco. Vedo il suo daimon all'opera, e so che prescinde da me, dalla musica che gli propongo, dal numero di divise nerazzurre che gli verranno regalate nel corso della sua vita.
Lo guardo, è felice. E io anche, di accompagnarlo. Nel 2012, e 13, e 14, e 15... go go go ;)
*per chi volesse approfondire: Il codice dell'anima, James Hillman, Adelphi.
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